La Befana, le origini della festa: dai Celti ai Romani fino ai giorni nostri
La Befana, o Epifania (dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia), non è solo un mitico personaggio dell’immaginario, ma ha origini molto antiche che discendono dalle tradizioni magiche precristiane (celtica e germanica delle gelide e selvagge lande nordiche), prima di fondersi con elementi folcloristici della cultura popolare e cristiani.
Le radici di questa figura popolare affondano indietro nei tempi, quando veniva celebrato il passaggio al nuovo anno col solstizio invernale e la Madre Terra appariva nella sua forma di Dea Anziana. Oramai secca, Madre Natura era pronta ad essere bruciata come un ramo, per far sì che potesse rinascere dalle ceneri come giovinetta Natura, una luna nuova. Prima di perire però, la vecchina passava a distribuire doni e dolci a tutti, in modo da piantare i semi che sarebbero nati durante l’anno successivo.
In molte regioni italiane ancora oggi, in questo periodo, si eseguono diversi riti purificatori simili a quelli del Carnevale, in cui si scaccia il maligno dai campi grazie a pentoloni che fanno gran chiasso o si accendono imponenti fuochi, o addirittura in alcune regioni si costruiscono dei fantocci di paglia a forma di vecchia, che vengono bruciati durante la notte tra il 5 ed il 6 gennaio.
Durante l’Impero Romano l’imperatore Aureliano aveva proclamato il 25 dicembre “festa del sole” e per 12 giorni (fino cioè alla “dodicesima notte” del 6 gennaio) un tronco di quercia doveva bruciare continuamente perché dal carbone prodotto si sarebbero potuti trarre auspici sulla fortuna dell’anno successivo. La dodicesima notte si celebrava la morte e la rinascita della natura. I Romani credevano che in queste dodici notti (il numero era simbolicamente rappresentavo dei dodici mesi del nuovo calendario romano) delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti, da qui il mito della figura femminile che “vola nella notte”. Secondo alcuni, era identificata in Diana, la dea legata alla caccia e anche alla vegetazione; secondo altri era associata alle divinità minori di Sàtia, dea della sazietà, oppure di Abùndia, dea dell’abbondanza.
La religione cristiana, in seguito, ha cercato di annebbiare questa figura pagana, condannandola come frutto di influenze sataniche, anche se non vi è riuscita completamente e gradualmente è stata accettata dal Cattolicesimo. La si onora ancora come manifestazione dell’anno vecchio, come Strega del Solstizio d’Inverno che si sacrifica per cedere il posto alla giovane Fanciulla dei Fiori, portatrice della tiepida Primavera; ed i regali che ella elargisce sono visti come simboli dei buoni e positivi propositi per i mesi a venire.
La sua festa è molto preziosa perché è forse una delle uniche rimaste quasi intatte, nel corso del tempo e nonostante l’alterazione cristiana. E lo stesso la sua cara e tanto amata figura, eco delle divinità femminili che a lei hanno affidato la loro memoria perché non si spenga e continui a brillare.