Sembra un controsenso parlare di divertimento in questi giorni tristi e incerti per il Coronavirus, ma con la segregazione in casa non è il tempo che manca e quindi qualche libertà te la puoi consentire.
Ricordiamo la celebre canzone di Lucio Dalla, “L’anno che verrà”: “Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’ … e giacché non c’è niente da fare di tempo ne rimane…”.
Quindi c’è tempo per leggere, studiare, approfondire, commentare e anche per divertirsi, esorcizzando così anche le paure che indubbiamente ognuno di noi ha, e che ogni giorno vengono alimentate da notizie sempre più allarmanti e meno rassicuranti. A parte quelle tristi dei lutti che oramai colpiscono tutti noi con la perdita, per virus o altro, di un familiare, un parente, un amico, un conoscente, il suo medico, il tabaccaio, l’edicolante, il barista.
Non c’è l’assillo di fare presto per le cento cose da fare dei periodi normali, e invece di vegetare sul divano dinanzi al televisore, che per la maggior parte della giornata rompe l’anima, e non solo, con i continui aggiornamenti sulla pandemia, con la contabilità dei morti, dei contagiati, dei ricoverati, dei dimessi, delle cure che si sperimentano, dei risultati che quel tal medicinale ha dato, o si spera che dia, e con tutte le notizie annesse e connesse. Oppure con i tanti talk durante i quali conduttrici o conduttori, che sembrano diventati tutti virologi, immunologi, epidemiologi, e passano ore a sproloquiare con veri o falsi scienziati, ognuno dei quali spesso è in contraddizione con se stesso, e quasi sempre con altri…
Dicevo, piuttosto che perdere tempo davanti alla TV, meglio fare zapping dove trovi di tutto e di più, tantissime cose, notizie vere e sciocchezze, cose che ti fanno innervosire ma anche cose che ti fanno sorridere, come le tantissime clip che scimmiottano De Luca che mena fendenti a destra e a manca.
E pure organizzarsi per uscire oramai è diventato un rito, una specie di vestizione per fare qualcosa di importante, ma ancor più la successiva svestizione al rientro, oramai divenuto una specie di rito solenne come quello di togliere i sacri paramenti al Pontefice dopo la celebrazione di una solenne cerimonia.
Perché, volendo seguire scrupolosamente tutti i consigli e i suggerimenti che continuamente vengono dati, quando decidi che a una tale ora devi uscire, devi anticiparti almeno un’ora prima per indossare gli indumenti adatti, che debbono essere rigorosamente quelli per l’esterno e che, sanificati al rientro la volta precedente, sono stati riposti nell’apposito locale o comparto ad essi dedicato. E poi indossare la mascherina, all’interno della quale magari poni un tampone di carta che ti fa respirare non senza difficoltà, ma per proteggersi dal virus va bene pure così. E non puoi trascurare i guanti di lattice, magari due sovrapposti perché può capitare che il primo si laceri, e come fai se il secondo non ce l’hai?
Insomma, sembra che vestirsi per uscire sia diventato più complicato che indossare la corazza da parte degli antichi armigeri per recarsi sui campi di battaglia o su quelli dei tornei. E non ti dico le benedizioni di chi ha gli occhiali, perché con la mascherina continuamente si appannano, e se non stai attento rischi un incidente automobilistico se esci con l’auto, oppure di scontrarti con un “nemico” umano che non hai fatto in tempo a scansare e che, magari con gli stessi problemi tuoi, ti viene incontro come uno zombi.
Poi devi sottoporti alle lunghe attese, in fila in farmacia, dal panettiere, dal macellaio, alla salumeria, all’edicola, al tabaccaio, dove spesso si entra uno per volta, e c’è chi, dopo la lunga attesa, ha conquistato il diritto di accesso, all’interno bivacca, e per comprare un pacchetto di sigarette si intrattiene come se dovesse comprare tutto il negozio.
E giacché questo avviene “scrupolosamente” in tutti i negozietti, molti preferiscono i supermercati dove i tempi di attesa sono più brevi perché l’ampiezza dei locali, specialmente quelli dei market più grandi, e il numero delle casse, sveltiscono le file.
Gli esercenti dei negozietti dovrebbero fare una riflessione, perché se continua così, molti li diserteranno.
Il rientro a casa è un altro rito solenne al quale le persone particolarmente scrupolose non possono in alcun modo sottrarsi, e non debbono essere nemmeno distratte perché qualche passaggio non sfugga.
La prima cosa è togliere mascherina e guanti, la prima da sanificare se consentito, i guanti da buttare, ma non prima di averli sanificati, non si sa mai, il virus è troppo infido.
Chi ha la possibilità, tutte queste operazioni è meglio che le faccia prima di entrare in casa, magari in garage o in cantina, dove ogni singolo pezzo va disinfettato con prodotti a base di alcool, o con alcool pure, che è anche meglio.
La sanificazione deve essere fatta a tutto, compresi giornali, e ogni cosa, compresi i medicinali e la frutta, deve essere trattata pezzo per pezzo, con santa pazienza e stracci inzuppati di alcool; è facilmente immaginabile quanto tempo si perde se, per caso, ci si è lasciati andare a comprare magari 10 chili di arance, e altro: ci vogliono ore a disinfettare pezzo per pezzo.
Ma non è finita qui, perché alla fine devi disinfettare l’autovettura, gli scatoli contenitori di vari acquisti, e poi il piano sul quale è stato poggiato tutto il materiale, indi le maniglie delle porte di cantina e garage, poi le chiavi …
Insomma, un grande impegno e tanto tempo … che è proprio quello che non manca.
E dopo tanto lavoro puoi rilassarti con tante amenità che i social non ti fanno mancare, come, ad esempio, il filmato di quel tizio di Angri che portava in giro il pappagallo, rigorosamente con il guinzaglio, fermato da increduli Carabinieri.
O le uscite di taluni politici, come, ad esempio, Giorgia Meloni, la quale invoca un maggior coinvolgimento del parlamento. Che lo chieda la Meloni, che ha rivolto un plauso a Viktor Orban, il Presidente, ora Dittatore, dell’Ungheria che ha messo in quarantena il Parlamento assumendone i pieni poteri a tempo indeterminato, mi sembra alquanto bizzarro.
Pazienza, bizzarrie della politica ai tempi del Coronavirus.