La leggenda delle “Janare” di Conca dei Marini: amore, desiderio e morte.
Credevate che le cosiddette ”janare” fossero figure oscure legate solo alla zona del beneventano? Invece no. Esistono anche nel salernitano, nella magica cornice della Costiera Amalfitana, a due passi dalla Repubblica Marinara di Amalfi. Per la precisione, a Punta Vreca, il belvedere da cui si può ammirare l’ampiezza del panorama di Conca dei Marini. Conca è un’antica colonia romana. Borgo di marinai da sempre, le donne del paese della Costiera hanno sofferto di malinconia e mancanza e il perché è presto detto. Gli uomini solcavano i mari per lungo tempo e le mogli restavano a casa in attesa di notizie portate da lontano, sulle ali del vento.
La zona del campo degli ulivi nella parte alta di questo piccolo e incantevole paese, è teatro di una delle leggende più inquietanti, quella delle Janare, le donne-streghe che nel XVI secolo animavano le notti del borgo lanciando “fatture” e preparando filtri d’amore o pozioni contro il malocchio. Secondo la leggenda le Janare si lasciavano andare a pratiche sessuali sfrenate. Queste creature si riunivano di notte in cima agli alberi a ridosso della costa, vestite solo con lunghe camicie da notte, aspettando le imbarcazioni dei pescatori. Una volta avvistate, iniziavano ad attirare l’equipaggio in ogni modo: con canzoni, dolci parole o mostrando le nudità. Una volta caduti nella trappola le janare si accoppiavano con loro, sfogando gli istinti. L’incontro sessuale terminava in modo non troppo piacevole per i pescatori che finivano col diventare le vittime sacrificali delle janare.
L’origine del nome ”Janara” pare venga da ”Dianara”, cioè seguace di Diana. Sono creature che sentono il dolore delle donne, la nostalgia e la solitudine. Si tramanda che le Janare portassero notizie dei loro cari lontani, persino da oltre oceano, viaggiando sulle ali del vento.
Le voci leggendarie che giravano di bocca in bocca, probabilmente parlavano, in realtà, delle donne del paese che si riunivano nella loro tristezza. Lasciate sole dai loro mariti, con abiti dismessi o magari vestite ”a lutto”. Magari vestite solo di lunghi abiti da notte e coperte dalle ombre della sera.
Queste anime in pena si riunivano nel loro dolore e potevano facilmente essere scambiate per delle streghe.