Non si può dire che non sia stato scioccante apprendere che Papa Francesco ha sottoscritto le sue dimissioni: prima dalle agenzie di stampa e dai giornali on-line, poi dai social media, e confermate da tutti i giornali.
Parlare delle dimissioni di un Pontefice fa sempre un certo effetto, come avvenne allorquando il precedente, Papa Ratzinger, improvvisamente le formalizzò, tant’è che allo stato abbiamo due Papi, l’uno in carica, l’altro “emerito”.
Poi è stato chiarito, dallo stesso Papa Francesco, che allo stato queste dimissioni non sono operative, lo diventeranno se e allorquando egli non dovesse più essere in condizione di guidare la Chiesa e non avesse la possibilità di sottoscriverle allora; in pratica le ha date per quando serviranno.
E la questione si è chiarita, e il popolo di Dio si è tranquillizzato.
Qualche considerazione è opportuna.
Papa Francesco, nonostante i suoi 86 anni e gli acciacchi fisici che lo affliggono, ha ancora un cervello lucidissimo; è se a ciò si aggiunge che è un una persona molto pragmatica, e che non si lascia facilmente guidare, si comprende in pieno il suo atto.
Inoltre procede imperterrito, nonostante sia un Pontefice aspramente criticato dall’entourage vaticana e dai tanti che vedono in lui una specie di diavolo, di mostro, per le sue aperture e per le sue tolleranze (chi sono io per giudicare?), e anche per le sue chiusura verso i soprusi, le violenze, la terza guerra mondiale a tappe, e il suo martellante messaggio contro tutti i dittatori, i despota, i guerrafondai, tanto da essere impropriamente tacciato quasi per un “putiniano” sol perché viene male interpretato il suo messaggio affinché la invasione in Ucraina si fermi.
E’ un personaggio che martella continuamente, con i suoi discorsi e il suo comportamento, che non demorde, che non si lascia condizionare.
E questo suo modo di vedere le cose lo estende anche a questioni più correnti, come la lotta all’impoverimento climatico, l’impegno per la salvaguardia della natura (il Poverello d’Assisi, dal quale ha voluto il nome, è stato uno dei primi ecologisti della umanità), la lotta alla povertà, il diritto al lavoro, la necessità di retribuzioni eque tali da consentire alle persone condizioni di vita dignitose; sembrano quisquiglie in relazione ai tanti pericoli immediati che l’umanità corre, e ai tanti enormi problemi che ci assillano, ma per Papa Francesco nulla è da trascurare, il suo sguardo è globale; così come affronta le questioni mondiali, allo stesso modo affronta pure le questioni di minore importanza.
Le sue dimissioni sono volte a tutelare la Chiesa se non avrà più la possibilità di guidarla.
Lo stesso Papa Francesco che lo ha chiarito, quando ha raccontato che egli, tempo fa, le aveva già affidate all’allora Segretario di Stato Tarcisio Bertone, con l’intesa: “In caso di impedimento per motivi medici o che so, ecco le mie dimissioni. Ce le avete già’. Non so a chi le abbia date il cardinal Bertone, ma gliele ho date io quando era segretario di Stato”.
Papa Francesco ha così inteso rinnovarle ufficialmente anche perché il Cardinale Bertone, per raggiunti limiti di età, è fuori da ogni attività dello Stato del Vaticano.
Quindi, nonostante la veneranda età e le condizioni fisiche non proprio al massimo, papa Francesco è deciso continuare ad onorare i suoi impegni di Capo della Chiesa. Durante i mesi scorsi ha avuto alcuni problemi al ginocchio che lo hanno costretto in sedia a rotelle per un periodo, ma adesso sembra stia meglio.
Durante una intervista rilasciata al quotidiano spagnolo ABC ha dichiarato: “Sto già camminando, la decisione di non operarmi si è rivelata giusta. Si governa con la testa, non con il ginocchio”: humor bergogliano.
E ha aggiunto: “A volte ci sono posizioni di fede immatura, che non si sentono sicure e sono legate a una cosa, si aggrappano a ciò che si faceva prima. Il problema non è la tradizione. La tradizione è la fonte di ispirazione. La tradizione sono le nostre radici che ti fanno andare avanti e crescere verticalmente. Il problema è tornare indietro. In italiano lo chiamo ‘indietrismo’: il peccato di tornare indietro per sicurezza. E penso che ciò accada nella Chiesa”.
Ma le dimissioni dei Pontefici non sono limitate ai due oggi viventi, Papa Francesco regnante e Papa Ratzinger emerito; nella storia della Chiesa sono tanti i Papi che si sono dimessi, alcuni dopo pochi mesi (Celestino V, ad esempio) altri anche dopo anni di pontificato.
Tra i 266 Pontefici, da San Pietro a Papa Bergoglio, almeno 9 sono quelli ufficiali; si ha per certo che abbiano di loro volontà rassegnato le dimissioni, per motivi storicamente accertati.
Ma oltre questi nove ve ne sono altri che pure diedero le dimissioni, ma a futura memoria, come ha fatto ora Papa Francesco, che vengono classificate come “rinunce condizionali non attuate”: ossia legate al verificarsi di qualche evento che avrebbe potuto privare la Chiesa della guida del pontefice, nel qual caso le dimissioni avrebbero provocato l’immediata convocazione di un Conclave per la nomina del successore.
Gli esempi più interessanti sono quelli di: VVVVV
- Pio VII (14 marzo 1800-20 agosto 1823) il quale, prima di partire per Parigi per incoronare Napoleone nel 1804, firmò un documento di rinuncia che avrebbe avuto effetto se fosse stato imprigionato in Francia.
- Pio XII (2 marzo 1939-9 ottobre 1958) il quale, durante la seconda guerra mondiale, stilò un documento in cui ordinava che la sua abdicazione entrasse in vigore se fosse stato rapito dai nazisti, come si temeva; si pensava che il Collegio cardinalizio sarebbe evacuato in un paese neutrale, forse il Portogallo, dove avrebbe eletto il suo successore.
- Paolo VI (21 giugno 1963-6 agosto 1978): secondo il cardinale Giovanni Battista Re, papa Montini aveva scritto due lettere alla fine degli anni ’60 o ’70, molto prima della sua morte, in previsione di una malattia invalidante. Una lettera era indirizzata al Collegio cardinalizio, l’altra al Segretario di Stato, il cui nome non era specificato. Giovanni Paolo II le aveva mostrate nel 2003 al cardinale Joseph Ratzinger, futuro Papa Benedetto XVI. Nel 2018 fu pubblicata la lettera scritta il 2 maggio 1965 e indirizzata al decano del Collegio cardinalizio, nella quale aveva scritto che “In caso di infermità, che si ritiene incurabile o di lunga durata e che ci impedisce di esercitare sufficientemente le funzioni del nostro ministero apostolico, o nel caso di un altro impedimento grave e prolungato”, avrebbe rinunciato al suo ufficio “sia come vescovo di Roma che a capo della stessa santa Chiesa cattolica”.
- Anche Giovanni Paolo II (16 ottobre 1978-2 aprile 2005), nel corso del suo pontificato, scrisse 2 lettere, mai pubblicate: nel 1989 una lettera al collegio cardinalizio offrendosi di abdicare se fosse diventato incapace, e nel 1994 un altro documento, che inizialmente aveva pensato di rendere pubblico, nel quale spiegava che non poteva abdicare solo per l’età, come gli altri vescovi sono tenuti a fare, ma “in presenza di una malattia incurabile o di un impedimento”.
- Nel suo testamento, scritto nel 2000, pregava Dio affinché “mi aiutasse a riconoscere per quanto tempo avrei dovuto continuare questo servizio”, suggerendo che la rinuncia era possibile. Nelle settimane precedenti la sua morte, il 2 aprile 2005, ci fu una speculazione della stampa secondo cui Giovanni Paolo II avrebbe potuto abdicare a causa delle sue condizioni di salute.