Robert E. Cornisch, lo scienziato pazzo
Questa che andiamo a raccontare è una storia molto strana, che non possiamo classificare né tra le storiacce, né tra i misteri, piuttosto tra i sogni, perché racconta il sogno di uno scienziato che, ritenendosi un prodigio, aveva pensato di sostituirsi a Dio per riportare in vita un deceduto, un novello Gesù Cristo che poteva resuscitare il Lazzaro di turno.
Parliamo di Robert E. Cornisch, nato a San Francisco, Usa, il 21 dicembre 1903, il quale si era manifestato un bambino prodigio per i successi che aveva ottenuto come studente, che lo portarono a conseguire la laurea, con lode, in biologia presso l’Università Berkeley della California a soli 18 anni, per poi completare il dottorato di ricerca all’età di 22 anni.
Ma già nel corso degli studi gli vennero idee a dir poco strane, che lo portarono a studiare come leggere i giornali sott’acqua, magari con lenti speciali: non si è mai capito come avrebbe risolto il problemi di respirazione.
A ventisette anni, Cornish cominciò ad essere ossessionato dall’idea di poter rianimare i cadaveri.
Nel 1932, a 29 anni, iniziò le ricerche per poter restituire la vita ai morti, e mise a punto una procedura, basata su farmaci e apparecchiature particolari, dallo stesso inventate e costruite, che avrebbero potuto realizzare il suo progetto.
La prima pietra angolare del suo piano consisteva in una “altalena” che veniva utilizzata per far scorrere nuovamente il sangue nei pazienti recentemente deceduti, mentre una miscela di adrenalina e anticoagulanti veniva iniettata nel loro sistema circolatorio.
Mise a punto una tavola basculante, una sorta di letto rotante fissato su un fulcro, su cui avrebbe dovuto essere legato il morto da riportare in vita perché, secondo lui, facendo muovere in su e in giù il cadavere, si sarebbe riattivata una circolazione del sangue.
A quei tempi non era facile procurarsi dei corpi freschi su cui fare gli esperimenti, perché, ovviamente, il decesso doveva essere accaduto da poco, e senza gravi danni agli organi interni.
Nel 1933 tentò di rianimare le vittime di infarto, annegamento e folgorazione con la sua altalena, ma non ebbe successo; nessuno di essi tornò in vita dopo essere stato sbatacchiato in alto e in basso con la sua “altalena”.
Ma Cornish non si demoralizzò, e decise di perfezionare il suo metodo sugli animali, e nel 1934 iniziò gli esperimenti che gli avrebbero dato la fama e che, allo stesso tempo, avrebbero decretato la fine della sua carriera.
Le prime vittime sacrificali di queste nuove ricerche furono cinque cani.
Per ucciderli, Cornisch usò una miscela di azoto ed etere, asfissiandoli fino alla completa cessazione del respiro e del battito cardiaco.
Dichiarati clinicamente morti, i cani venivano poi sottoposti alle tecniche sperimentali di rianimazione, che prevedevano, oltre al basculamento, iniezioni di adrenalina ed eparina, un anticoagulante, mentre Cornisch aspirava ossigeno con una cannuccia e lo soffiava nella bocca aperta del cane morto.
Incredibilmente i cani ripresero conoscenza, e ritornarono a respirare e a vivere, ma con danni celebrali irreparabili: erano completamente ciechi e non riuscivano a stare in piedi da soli.
La stampa amplificò questo piccolo successo a dismisura, e in breve tempo Cornish acquistò la fama di novello Frankenstein.
La fama decretò però anche la sua fine: gli esperimenti erano troppo estremi e le proteste dilagarono specie tra gli animalisti.
Poiché i suoi esperimenti avevano avuto, a suo dire, successo sui cani, Cornisch si convinse che il suo metodo funzionava, e lavorò sul perfezionamento del progetto per diversi anni, fino a quando, ritenendosi pronto, desiderò sperimentare il suo metodo sull’uomo.
Nel 1947, fece di nuovo parlare di sé affermando di aver finalmente perfezionato la tecnica, e dichiarandosi pronto a resuscitare un condannato a morte.
L’audace impresa sarebbe stata tentata, questa volta, senza l’aiuto di tavole basculanti (concetto che aveva ormai completamente abbandonato), ma grazie ad una macchina cuore-polmoni assemblata in maniera artigianale e quantomeno fantasiosa: era composta dall’aspiratore di un aspirapolvere, dal tubo di un radiatore, da una ruota d’acciaio, da alcuni cilindri e da un tubo di vetro contenente 60.000 occhielli per lacci da scarpa.
Ovviamente occorreva un uomo che fungesse da cavia, cosa non facile da trovare, e Cornisch pensò di ricorrere ad un condannato a morte, che individuò in Thomas McMonigle, detenuto nella prigione di San Faustino in California; responsabile dello stupro della quattordicenne Thora Chamberlain a Campbell, era stato condannato a morte; sembra che fosse stato lo stesso condannato a dare la sua disponibilità, illudendosi di poter resuscitare dopo la esecuzione.
Il detenuto, se fosse tornato in vita, sarebbe comunque rimasto in carcere.
Ma lo Stato della California rifiutò la richiesta perché un assassino, giustiziato e resuscitato, avrebbe dovuto essere liberato in quanto, secondo la legge americana, nessuno può essere processato due volte per lo stesso crimine.
Per la cronaca McMonigle venne giustiziato nella camera a gas del carcere il 20 febbraio 1948.
La impossibilità di poter andare avanti con gli esperimenti e nonostante le sue conoscenze nel campo della biologia, portò Cornisch a scomparire dalla circolazione.
Si ritirò a vita privata sbarcando il lunario producendo e vendendo un dentifricio di sua invenzione, etichettato come il “Dentifricio del Dottor Cornish”.
La morte giunse improvvisa il 6 marzo 1963, donando, dopo sessant’anni, la sua pace a uno scienziato pazzoide che si era illuso di potersi sostituire al ciclo naturale della vita o, per chi è credente, al Padreterno.