scritto da Mariano Avagliano - 26 Agosto 2019 11:44

Oltre il Profitto

Siamo a talmente abituati, a volte, che diamo per scontato che quello che vediamo e viviamo sia per definizione giusto o comunque valido, senza bisogno di ulteriori conferme. Per fortuna ci sta qualcuno che, a volte, la pensa diversamente.

Qualche giorno fa, l’Harvard Business Review ha fatto non poco rumore pubblicando l’articolo “181 Top CEOsHaveRealized Companies Need a Purpose Beyond Profit”. A cura di due autorevoli docenti di management,Claudine Gartenberge George Serafeim,la ricerca prende spunto dalla dichiarazione “Statement on the Purpose of a Corporation” pubblicata da Business Roundtable, tra le più autorevoli lobby imprenditoriali che raggruppa gli Amministratori Delegati delle più rappresentative aziende americane da Apple a Wallmart.

In questa dichiarazione 181 top leader d’azienda, si interrogano su quale sia, alla fine, lo scopo (“purpose”) del fare impresa. E la risposta che in un certo modo ne viene fuori rappresenta una sorta di vera e propria rivoluzione culturale rispetto al recente passato perché distingue lo scopo del fare impresa dalla creazione di profitto evolvendo il ruolo sociale dell’azienda nella sua relazione non solo verso gli azionisti ma verso la comunità, il contesto sociale e l’insieme dei portatori di interesse (“stakeholder”).

Sebbene non si tratta della prima dichiarazione di questo tipo – in effetti tali dichiarazioni sul benessere della comunità e del ruolo dell’impresa si trovano su diversi bilanci aziendali – il suo contenuto sorprende perché trova d’accordo le prime linee di leadership delle principali aziende statunitensi evidentemente consapevoli, a distanza di un anno dalle elezioni presidenziali, della necessità di dare una svolta all’economia attraverso un nuovo approccio capace di riappacificare gli animi e rilanciare nuovi percorsi di crescita di maggiore attenzione.

In passato, come affermato in un articolo dell’economista Milton Friedman negli anni ‘70,“The Social Responsibility Of Business Is to IncreaseItsProfits,”il ruolo sociale fondamentale dell’azienda era quello di creare profitto sulla base della convinzione, tipicamente liberista, che la creazione di profitto fosse di per sé elemento capace di apportare, grazie alla mano invisibile del mercato, ricchezza all’intera collettività.

Nella convinzione che, inoltre, gli azionisti fossero il fondamentale soggetto a cui l’azienda, e nello specifico le prime linee di leadership, dovessero prestare attenzione nella formulazione delle loro decisioni.

Ma, purtroppo, così non è perché – come abbiamo visto con la globalizzazione – la mano invisibile è capace di creare ricchezza laddove prima non c’era ma, dall’altro, crea anche cumuli di diseguaglianza in cui si accende il fuoco del malcontento sociale. E gli azionisti, talvolta orientati da interessi specifici e personali, non rappresentano, molte volte, gli interesse della comunità, del contesto sociale e dell’insieme dei portatori di interesse.

Nonostante la formalità, la dichiarazione del Business Roundtable, in quanto sottoscritta da oltre cento leader delle più importanti aziende globali potrebbe avere la capacità di dare vita a una nuova sensibilità grazie alla quali creare nuovi modelli e approcci di management incentrati non solo sulla creazione di profitto ma sulla creazione di valore per tutti i soggetti coinvolti: dai cittadini che vivono sul territorio dove l’azienda opera attivando, ad esempio, comportamenti maggiormente sensibili nei confronti dell’ambiente, ai dipendenti destinatari, sempre per esempio, di programmi di welfare specifici, a tutti gli altri soggetti che, in un modo o nell’altro, hanno una relazione, come soggetti interni o esterni, con l’azienda.

Inutile dire, per bastian contrario, che un maggiore intervento dell’azienda sul contesto sociale e sull’insieme dei portatori di interesse, rappresenterebbe, anche un investimento in termini di comunicazione, o meglio, in termini di crescita in brand reputation.

Il tempo che viviamo, fatto di continui cambiamenti e trasformazioni richiede, per forza di cose, nuovi modelli con cui cogliere le opportunità del presente e soprattutto del futuro. Le grandi aziende, che per definizione possono contare su flussi consolidati – sia in termini di risorse umane e finanziarie che di follower– anche per inseguire nuovi trend, hanno l’opportunità di giocare la loro parte e offrire il loro contributo generando percorsi di impatto positivo per tutti gli attori coinvolti.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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