La libertà nella confusione degli eccessi
Le possibilità di manifestare noi stessi hanno assunto volti e funzioni sempre più diverse, portando anche una certa confusione dettata dalla apparente infinità di tali mezzi. Trovarsi in un fiume non dovrebbe essere troppo complesso, farlo in un mare d'altro canto può richiedere un non indifferente investimento temporale
Nell’esattezza d’un mondo chiuso è facile lasciare la porta aperta a valori non misurabili da un metro, quelle ultime colonne alla quale è possibile appigliarsi proprio perché incorporee. Ma così come è possibile dibattere della certezza scientifica, quando non si condividono le unità di misura, così è possibile farsi confondere da un qualcosa di effettivamente non quantificabile.
La libertà è un valore soggettivo che ha bisogno, per manifestarsi, d’essere inteso oggettivamente: come posso effettivamente esercitare un mio diritto se quel diritto non è riconosciuto da tutti come tale?
Nel formarsi d’una società sempre più burocratica e schematica la libertà ha assunto un valore normativo, contornatasi di norme atte alla sua tutela, orientandola verso quell’universale diritto al potersi affermare nel mondo secondo propria volontà. In senso orizzontale in effetti trattare della libertà può essere particolarmente noioso, ma quanto si vorrebbe mettere luce in questa specifica istanza non è della sua natura specifica, ma come questa viene recepita odiernamente.
E’ proprio nell’unità di misura che tale ricezione può essere dibattuta. Nella filosofia Aristotelica la libertà era quella capacità individuale di poter agire secondo la propria natura razionale, e si realizzava nel momento in cui entrava in accordo con la ragione. In senso ancor più lato la libertà è quella capacità di agire senza impedimenti esterni, autodeterminandosi attraverso i propri fini ed i mezzi necessari al conseguirli. Ora, per poter abbracciare a pieno tale ragionamento ed essere veramente coinvolti in questo tipo di definizione è necessario inquadrare il periodo storico in cui tali parole hanno avuto modo di riecheggiare.
Se la libertà non è particolarmente mutata nella sua definizione si può certamente dire che è invece mutata, nel tempo, nella sua “accessibilità”. Le possibilità di manifestare noi stessi hanno assunto volti e funzioni sempre più diverse, portando anche una certa confusione dettata dalla apparente infinità di tali mezzi. Trovarsi in un fiume non dovrebbe essere troppo complesso, farlo in un mare d’altro canto può richiedere un non indifferente investimento temporale.
Nella società attuale il senso di libertà è infatti confuso con il senso di possibilità, ma essere liberi di poter fare qualcosa non vuol dire che per poter esprimere quella libertà è necessario fare quel qualcosa. Essere liberi vuol dire poter fare ciò che si ritiene di dover o voler fare, il contrario è soltanto una prigionia mascherata da libertà. Basti pensare alla libertà di parola, il poter dire effettivamente tutto non deve necessariamente corrispondere al dire tutto, schiavi d’una libertà sempre più presente abbiamo perso la dimestichezza nel comprendere cosa davvero rientra nella nostra sfera di interesse.
La libertà è diventata una giustificazione, l’ho fatto o detto perché potevo, e quindi non era necessario che io lo volessi effettivamente. In una libertà coincidente con l’infinita possibilità di potere attraverso le molteplici forme di esistenza, la sua realizzazione è nel momento in cui si decide cosa fare di sé stessi non per fare, ma per essere. L’essere è in effetti mutevole, ma se questa mutevolezza dovesse trasfomarsi in un costante inseguire delle correnti si finirebbe per perdere quell’unico flusso direzionale che davvero conta, per ciò che vogliamo e ciò che vogliamo essere. La costante ricerca di sé attraverso gli altri nasconde nella sua apparente utilità un totale distaccamento dal proprio io, in una futile rincorsa per poter arrivare ad un qualcosa ancor prima d’esserci chiesti se davvero quel qualcosa ci interessa.
Nell’emulazione e nel tentativo d’esser tutto per comprendere quale essere davvero ci appartiene non facciamo altro che introdurci in una confusionaria e privativa dimensione dove l’agire è più importante dell’azione stessa: Perché faccio? Non lo so, ma devo fare. Che in un cielo stellato si debba dire propria una sola stella può sembrare punitivo, ma voler raccogliere nel sacco delle ambizioni intere costellazioni non ci farà raggiungere davvero nessun astro, se non sotto forma di cometa.