scritto da Nino Maiorino - 27 Aprile 2023 06:10

La scomparsa di Harry Belafonte

E’ morto all’età di 96 anni Harry Belafonte uno dei miti della musica caraibica, apprezzatissimo cantante della generazione degli anni ’50 dello scorso secolo, e nel contempo pioniere dei diritti civili negli USA.

Purtroppo, giunti ad una certa età, ci rendiamo sempre più conto che gli anni trascorrono e sembrano farlo più velocemente della nostre percezioni; probabilmente perché siamo distratti dai problemi quotidiani o perché, magari inconsapevolmente, ce li nascondiamo.

Ma quando apprendiamo che qualcuno di una certa età, come nel caso di Belafonte, Sorella Morte lo ha improvvisamente portato via, torniamo con i piedi a terra, riprendiamo la coscienza.

E solo allora ci accorgiamo del rapido volgere del tempo e non possiamo non ricordare ciò che aveva scritto il poeta John Donne “Non chiedere mai per chi suona la campana, essa suona per te”, che Ernest Hemingway aveva riportato all’inizio di uno dei suoi più bei romanzi “Per chi suona la campana” tradotto nell’omonimo film del 1943, interpretato da Gary Cooper e Ingrid Bergman.

I giovani degli anni ’50 dello scorso secolo impazzivano di gioia quando ascoltavano Harry Belafonte che cantava “Banana Both”, e “Jamaica Farewell”, inserite nell’album “Calypso” pubblicato nel 1956, che all’epoca vendette oltre un milione di copie.

Harry Belafonte è morto martedì 25 aprile nella sua casa nell’Upper West Side di Manhattan.

La notizia del decesso l’ha data il “New York Times”, che ha pubblicato un suo intenso ritratto, ricostruendo la vita di Belafonte a partire dalle difficili origini: in un momento in cui la segregazione era ancora diffusa e gli attori neri -non già le fittizie “black faces”- erano ancora una rarità su schermi grandi e piccoli, l’ascesa di Belafonte ai vertici dello spettacolo fu un evento storico.

Non è stato il primo uomo di spettacolo nero a trascendere i confini raziali; Louis Armstrong, Ella Fitzgerald e altri avevano raggiunto la celebrità prima di lui; ma per anni nessuno, bianco o nero, nella musica, bianco o nero, era stato più grande di lui; prima di Elvis Presley, fu il primo a vendere più di un milione di copie di un album.

Come per anni nessuna star nera si era schierata nella battaglia antirazzista come lui.

Era nato a New York, nel quartiere di Harlem, il 1º marzo 1927 da immigrati dell’India occidentale.

Nel 1935 si trasferì con sua madre ad Aboukir, un villaggio in Giamaica, ma nel 1939 tornò a New York e frequentò la George Washington High School, poi si arruolò nella marina degli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale.

La sua carriera di musicista inizia alla fine degli anni quaranta, quando comincia a esibirsi in vari spettacoli collaborando anche con l’American Negro Theatre.

Nel 1952 incide per la RCA Victor il suo primo singolo, Matilda.

Ma il grande successo arriva prima con l’album Belafonte nel 1956 e poi con Calypso, il primo album a vendere più di un milione di copie; nell’album è compresa anche la famosa Banana Boat Song.

Belafonte continua a incidere per la RCA negli anni sessanta e settanta, portando alla ribalta in America cantanti come Miriam Makeba e Nana Mouskouri.

Nel suo album Midnight Special (1962) suona anche un giovane armonicista, Bob Dylan.

Dagli anni sessanta agli anni ottanta alterna la sua passione per la musica all’impegno per i diritti umani e nel 1985 partecipa a USA for Africa, un super-gruppo di 45 celebrità della musica pop, tra cui Michael Jackson, Lionel Richie, Stevie Wonder e Bruce Springsteen, cantando We Are the World prodotta da Quincy Jones e incisa a scopo benefico.

I proventi raccolti vengono devoluti alla popolazione dell’Etiopia, afflitta in quel periodo da una disastrosa carestia: il brano vince il Grammy Award come “canzone dell’anno”, come “disco dell’anno”, e come “miglior performance di un duo o gruppo vocale pop”.

Ha avuto altrettanto successo nei concerti: bello e carismatico, ha incantato il pubblico con registri allegri e drammatici, e con un repertorio che comprendeva tradizioni popolari di tutto il mondo: calypso solari come “Matilda”, canzoni di lavoro come “Lead Man Holler”, teneri ballate come “Scarlet Ribbons”.

Grazie al successo come cantante, Hollywood lo ha subito adottato: nel 1959 era l’attore nero più pagato della storia, il primo attore nero a ottenere successo come protagonista (anche se poi al trionfo da superdivo arrivò non lui ma il suo amico/rivale Sidney Poitier).

D’altronde fare film non è mai stata la priorità di Belafonte, e dopo un po’ nemmeno fare musica. Ha continuato a esibirsi fino agli ultimi anni, e ad apparire anche in alcuni film, ma la sua missione principale dalla fine degli anni ’50 è stata quella della lotta per i diritti civili.

Durante la sua lunga carriera, oltre a interpretare vari film, mantiene un forte impegno per il riconoscimento dei diritti dei neri americani.

È il primo afroamericano della storia a ricevere il Kennedy Center Honors nel 1989; successivamente riceve anche la National Medal of Arts (1994) e il Grammy Lifetime Achievement Award (2000).

Tiene il suo ultimo concerto nel 2003, mentre nel 2012 riceve il Pardo alla carriera dal Festival internazionale del film di Locarno.

All’inizio della sua carriera, aveva fatto amicizia con Martin Luther King e ne divenne non solo amico per tutta la vita, ma anche ardente sostenitore nella battaglia per la ricerca dell’uguaglianza razziale.

Belafonte investì gran parte dei primi guadagni per aiutare a creare il Comitato di coordinamento nonviolento degli studenti ed è stato uno dei principali benefattori per quell’organizzazione e per la Southern Christian Leadership Conference di King. Ha pagato di tasca sua per far uscire King e altri attivisti dalla prigione, e ha aiutato la famiglia dopo l’assassinio del leader.

E in un’intervista al “Washington Post” pochi mesi dopo la morte di King, Belafonte arrivò a lamentarsi del fatto che, sebbene cantasse musica con “radici nella cultura nera dei neri americani, dell’Africa e delle Indie occidentali”, moltissimi dei suoi fan erano bianchi.

Col paradosso di essere una star ammirata anche da gran parte del pubblico “wasp”, Belafonte ha passato la vita a combattere il razzismo. Il film del 1957 “L’isola nel sole”, che suggeriva una storia d’amore tra il suo personaggio e una donna bianca interpretata da Joan Fontaine, creò scandalo nel sud degli Usa, tanto che la Carolina del Sud chiese di multare i cinema che lo proiettavano.

Ad Atlanta per un concerto di beneficenza per la Southern Christian Leadership Conference nel 1962, gli fu rifiutato due volte il servizio nello stesso ristorante.

Le apparizioni televisive con cantanti bianche -Petula Clark nel 1968, Julie Andrews nel 1969- fecero arrabbiare molti spettatori e gli causarono la perdita degli sponsor.

Al contempo, attirava critiche dai neri, inclusa l’insinuazione all’inizio della sua carriera che doveva il suo successo alla “chiarezza” della sua pelle (suo nonno paterno e sua nonna materna erano bianchi).

Quando divorziò dalla moglie nel 1957 e sposò Julie Robinson, che era l’unica bianca del corpo di ballo di Katherine Dunham, l'”Amsterdam News” scrisse: “Molti neri si chiedono perché un uomo che ha sventolato la bandiera della giustizia per la sua razza dovrebbe scegliere una moglie bianca”.

Ripensando alla sua vita e alla sua carriera, Belafonte era orgoglioso ma tutt’altro che compiacente.

“Riguardo alla mia vita, non ho lamentele”, ha scritto nella sua autobiografia. “Eppure i problemi affrontati dalla maggior parte degli americani di colore sembrano terribili e radicati come lo erano mezzo secolo fa”.

 

 

 

 

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Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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