La sottile e pesante differenza tra Manager e Leader
Qualche giorno fa, a Parigi, su Le Monde, sono incappato in un articolo abbastanza frizzante: il fil rouge del discorso era tutto improntato al “macronisme”, insieme di modi di fare, di dire, di pensare alla vita pubblica che Emmanuel Macron ha introdotto nella vita politica (e non solo) dei nostri cugini d’Oltralpe.
Un dibattito vivo sin dall’elezione del Presidente francese un anno fa. Al centro, una sottile critica al modo dirompente, in salsa Schumpeter (laddove l’innovazione è “distruzione” di vecchi equilibri e nascita di nuovi), con cui il Capo di Stato francese, in lieve antitesi rispetto all’approccio tradizionale del suo predecessore Hollande, ha introdotto, dall’inizio del suo mandato, nella vita pubblica alcune espressioni tipiche del linguaggio d’azienda come ad esempio meeting, team building, performance. Riga dopo riga ho sorriso e ho fatto qualche passo più in là, tralasciando le beghe di casa nostra, fino ad intercettare la differenza sottile tra Manager e Leader, due figure, due concetti, due modi d’exister, che talvolta nello vengono confuse e fraintese l’una per l’altra.
Baumann che tutti prima o poi abbiamo letto, o frainteso – si è bello anche fraintendere le letture perché da la contezza di essere vivi e vivaci e sbagliare, finalmente – nella società liquida – concetto non sempre del tutto positivo – lasciava trasparire la figura del leader come il Capace in qualche modo di leggere e anticipare i tratti della liquidità. Prima di lui, quasi anticipando, Macchiavelli, nell’inquadrare il “Principe” come il Capace, prima ancora che di dichiarare guerra e vincerla, di esser consapevole di forze e variabili in gioco, pesarle per bene e, anche con un’innata ispirazione, di leggere persone ed eventi riuscendo ad influenzarne gli effetti.
Non credo che la definizione si sia di molto spostata da ciò.
Talvolta, oggi, assistiamo – per fortuna non sempre – complice anche il momento politico e culturale, a una confusione e commistione di ruolo tra manager e leader. Come se fossero la stessa cosa. A tratti può anche essere ma nella sostanza delle cose, tutt’altro.
Il manager, lo dice l’inglese, è colui che anzitutto gestisce e amministra l’organizzazione. Lo fa dando soprattutto una bella occhiata efficace ai costi e ai ricavi e in base al confronto tra le due variabili per massimizzare i secondi e ridurre i primi attua le strategie che meglio si confanno alla natura dell’organizzazione.
Un leader ha la capacità, anche innata e soprattutto nel carattere, di leggere gli avvenimenti e, anche senza comprenderli, di anticiparli, intuirli e saperli rendere commestibili ai più. Ecco perché grandi momenti di cambiamento – guerre, rivoluzioni, ricostruzioni – hanno dato vita a grandi leader: scintille che, grazie anche al combinato di eventi, hanno fatto emergere protagonisti che solo in quell’occasione, soli ed unici, potevano far la differenza facendosi “carico” di interpretare il cambiamento.
Talvolta le due cose si confondono ma, spicc spicc, si tratta di due caratteri differenti: un leader, a volte ci nasce e ha un impatto che va ben oltre la cerchia di persone che guida. Un leader può essere manager. Un manager, invece, non sempre è un leader, non sempre ha la capacità, l’ambizione, la familiarità di immaginare una visione, anzi di interpretare con una “vision”, lo scorrimento della realtà che ai più risulta poco o per niente comprensibile.
Una riflessione che parte dall’articolo di Le Monde e in realtà s’allarga alle scene del quotidiano. Una differenza, quella tra Manager e Leader, sottile e semplice. Sottile e lieve quanto, al contempo, pesante. E, soprattutto, determinante.