Le Quattro Giornate di Napoli, tutto cominciò il 27 settembre di ottantuno anni fa
Le operazioni di guerriglia urbana da parte dei cittadini esasperati interessarono tutti i quartieri cittadini, marini e collinari, fino alle estreme periferie, il che fa comprendere il grado di esasperazione della popolazione
Nella prima parte, pubblicata il 24 settembre, abbiamo accennato agli antefatti che portarono i napoletani a ribellarsi all’invasore tedesco e ai militi fascisti che lo sostenevano.
Ora andiamo ad analizzare la sequenza delle operazioni che contrapposero il popolo napoletano agli invasori i quali vennero cacciati prima che le forze Alleate entrassero in città.
Le operazioni di guerriglia urbana da parte dei cittadini esasperati interessarono tutti i quartieri cittadini, marini e collinari, fino alle estreme periferie, il che fa comprendere il grado di esasperazione della popolazione.
Uno scugnizzo armato
E quando, il primo ottobre, gli Alleati fecero il loro ingresso in città, la trovarono devastata, ma già liberata: Napoli divenne così la prima città in tutta l’Europa occupata a cacciare, grazie alla reazione dei cittadini, i soldati del Terzo Reich.
Ma l’azione del popolo napoletano non fu improvvisa: esso era stremato da anni di guerra, da privazioni, da fame e carestia, la città tra il 1940 e il 1943 era stata oggetto di soprusi e violenze da parte degli occupanti, ma pure di bombardamenti da parte degli Alleati: la popolazione non ce la faceva più.
La scintilla che accese la rivolta, il 27 settembre del ’43, fu una retata tedesca con la quale vennero catturati migliaia di napoletani destinati ad essere deportati.
Così centinaia di uomini esasperati si armarono e diedero vita all’insurrezione.
Uno dei primi scontri tra i napoletani e i tedeschi avvenne al Vomero, il quartiere collinare della città, dove gli insorti arrestarono una vettura nazista, uccidendo il maresciallo che era alla guida.
Sempre al Vomero, i napoletani assaltarono l’armeria di Castel Sant’Elmo e, al termine della prima giornata di scontri, anche gli arsenali delle caserme di via Foria e via Carbonara.
Fondamentale fu il contributo di Enzo Stimolo, tenente del Regio Esercito Italiano, considerato la vera guida dell’insurrezione.
Nei giorni successivi il popolo in rivolta (il numero dei cittadini armati cresceva sempre più) impedì l’esecuzione di alcuni prigionieri al Bosco di Capodimonte e allo Stadio del Littorio (l’attuale Stadio Collana), mentre gli scontri proseguivano in tutta la città, causando ingenti vittime da una parte e dall’altra perché, nonostante l’insurrezione, i tedeschi continuavano a bombardare a colpi di cannone.
Il Colonnello Scholl patteggia con i rivoltosi
Il 29 settembre può essere definita la giornata della svolta: il tenente Stimolo si recò presso il quartier generale tedesco, in corso Vittorio Emanuele, per trattare con il colonnello Walter Scholl.
In cambio della liberazione dei cittadini prigionieri nello Stadio Collana, Stimolo concedeva a Scholl e alle truppe naziste di lasciare Napoli senza pericolo di ritorsioni, imboscate o rappresaglie.
Il 30 settembre, nonostante avessero iniziato lo sgombero della città, i tedeschi continuarono a bombardare, colpendo soprattutto il quartiere di Materdei, Piazza Dante e Port’Alba, mentre nelle altre zone della città continuavano i combattimenti.
In ritirata, i tedeschi non si fermarono con uccisioni, stragi e incendi, costantemente contrastati dai rivoltosi.
Il popolo accoglie gli Alleati
Quando, nella mattinata del 1° ottobre, i primi carri armati Alleati, provenienti da Nocera Inferiore, entrarono in città, trovarono i cittadini stremati, le case rase al suolo, ma nemmeno l’ombra delle truppe della Wehrmacht.
Napoli divenne così la prima città Europea a liberarsi da sola dall’occupazione nazista.
Quando gli Anglo-Americani entrarono a Napoli, il Generale Ettore del Tetto, noto per aver abbandonato la città ai tedeschi nei giorni seguenti all’Armistizio di Cassibile, si presentò al comando Americano con altri alti ufficiali tentando di accreditarsi come “liberatore della città”; furono tutti imprigionati e poi condannati alla reclusione dall’alta corte di giustizia, e Del Tetto sarebbe morto due anni dopo.
Per le quattro giornate la città Napoli ha ricevuto la medaglia d’oro al valore militare.
C’è un bel film che ricorda quei giorni, girato nel 1962 da Nanni Loy: “Le Quattro giornate di Napoli”.
E c’è anche un altro bel film, “Paisà”, del 1946, diretto da Roberto Rossellini.
Ma c’è anche una ottima pubblicazione dell’editore partenopeo Guida del 2023, patrocinata da La Repubblica, che riporta la cronologia dettagliata delle operazioni; è una pubblicazione importante per chi vuole documentarsi.
Poiché i testimoni diretti sono ormai quasi tutti scomparsi, diventa una missione di civiltà tenere vivo il ricordo delle sofferenze, dei sacrifici e dell’eroismo dei popoli oppressi.
L’idea di offrire ai lettori, che seguono con interesse e passione, la cronaca degli eventi che ci interessano da vicino, è meritevole di ogni attenzione, quindi è doveroso ringraziare Guido D’Agostino e Giulia Buffardi, Presidente e Direttrice dello “Istituto Campano per la Storia della Resistenza”, autori del libro, dedicato a “Le Quattro Giornate di Napoli”.
A chi interessa, c’è anche un secondo volume, sempre dell’editore Guida, a cura Ubaldo Baldi, Alfonso Conte e Ciro Raia, che racconta lo Sbarco delle truppe Alleate a Salerno e l’orrore delle stragi nazifasciste in tutta la Campania.