Immaginiamo di trovarci nella Roma papalina, precisamente nel marzo del 1845. Una folla gremita composta da donne, uomini e bambini si raduna in Piazza del Popolo ed è febbrilmente ansiosa di un evento che avverrà a breve.
Nella folla scorgiamo persino Charles Dickens, in visita da Londra e smanioso di assistere ad una delle performance più note nella capitale italiana di quel secolo.
La folla si accalca intorno ad un patibolo su cui svetta l’invenzione del secolo: la ghigliottina.
Scortato dalle guardie e da un monaco, sale sul patibolo un povero disgraziato dai polsi legati.
A quel punto, adornata da un lungo e sventolante mantello rosso, la tanto attesa celebrità fa la sua comparsa: Giovanni Battista Bugatti, conosciuto col soprannome di Mastro Titta.
Il boia dello Stato Pontificio, la cui carriera cominciata a 17 anni, con centinaia di delinquenti giustiziati e tanti altri da giustiziare ancora – con fredda professionalità – offre al condannato un’ultima presa di tabacco.
Il monaco, sollevando la croce, recita qualche preghiera in latino ed invita il disgraziato a fare lo stesso. Conclusa la supplica, quest’ultimo viene accompagnato nell’inserire la testa nell’apertura circolare del marchingegno.
Mastro Titta – a quel punto – fa cadere la lama sul collo dell’uomo. Un colpo netto. Un urlo si leva dalla platea. La testa rotola nel catino per poi essere sollevata per i capelli e mostrata alla folla urlante. In quel preciso istante i padri colpiscono i figli con un sonoro ceffone. Il rumore della sberla si leva all’unisono in quel luogo, così come è riecheggiato in altre esecuzioni pubbliche officiate da Mastro Titta.
Lo sganascione è l’atto conclusivo di un rito pedagogico, finalizzato all’educazione dei propri figli poiché si ricordino che è questa la fine che fanno i lazzaroni e che se non si riga dritti il patibolo – presto o tardi – li attende.
Questa è una delle tante scene vissute nella Roma di quel tempo, magari con modalità di esecuzione diverse ma col medesimo epilogo.
Appare curioso come – col progredire dei tempi – le nostre sensibilità siano cambiate così come i metodi educativi. Uno spettacolo agghiacciante veniva utilizzato come strumento pedagogico.
Altro che “mazze e panelle”.