La nostra vita, per certi aspetti a volte, è nient’altro che un insieme di concatenazioni del tutto imprevedibili. Ci sono passaggi cruciali, comprare casa, sposarsi, metter su famiglia, cambiare lavoro o città, che un anno o mesi prima sembravano del tutto impensabili. D’altronde da sempre, come i continenti alla deriva, siamo soggetti a un processo di continuo e inarrestabile cambiamento.
Non tutti ce la fanno però: non tutti riescono a capire quelle che sono le opportunità che ci stanno dietro e a farne tesoro per costruirsi il proprio successo.
Alex Banayan è un giovane scrittore e protagonista mediatico americano che ha recentemente lavorato a “The Third Door” (in italiano “La Terza Porta”) che, attraverso alcune interviste fatte a numeri uno dell’economia e dello spettacolo, descrive un insieme di strategie che ciascuno può mettere in pratica per costruirsi, in un mondo in trasformazione, la strada per il proprio successo.
Quando vogliamo andare a ballare in un nuovo locale abbiamo davanti tre scenari: c’è chi entra dall’ingresso normale da dove entra la maggior parte delle persone pagando un biglietto e facendo la fila. Poi c’è chi, I VIP per esempio, ha un ingresso dedicato da redcarpet e quindi bypassa tutti quanti gli altri. E poi ci sta, la “terza porta”: sono quelli che entrano, perché sono simpatici ai buttafuori o perché hanno le conoscenze giuste nel locale, allo stesso modo dei VIP ma non lo sono.
Questi qua sono quelli che sono capaci di costruirsi il successo: in sostanza mettono in pratica tutte le loro doti, non solo quelle legate allo status economico e professionale, ma soprattutto quelle relazionali ed empatiche (“cazzima” in gergo) per riuscire laddove altri si fermano.
“The Third Door” lancia un messaggio che sembra come una bella sveglia per tutti quelli che stanno fermi e si lamentano (sulla metro, nel traffico, a una cena, alla macchinetta del caffè in ufficio quanta gente ci sta che è scontenta del posto del mondo dove sta?) per aiutarli a farsi una domanda: ma io, concretamente, ogni giorno quante “terze porte” sono capace di aprire?
Il mondo di continuo cambiamento richiede competenze nuove, non necessariamente professionali e tecniche – perché la tecnica cambia con l’avvento di nuove macchine e nuovi strumenti – ma, soprattutto, relazionali. Le capacità con cui sappiamo entrare in contatto con gli altri, relazionarci, collaborare, condividere, diventeranno sempre più rilevanti nel farci fare concretamente la differenza.
Capacità che i percorsi tradizionali di formazione, dalla scuola all’università, non sempre fanno emergere e che affianco allo sviluppo del “sapere”, della conoscenza, richiedono lo sviluppo di attività collaborative e di gruppo. Anche e soprattutto competitive perché non è detto che la competizione, alla base, conserva sempre una matrice di collaborazione perché se vedo qualcun altro che fa meglio di me, con i miei stessi strumenti, mi sento motivato a fare di più anche io.
La “Terza Porta” o meglio, la consapevolezza di quanto sia importante costruire “ponti” e reti di connessione verso gli altri, anzitutto per realizzarsi sia professionalmente che come persone, rappresenta, forse, al momento attuale, lo strumento più forte che abbiamo per far ripartire quel “sentimento comune” di appartenere a un’entità unica e condivisa che da troppo tempo, nel nostro Paese, manca.