scritto da Nino Maiorino - 28 Gennaio 2023 06:53

La cattura di Matteo Messina Denaro

Lasciato sfogare l’entusiasmo o il livore che hanno fatto seguito all’arresto, il 16 gennaio scorso, del più ricercato latitante di Mafia, quel Matteo Messina Denaro che per trent’anni ha turlupinato tutti, facendo nascere le più strane congetture e teorie sulla sua residenza, nel mentre se ne stava a vivere tranquillamente nella sua città, Campobello di Mazara, che, nonostante non fosse una megalopoli (sol0 11mila abitanti), lo ha ospitato, diremmo protetto, coperto e nascosto per tre decenni, ci accingiamo a fare qualche commento.

Il primo è sugli gli abitanti di Campobello, tutti a giurare che mai avevano sospettato la sua presenza in città, cosa che fa dubitare non poco.

A noi sembra che la città abbia consentito al latitante di vivere tranquillo, protetto dalla innegabile riservatezza dei suoi abitanti, i quali ora dicono di non aver mai sospettato che quel signore -elegante, danaroso, che faceva una vita agiatissima, dispendiosa, e si godeva la vita tra donne, cene costosissime e agi vari- fosse il famoso latitante, ricercato dalle polizie di mezzo mondo.

Fra l’altro a Campobello di Mazara c’è una Stazione dei Carabinieri, in Via Umberto I, 22, la quale dista circa 2,5 km dal primo covo di Via Cb 31, 1400 metri dal secondo covo di Via Maggiore Toselli 34, e 2 km circa dal terzo covo di Via San Giovanni 260.

E’ possibile che in quel paese nemmeno i Carabinieri abbiano mai sospettato o saputo nulla, nonostante fossero proprio loro i più accaniti ricercatori del boss?

A meno che essi sapessero che il ricercato era proprio a qualche centinaia di metri da loro e lo tenessero sotto controllo fino a quando non sarebbe giunto il momento di intervenire.

Vogliamo crederlo, a dispetto di tutto: ma la circostanza che, negli ultimi tempi, Messina Denaro si spostasse quasi quotidianamente per andare a Palermo a fare le terapie di cui aveva bisogno, lascia molto perplessi giacché non si poteva escludere che in una delle quotidiane trasferte, il latitante avesse potuto prendere il volo.

E’ palese che Matteo Messina Denaro, se non avesse avuto i problemi di salute che ora ha (sembra sia un malato terminale di cancro), avrebbe continuato a vivere “in incognita” col nome di Andrea Bonafede, il quale gli aveva prestato la sua identità e le sue proprietà.

C’è un altro episodio che lascia riflettere: la mattina dell’arresto, dalla hall della clinica palermitana nella quale si curava, sembra che improvvisamente si sia allontanato a piedi per andare al bar; certamente i Carabinieri lo tenevano sotto stretta sorveglianza, ma nessuno poteva escludere una sua fuga all’ultimo momento: che avrebbe potuto accadere con un banale blocco stradale delle autovetture delle FF. OO; cosa che avrebbe potuto capitare anche sulle strade che da Campobello di Mazara lo portavano quotidianamente a Palermo.

E anche questa considerazione lascia sospettare che Messina Denaro abbia volontariamente voluto porre fine alla latitanza, decidendo di farsi arrestare, tesi a favore della quale c’è un ulteriore indizio, il fatto che sia stato lui a confermare subito chi fosse, ed a lasciarsi tranquillamente arrestare senza particolari difficoltà, retto sotto braccio da due Carabinieri, uno dei quali donna, e con qualche altro agente intorno, e tutti non sembravano particolarmente guardinghi della protezione delle armi nelle fondine.

In conclusione c’è più di un motivo che lascia pensare che la cattura fosse stata concordata, tant’è che, appena preso, è stato immediatamente caricato in un furgone blu che era lì in bella vista: se il tutto non fosse stato concordato, era possibile che il latitante, vedendo il furgone, non fosse entrato nella clinica e fosse schizzato via.

E veniamo alle poco credibili reazioni degli abitanti di Campobello di Mazara, Sindaco in testa, i quali, appena dopo la cattura, sono scesi in piazza per applaudire l’operato di Carabinieri e Polizia, e nei giorni successivi, con cortei e manifestazioni spontanee, hanno esultato per la cattura, e attestata la loro soddisfazione per essersi liberati di un personaggio così ingombrante: dimenticando i benefici da esso avuti?

Sembra infatti, secondo gli inquirenti, che Matteo Messina Denaro, crudele mafioso che non ha esitato ad autorizzare azioni efferate, tra le quali l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, era comunque una persona di grande intelligenza, che in quella cittadina non solo ha fatto tutto il possibile per farsi ignorare, ma ha beneficiato tutti evitando comportamenti che solitamente la criminalità organizzata pone in atto, ad esempio sottoponendo al “pizzo” commercianti e imprenditori,

Evidentemente il Sindaco e i cittadini, non si sono mai posti l’interrogativo: “Perché a noi non è mai stato chiesto niente?”

E’ credibile il giubilo della cittadinanza per l’avvenuta cattura del boss, con quelle manifestazioni al limite del ridicolo?

L’ultima volta che Matteo Messina Denaro era stato visto in libertà fu l’estate del 1993, quando era in vacanza a Forte dei Marmi con i suoi fidatissimi amici Filippo e Giuseppe Graviano.

In tutti questi anni sono tantissime le autorità che hanno preso parte alla ricerca di Matteo Messina Denaro, dalle procure italiane alla polizia in giro per il mondo.

Nel settembre del 2021 le forze speciali olandesi fecero una strana operazione in un ristorante dell’Aia, proprio alla ricerca del boss mafioso ma l’intervento finì con uno scambio e al posto del latitante fu arrestato un inglese.

Ma la considerazione che Matteo Messina Denaro fosse una persona intelligente e pure un abile imprenditore (i proventi criminali li investiva in lucrose attività ufficiali) non esclude che esso sia stato pure un criminale efferato e crudele, e non tanto per i delitti ai quali ha partecipato o per i quali ha dato la sua autorizzazione, le stragi di Capaci e Via D’Amelio e quelle parzialmente fallite del 1992, ma per episodi che potremmo definire marginali se non fosse per la loro crudeltà.

Come quello del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo che, dopo essere stato tenuto in isolamento per oltre due anni in rifugi fatiscenti, venne poi strangolato e sciolto nell’acido: reo di essere il figlio primogenito del mafioso Mario Santo Di Matteo, detto anche Santino, poi pentito e divenuto collaboratore della giustizia.

Il piccolo Giuseppe, nato a Palermo, 19 gennaio 1981, ammazzato a San Giuseppe Jato l’11 gennaio 1996, è una vittima innocente della mafia.

Rapito da Cosa Nostra all’età di dodici anni, dopo che il padre aveva cominciato a collaborare con la giustizia, fu tenuto in prigione per 779 giorni e, pochi giorni prima del quindicesimo compleanno, assassinato per strangolamento e sciolto nell’acido su ordine del capomafia corleonese Giovanni Brusca, avallato da Matteo Messina Denaro.

La storia di questa orrenda crudeltà, tra l’altro inutile, è stata raccontata nell’ ultima puntata di “Piazza pulita” condotta da Corrado Formilli su La7 giovedì 26 gennaio, durante la quale Stefano Massini, scrittore e drammaturgo italiano, ha raccontato l’agghiacciante ricostruzione processuale del sequestro del dodicenne Giuseppe Di Matteo, rapito per ordine dei boss nel novembre 1993 ma ucciso quasi tre anni dopo, e sciolto nell’acido.

Chi ha perso la puntata e ha stomaco forte, può rivedere il racconto di Massini, tratto dai verbali del processo, collegandosi al link https://www.la7.it/piazzapulita/video/cose-la-mafia-il-racconto-di-stefano-massini-26-01-2023-469647?fbclid=IwAR0xlEu2orV44vNNk7t0Qs9yD1Dg-clj0ab48NtL30mA0TpxSLP7HXzpftk.

Ma è opportuno avvertirlo che dovrà essere di stomaco forte per sopportare il racconto di quell’orrore, che si concluse con il soffocamento del bimbo il cui corpo venne sciolto nell’acido, e non si mai capito se fosse già morto oppure ancora in vita.

Noi siamo cristiani, pure se imperfetti, e seguiamo la dottrina della chiesa e gli insegnamenti di Papa Francesco il quale più volte ha detto “…chi siamo noi per giudicare…”.

Ma è difficile, ascoltando una tale ricostruzione di quell’inutile ed efferato delitto, astenersi dal giudicare, e ancora più difficile perdonare chi lo ha autorizzato e chi lo ha eseguito, che verranno giudicati dai Giudici del Supremo Tribunale.

Se fosse per noi, proprio perché cristiani imperfetti, i criminali come Matteo Messina Denaro e tutti gli altri sarebbero già nel peggiore girone dell’Inferno.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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