Si fa un po’ fatica in sti giorni. Da un lato il “sorpasso” della Spagna sul nostro PIL, sulla nostra qualità della vita – come se ci fosse bisogno di dirlo ancora mentre basta andare a Madrid per una settimana anche solo a tapear per rendersene conto – mentre attendiamo, come Godot, il Nuovo Governo. Dall’altro l’eccellenza italiana, decantata da tutti, all’estero soprattutto, del Salone del Mobile di Milano che in 4 giorni o poco più ha rimesso al centro il valore di primissimo piano di una nostra eccellenza nazionale: il design e la creatività. Cifre della Camera di Commercio di Monza e Brianza parlano di un indotto complessivo generato di circa 230 milioni di euro, in crescita di 10 rispetto alla precedente edizione, il 90% frutto di visitatori stranieri. Not bad at all.
Leggendo questi fatti, in totale contraddizione l’uno sull’altro, è naturale chiedersi: ma siamo lo stesso Paese? Quello delle inefficienze e, at the same, delle eccellenze di assoluto rilievo mondiale? Ebbene si.
C’è un fil rouge che collega la Bella e la Bestia, dottor Jekill e Mr Hyde. In una parola: si chiama Responsabilità.
Il nostro Bel Paese, soprattutto in questa fase storica, manca spesso di questa R, grande ed estesa, pesante e influente. Manca a volte la percezione concreta, non solo delle regole, ma anzitutto del campo di gioco in cui siamo e degli altri che con noi si contendono la palla.
Dice Sergio Fabbrini che siamo un Paese retorico, ovvero che, nelle riflessioni sul nostro posizionamento in Europa e sulla scena internazionale, manchiamo di concretezza, di appoggio a fatti concreti. Preferiamo opinioni di pancia e volatili.
Come se vivessimo, a tratti, in un’anarchia che va bene per il nostro sguazzare da artisti bohemienne però non si combina sempre alla perfezione con l’immagine di eccellenza attraverso cui il Mondo ci conosce e ci ammira più di quanto possiamo ammirarci da soli.
Non parlo di economia internazionale ma della vita di tutti i giorni. È li che la R, grande, manca: quando diamo la colpa, semplicisticamente, alla “legge elettorale” oppure, genericamente, all’”Europa” se le cose non girano. Ma poi, d’altronde, non è manco vero che le cose non funzionano per niente, anzi è anche un tema di percezione e ancora meglio di narrazione, di come raccontiamo ciò che siamo.
Responsabilità significa essere consapevoli che siamo uno dei Paesi con la più alta disoccupazione giovanile (37,9% contro la media europea del 22% fonte: elaborazione Sole24Ore su dati Eurostat) però al contempo anche di essere una tra le dieci economie maggiormente sviluppate al Mondo. R grande significa, pan a pan e vin a vin, costruire piuttosto che limitarsi a dire “tutt a cas” perchè poi quando se ne sono andati tutti chi rimane?
Una bella sorsata di R grande: pensiamoci un attimo. Il Paese, che noi abbiamo ereditato da chi c’era prima (e che forse poco si è posto la stessa domanda) sarà lo stesso in cui vivranno i nostri figli: il debito pubblico, gli sprechi, le inefficienze ma anche la superficialità con cui balliamo “Europa Si, Europa no”, fanno parte del pacco grattacapo che stiamo lasciando.
Ci vuole poco ma s’adda fa: ciascuno ha a disposizione una connessione dati non solo per galleggiare su wazzapp (è bell assaje lo so) ma pure per cercare, thanks to Mr. Google, dati, numeri e fatti con cui vedere, riscontrare, concretamente, se le cose girano o meno. Nun è question i tiemp che manca ma di R grande che non c’è. Prima del prossimo scontro tra Guelfi e Ghibellini pensiamoci. D’altronde, ci sarà un motivo se da Primati ci siamo evoluti, sembra, a Sapiens Sapiens?