Riprendiamo il discorso sull’Autonomia differenziata invocata dalle tre Regioni del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, del quale su questo giornale è stato pubblicato in data 2.12.2019 il primo articolo.
Nel riepilogo conclusivo del Prof. Massimo Villone, Docente emerito di Diritto Costituzionale presso l’Università Federico II di Napoli, sono stati messi a fuoco i vari elementi che riguardano l’Autonomia differenziata.
Secondo il Prof. Villone nell’ultimo venticinquennio il Sud è stato dipinto come sprecone e sanguisuga delle risorse del nord, ma non è così, in quanto questa rappresentazione non tiene conto di tante persone per bene che vi sono al sud, e non corrisponde a verità la convinzione del nord efficiente e non sprecone: basta ricordare la vicenda del Mose e quello che ha combinato gente come Galan, e non ci si può fermare lì.
E c’è anche chi ha rappresentato un nord sprecone verso il sud.
Ma allora chi bisogna credere?
Negli ultimi anni è emersa una realtà che non tutti vedevano perché si facevano i conti dolosamente sbagliati.
Si affermava che il sud avesse più risorse pubbliche rispetto al nord, mentre è stato accertato che è esattamente il contrario; se si pensa, ad esempio, che l’85% dell’alta velocità è al centro-nord e al sud è riservato solo il 15% si capisce bene che i soldi sono andati al centro-nord e non al sud.
Quindi per una parte c’è la raffigurazione di un sud imbroglione, sprecone, cosa che solo in parte è vero: non dobbiamo commettere l’errore di dire che al sud va tutto bene, purtroppo errori e sprechi ci sono, queste cose vanno combattute, ma dobbiamo poi avere la consapevolezza che c’è una rappresentazione teatrale a danno del mezzogiorno che passa attraverso la raffigurazione di risorse che vengono artatamente distribuite in maniera distorta e questo viene fatto in modo consapevole, perché c’è la politica che volutamente è orientata in questo senso.
Cosa e come è successo?
All’inizio degli anni ’90 si è arrivati alle nuove fasi della vita della Repubblica con il tramonto dei vecchi partiti, il passaggio al maggioritario, le nuove vicende politiche, l’affermarsi della Lega; le cose cambiano e portano a una riforma della Costituzione; quella riforma è la chiave per capire quello che è successo dopo e che poi si traduce nelle vicende di cui oggi ci occupiamo, ed è la riforma del Titolo V della Costituzione.
Mentre il testo originario del 1948 si occupava dello sviluppo Mezzogiorno e delle Isole, quindi assumeva la questione dello sviluppo meridionale come prioritario e oggettivo, la riforma del Titolo V del 2001 cancella la questione, la parola Mezzogiorno nel testo vigente non si trova più, la Questione Meridionale e scompare politicamente.
Questo significa che in realtà l’obbiettivo della riduzione del divario nord-sud, che era un obbiettivo prioritario nel testo del 1948, è stato abbandonato, con la conseguenza che la priorità della riduzione del divario nord-sud non esiste più; questo è all’origine della proposta di maggiore autonomia delle tre regioni nordiche le quali, nel 2018 ,fanno un accordo con il Governo centrale; e se si tiene conto che allora il Premier era Paolo Gentiloni del PD, si evidenzia la stranezza di due regioni leghiste e di una regione governata dal PD che chiedono le stesse cose che il governo centrale accetta.
Non è da sottovalutare la circostanza che il pre-accordo sia stato firmato a quattro giorni dalle elezioni di maggio: nessun governo avrebbe mai dovuto e potuto farlo perché in carica solo per l’ordinaria amministrazione; invece si firma un pre-accordo di “autonomia particolare rafforzata” in cui si sancisce il principio che queste regioni hanno un privilegio nell’assegnazione dei fondi e che su questa intesa si dovrà andare in Parlamento senza nemmeno discutere: questo è previsto nel pre-accordo.
Tutto questo, incomprensibile per tanti, non lo è più se si va a leggere un articolo, pubblicato il 4 maggio 2019 sul quotidiano “Il Foglio”, firmato da Guido Tabellini, un personaggio importante, uno di quelli che in questo paese contano: è l’ex Rettore della Bocconi, e da questo si capisce che non è uno che passa; ha studiato all’estero, è Ordinario di Economia, fa parte di dozzine di CdA, e tiene nel curriculum un passaggio interessante, avrebbe dovuto diventare Ministro dell’Economia nel Governo Cottarelli (se fosse nato).
Guido Tabellini ha scritto che dobbiamo far correre il nord, dobbiamo far correre Milano, dobbiamo assolutamente agganciare Milano all’Europa, bisogna dare Milano all’economia forte d’Europa, e fare tutto ciò che è necessario per perseguire tale obbiettivo.
E’ evidente che tutto quello che fa correre Milano rallenta Napoli, (Tabellini cita proprio il parallelo Milano-Napoli), e questo vuol dire che tutto ciò che fa correre Napoli rallenta Milano, e si traduce nella dialettica politica immediata, e cioè che non c’è più l’obbiettivo di ridurre il divario tra Nord e Sud, ma piuttosto di usare strumentalmente quel divario nella consapevolezza che se volessimo ridurlo, ciò impedirebbe alla parte del paese che può correre di agganciarsi all’Europa.
Quindi l’ottica è completamente rovesciata: non solo non si riduce, anzi se si riduce si fa male, perciò si deve mantenere così com’è.
Tre giorni dopo, sempre su Il Foglio, scrive Giancarlo Padoan, che è stato per quattro anni il Ministro dell’Economia in due Governi, quelli di Renzi e Gentiloni: Padoan dice che Tabellini ha ragione, però bisogna vedere come fare.
Tutto questo, tradotto in termini spiccioli, vuol dire che la politica accetta che il divario Nord-Sud non solo non si deve ridurre, ma deve necessariamente rimanere, per agganciare il paese all’Europa; e se il nostro paese tutto intero non ce la può fare, bisogna consentire alla parte di paese che può farlo di distaccarsi, abbandonando al proprio destino l’altra parte.
Questa è la scelta politica e non bisogna pensare solo all’egoismo della Lega; solo così si spiega perché il segretario PD a quattro giorni dal voto, firma quel pre-accordo.
“Ecco quindi – dice Villone- come si spiegano le cose sentite sulla Sanità, la Scuola, non sono cose che succedono perché c’è uno cattivo che sta tirando calci sotto il tavolo, ma fanno parte di un disegno politico del quale dobbiamo essere consapevoli perché in questo disegno politico dobbiamo essere presenti e certamente dare battaglia, senza fare sconti a noi stessi perché questo non vuol dire che condoniamo le inefficienze, le disorganizzazioni o le clientele da chiunque siano poste in essere”.
E prosegue: “Niente succede per caso; nel nostro paese la Sanità è un settore nel quale stato e regioni si confrontano sulla distribuzione del fondi, però tra il 2010 e il 2011 si introduce un diverso “disegno di pesatura” nella distribuzione dei fondi sanitari, non si fanno solamente i conti sulle teste, pro-capite, ma si introduce il criterio della “pesatura dato dall’età”; questo vuol dire che la regione dall’età media inferiore, più giovane, piglia meno soldi. In Campania abbiamo una aspettativa di vita di due anni e mezzo inferiore a quella del trentino, e siccome moriamo prima, la nostra regione è più giovane, e pertanto piglia meno soldi, e pigliando meno soldi stiamo finanziando le regioni che hanno una più lunga aspettativa di vita, quindi non solo noi ci freghiamo perché moriamo prima, ma stiamo finanziando chi vive di più, e questo già succede adesso; e il sud che manda cittadini a curarsi al nord è fregato una seconda volta.”
E continua: “Senza fare sconti a nessuno, bisogna andare consapevolmente al confronto politico perché quando poi questa cosa, che nessuno fino adesso sapeva, è venuta fuori, sono incominciati a venire fuori i conti e sono cominciate le analisi, gli studi, i dibattiti, i confronti, i litigi e le battaglie.”
E non è finita qui, perché sulla questione ci sono altri dettagli che sono veramente pericolosi per il sud: ma di questo parleremo in un prossimo articolo, esaminando cosa l’attuale governo, del quale ora fa parte anche il PD, intenderebbe fare. (2 – segue)