Lyssa ed Eracle: l’ira come dogma dell’aver ragione
Nel Pantheon Greco la rabbia, o meglio l'ira, è figlia di Nix, la notte incarnata, e del suo incontro con il sangue di Uranos, il cielo personificato. Doveroso offrire almeno un breve rigo a questa straordinaria immagine: la rabbia come frutto del cielo che, naturalmente, s'imbrunisce e incontra la notte, un fenomeno naturale che nonostante la sua naturalezza offre non poco timore

Nello spettro delle umane emozioni siamo definiti, come un recipiente, dalla somma e la predominanza dell’una sulle altre, così come due bicchieri di miele e limone che, seppur pieni dello stesso sentire, vedranno nel dosaggio la targhetta che li dirà dolci o aspri. Di queste emozioni è adesso nostro intento trattare, più nella sua manifestazione sociale che nella sua essenza, di quella che è tra tutte la più facile da abbracciare e al contempo la più difficile da abbandonare, veloce come un fulmine nel colpirci ma lenta come neve con poco sole nell’abbandonarci: la rabbia.
Nel Pantheon Greco la rabbia, o meglio l’ira, è figlia di Nix, la notte incarnata, e del suo incontro con il sangue di Uranos, il cielo personificato. Doveroso offrire almeno un breve rigo a questa straordinaria immagine: la rabbia come frutto del cielo che, naturalmente, s’imbrunisce e incontra la notte, un fenomeno naturale che nonostante la sua naturalezza offre non poco timore. Questo cielo ormai scuro prende il nome di Lyssa, e sarà nostro interesse in questa istanza analizzare il suo incontro con Eracle, campione degli uomini che, stavolta, sarà nostro diretto rappresentante, in una non scontata metafora. Nell’ “Eracle furente” Euripide mette in scena l’odio per il figlio illegittimo da parte di Era attraverso l’aiuto della Furia da noi precedentemente trattata, Lyssa, la quale impossessandosi di lui lo porterà in uno stato di cieca ira che vedrà nel suo triste esito l’assassinio della sua famiglia, per sua stessa mano. Eracle è in ciò inerme, privo di colpevolezza perché accecato da un male che in nessun modo poteva contenere.
Eracle è corpo, mosso da impulsi e privo di potere decisionale, risponde ad input e riflessi della quale è soltanto mero esecutore, e per questo non responsabile di questa terribile nefandezza. Eracle è corpo, non è mente, non è sentimento, non è guida: è soltanto carne, ed è soltanto carne perché la mente è Lyssa. La Furia era contraria alla volontà di Era, e tentò infatti di ribellarsi ad essa. Ma fu costretta ad agire, non aveva scelta, ed è proprio attraverso questa costrizione che mostra un lato straordinariamente umano e spaventosamente rappresentativo: deve agire per forza, e allora lo fa nel peggiore dei modi. Decide di agire nel modo più crudele possibile, come illudendosi d’avere scelta e voce a riguardo: come se in quella violenza così atroce si nascondesse una sua volontà.
Lyssa non è debole, lei deve convincersi che quella scelta le appartiene e l’unico modo per farlo è diventare atroce, perdersi in un male che inizialmente non aveva neanche immaginato, che non le apparteneva e per assurdo non le appartiene neanche nel momento in cui agisce. Lyssa però non è corpo, no, Lyssa è mente: è colpevole.
Come Lyssa vogliamo essere forti, e la rabbia è facile, la rabbia è forte e la rabbia fa “vincere”. Anziché piangere o soffrire molto spesso ci arrabbiamo, ci arrabbiamo perché è più semplice, perché arrabbiarsi vuol dire trovare un colpevole da punire e punire è straordinariamente più semplice di perdonare. Spesso dietro le atrocità sono nascoste tante insicurezze, dolori, incomprensioni, richieste d’aiuto ormai scadute, perché inascoltate hanno portato ad un punto di non ritorno. Crediamo che sia più umano ferire che comprendere, che sia più virtuoso il forte nella sua ira che il saggio nella sua umanità, nella sua sensibilità. Siamo disposti a rinunciare a questa apparentemente debole sensibilità vendendoci all’ira, offrendole tutto il nostro corpo e permettendo a lei di farci fare cose che non avremmo neanche mai immaginato.
Ma come Lyssa stiamo soltanto cercando di convincerci da soli che questo male lo abbiamo voluto noi, e lo stiamo facendo diventare spada anziché scudo. Solo che in noi Lyssa ed Eracle, mente e corpo, coincidono. Ed è attraverso questa coincidenza, questa possibilità decisionale che dovremmo tentare di liberarci dal dogma dell’aver ragione: la voce che viene ascoltata è quella che urla di più. Non è questione di suono nel suo volume, ma nella sua voluminosità, nell’ampiezza dell’aprire la mente a più emozioni e far sì che nessuna possa prendere il controllo dei nostri occhi e delle nostre mani, o almeno non da sola.
Rabbia e dolore sono sorelle che meritano lo stesso ascolto, ed esser forti non è manifestare la prima sorella con la spada tratta e pronta a difenderci, ma lasciare senza timore che la seconda parli per prima.