Dalle ombre russe sul voto italiano alle bizze pre-elettorali tra i partiti
La Russia, in questa calda coda estiva, continua a regalarci emozioni, ovviamente negative, sia dal fronte di guerra, dove sembra che l’esercito Ucraino abbia riconquistato larghe fette del territorio precedentemente conquistate dall’esercito russo, sia sui rapporti passati e recenti con nostri leader e partiti politici, che si sospetta siano stati e vengano ancora finanziati da Putin.
Sui finanziamenti russi, ovviamente tutti smentiscono, Putin in testa, e il codazzo di sospettati, primo fra tutti Salvini e la sua Lega, sui quali si è sempre fatto un fitto chiacchiericcio tra gli stretti legami esistenti, tramite l’amico Savoini, se non direttamente con lui.
Mosca avrebbe investito 300 milioni di dollari dal 2014 ad oggi, in una ventina di Paesi, fra i quali sembra ci sia anche il nostro, anche per influenzare il voto, una montagna di soldi per corrompere politici stranieri e piegarli all’interesse della Russia.
L’accusa di tradimento è dirompente, ed è una potenziale bomba sulle elezioni italiane da parte del Dipartimento di Stato americano.
Il Dipartimento di Stato lo ha comunicato in un cablogramma “sensibile” inviato lunedì a numerose ambasciate e consolati Usa all’estero, molti dei quali in Europa, Africa e Asia del sud, manifestando le preoccupazioni americane.
Il cablogramma contiene una serie di “talking-point – avvio di contatti” dei diplomatici Usa con i governi che li ospitano in merito alla supposta interferenza russa.
Ma tra questi paesi c’è anche l’Italia?
Il Dipartimento di Stato inizialmente non ha fatto nomi, ma il Paese ha diritto di sapere e l’America ha il dovere di informare il nostro governo fornendo gli opportuni riscontri, affinché gli elettori possano scegliere a ragion veduta.
Secondo un alto funzionario americano, gli Usa prevedono che nei prossimi mesi la Russia ricorrerà sempre più spesso al finanziamento politico occulto per minare le sanzioni internazionali sulla guerra in Ucraina e mantenere l’influenza di Mosca all’estero.
FdI, Pd, in primis, e anche gli altri partici chiedono chiarezza, mentre la Lega nega qualsiasi coinvolgimento e minaccia querele.
Non si è fatta attendere anche la replica della portavoce del Ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, la quale ha attaccato chiedendo quando spende l’America per i politici italiani.
La Zakharova è la stessa che domenica 5 giugno scorso mise in difficoltà il nostro Maurizio Giletti che la intervistò a Mosca.
Il presidente del Copasir, Maurizio D’Urso, è intervenuto nella questione, asserendo che non risultano, per ora, coinvolgimenti di politici italiani nei finanziamenti russi, il che è stato confermato nel corso dell’audizione che venerdì 16 settembre ha tenuto con il responsabile del Servizi, il Prefetto Franco Gabrielli, sottosegretario di Stato per la sicurezza nazionale.
Anche il Premier Mario Draghi, ha riferito, sempre nella giornata di ieri, che nel corso di una telefonata con il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, gli è stata data la conferma che, per ora, non risultano coinvolgimenti di partiti e parlamentari italiani tra i beneficiari dei fondi russi.
Frattanto per la guerra in Ucraina, e dopo la riconquista dell’esercito di Kiev di zone invase dai soldati russi, cresce il dissenso e la protesta da parte dei cittadini russi i quali, nonostante l’informazione ufficiale pilotata rigidamente dal Cremlino, si rendono conto che quella “operazione militare speciale”, che secondo Putin doveva durare solo qualche settimana, si è impantanata in una guerra durata finora sette mesi e della quale non si intravede la fine.
È vero che la risposta dell’esercito russo è stata rabbiosa, ma certamente non è un bel sentire che un paese che per i russi doveva essere sottomesso in pochi giorni, riconquisti parti del territorio occupato.
Anzi c’è il rischio che i successi conseguiti negli ultimi giorni dall’esercito ucraino possano portare ad una svolta sempre minacciata da Putin, cioè l’impego in Ucraina di armi nucleari “tattiche”, ordigni con basso potere distruttivo da impiegare sul campo di battaglia con la funzione di ridurre o mettere fuori uso la capacità difensiva del nemico: sono armi di piccole dimensioni, facilmente trasportabili anche senza impiego di aerei.
Ma sono comunque ordigni nucleari.
Dopo le ultime vittorie dell’esercito ucraino l’opinione pubblica russa è disorientata, e il Cremlino è conscio che la mobilitazione generale, il salto di qualità chiesto dai ’duri e puri’ ultranazionalisti russi per fronteggiare la controffensiva di Kiev, erode il consenso attorno a Putin; ed è per questo che anche il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov, l’ha esclusa e ha mandato un chiaro segnale a quanti, sia nell’establishment che nei mass media, mostrano insofferenza per l’andamento delle operazioni belliche.
“Fintanto che i punti di vista critici rimangono nell’ambito della legge, ha detto all’agenzia Tass, sono pluralismo, ma il confine è molto labile e qui bisogna essere molto attenti. La linea è sottile e bisogna essere molto prudenti”.
Qui in Italia la campagna elettorale diventa sempre più incalzante, ormai mancano circa 10 giorni al voto, e molti elettori sono ancora frastornati e non sanno come votare.
Ovviamente l’elettorato di FdI è abbastanza compatto, nonostante le titubanze della leader Giorgia Meloni, la quale evidentemente sta valutando le conseguenze del consenso al suo partito e alla destra, anche alla luce della mancata unità di intenti con gli altri due “alleati”, FI che sembrano navigare a vista, e Salvini che non tralascia occasione per porre paletti e rivendicare incarichi di governo, sia pure in maniera altalenante.
Ma “se Atene piange Sparta non ride”, come recita un vecchissimo adagio, perché se a destra c’è qualche maroso, a sinistra è pure peggio, c’è un totale scollamento tra i partiti e gli schieramenti, sembra che tutti siano contro tutti.
Il problema è che non c’è un leader carismatico che accumuli intorno a sé chi è orientato a sinistra ma non sa a chi dare il suo voto.
Il tutto aggravato dalle aspirazioni di alcuni leader di sinistra a sostituire Enrico Letta appena dopo le elezioni, il che la dice lunga sulla fiducia che essi pongono nell’attuale segretario e sulle aspettative che verranno fuori dalle urne.
Secondo un sondaggio di Demopolis, pubblicato su Famiglia Cristiana, il Centro-destra è dato al 46,5%, il PD al 29,0%, il M5S al 12,8%, il Terzo Polo (Azione e I.V.) al 7,0%.
Se, per assurdo, si mettessero d’accordo tutti i partiti non di destra, potrebbero superare la destra: ma se ciascun leader vuole fare il gallo del pollaio, questa ipotesi è pura illusione.
Probabilmente Letta ha fatto eccessivo affidamento sul suo carisma, probabilmente anche la vicenda dell’accordo raggiunto e subito smentito con Azione di Carlo Calenda lo ha danneggiato, certamente l’atteggiamento incomprensibile di Conte ha influito.
Nulla è già scontato, ma di fatto il dopo Letta è iniziato, e sono già candidati alla segreteria del PD Stefano Bonaccini, attuale Presidente della Regione Emilia-Romagna, Antonio De Caro, Sindaco di Bari, Dario Nardella, Sindaco di Firenze, Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, e il campano Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari Ue nel governo Draghi; ovviamente si dovrà vedere la posizione dei big del PD, (Franceschini, Orlando, eccetera) che al momento stanno buoni ma potrebbero anch’essi ambire a sostituirlo.
Tutto, quindi, è rimandato al risultato del voto del 25 settembre.
E vogliamo concludere con una notizia che fa comprendere da chi siamo rappresentati se, con un colpo di mano, quel tetto di 240.mila euro fissato per gli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione dal governo Renzi, è saltato per effetto di un emendamento inserito nel cosiddetto Decreto aiuti bis, che ha colto di sorpresa lo stesso Premier Draghi, che ha espresso il proprio disappunto.
Ma resta sintomatica la sorpresa di Draghi il quale, non ne sapeva niente, perché si è trattato di emendamento parlamentare inserito subdolamente nel provvedimento “Aiuti-bis”, che si riferisce agli aiuti a privati e imprese per il rincaro dell’energia, e che, quindi, non ha nulla a che vedere con l’abolizione del tetto retributivo.
Tanto per evidenziare a quali personaggi abbiamo affidato il nostro futuro.
E troviamo pienamente giustificata la rabbia di Renzi.