Nessuno si allarmi, nessuna diavoleria in atto, men che meno una moneta digitale come le famigerate cripto-valute, gioia e delizia di tanti appassionati di guadagni facili: “performances” che spesso ci sono ma poi improvvisamente scompaiono, in un continuo alternarsi di guadagni astronomici seguiti da crolli vertiginosi; e chi si è affidato a tali sistemi si trova improvvisamente, nel giro di minuti se non di secondi, a registrare guadagni anche di mille contro uno, seguiti da perdite di uno contro mille.
Le cripto-valute sono pericolosissime, non sono basate su alcun bene di sottofondo, (la Lira, ad esempio, era basata sulle riserve auree custodite dalla Banca d’Italia, parte delle quali ora sono custodite dalla BCE), sono regolate da meccanismi informatici, generalmente allocati nel dark-web, che mutano in continuazione, e sono molto difficili da seguire.
I grafici che mostrano le variazioni delle cripto-valute sono paragonabili a quelli prodotti dai sismografi durante una attività tellurica intensa e devastante.
Ecco il motivo di diffidare nel modo più assoluto di tali valute, come abbiamo avuto modo di dire più volte.
In questa occasione, invece, desideriamo informare i nostri lettori che la Banca Centrale Europea, nel prossimo mese di ottobre, concluderà uno studio, iniziato a luglio del 2021, sulla possibilità di emettere, oltre alle banconote e monete “reali” (quelle già in circolazione da gennaio 2002 – che vanno dal metallico centesimo alla cartamoneta da 500 euro), anche l’euro cosiddetto “digitale”.
Vediamo di cosa si tratta, riportando notizie tratte dal numero di febbraio di “Leggi illustrate”.
Attualmente, nei nostri portafogli trovano già posto monete e banconote denominate euro, sin dal 2002.
Ma nei portafogli ci sono anche altri strumenti di pagamento.
Ad esempio le “carte di debito” (la tessera bancomat, che addebita immediatamente le nostre spese sul conto corrente), o anche le “carte di credito” (con le quali il costo dei singoli acquisti è, invece, addebitato alla fine del mese, o a una data precisa del mese successivo, e con facoltà di un pagamento rateale.
Taluni di questi strumenti di pagamento hanno supporti, forme e funzioni diverse: si pensi alle carte di credito o di debito solo “virtuali” (non esiste neppure il “badge” di plastica da conservare nel portafogli, poiché questo strumento è destinato a consentire l’esecuzione di pagamenti in Internet), oppure carte che sono incorporate in alcuni strumenti innovativi (ad esempio, in applicazioni scaricate sui nostri telefoni cellulari, o in taluni orologi ad essi collegati).
Ora la Banca Centrale Europea ha ipotizzato di lanciare sul mercato finanziario un nuovo strumento di pagamento che affiancherebbe il contante senza sostituirlo: il contante continuerà a essere disponibile nell’area dell’euro, ma il nuovo “euro digitale” risponderebbe alle nuove esigenze dei consumatori in termini di strumenti di pagamento digitali rapidi e sicuri.
Non dovrebbero esserci ripercussioni negative per il settore bancario, poiché l’euro digitale dovrà costituire soprattutto un mezzo di pagamento e non uno strumento di investimento, e nella sua gestione saranno comunque coinvolti intermediari sottoposti alla vigilanza delle istituzioni bancarie europee e nazionali.
L’euro digitale sarebbe la moneta della Banca Centrale, da essa garantito, per soddisfare le esigenze dei cittadini: sarebbe privo di rischi e rispetterebbe la privacy e la protezione dei dati.
La BCE dovrà assicurare la stabilità del sistema, poiché le banche centrali hanno il mandato di preservare il valore della moneta, indipendentemente dalla sua forma, fisica o digitale.
L’euro digitale non sarebbe, in sostanza, una valuta alternativa, ma solo un altro mezzo di pagamento in euro, utilizzabile in Europa (e, previa conversione, anche all’estero: esattamente come ora).
Il problema principale, a oggi, è quello della tecnologia da impiegare per la realizzazione e la conservazione di un euro digitale (ma non è stata presa alcuna decisione al riguardo).
I consumatori europei (segnatamente, negli Stati del Nord Europa, principalmente la Svezia) sembrerebbero molto orientati a ridurre le transazioni con monete e banconote fisiche, e in quelle regioni già si osserva un’enorme diffusione dei pagamenti elettronici (con le carte di debito e credito): l’euro digitale sarebbe un mezzo di pagamento digitale altrettanto sicuro (garantito direttamente dalla BCE), facile da usare e a basso costo come oggi il contante (per le banche emittenti, al netto dei costi di stampa e distribuzione di banconote e monete).
D’altro canto, l’euro digitale potrebbe essere utilizzato gratuitamente dai cittadini (che oggi, invece, pagano alla propria banca un canone annuale per il bancomat o la carta di credito) per le operazioni di pagamento essenziali in tutta l’area dell’euro.
In un mondo in cui i cittadini ricorrono sempre più ai pagamenti elettronici (tranne l’Italia che è uno dei paesi più restii all’utilizzo della moneta elettronica), e in cui il mercato dei pagamenti digitali continua a crescere, un euro digitale offrirebbe a tutti –famiglie e imprese, piccole e grandi– un’ulteriore soluzione di pagamento in moneta unica di banca centrale.
Agli esercizi commerciali e alle piccole imprese un euro digitale fornirebbe un’altra modalità per ricevere pagamenti dalla clientela. Inoltre un euro digitale potrebbe rendere disponibili funzionalità avanzate, come il pagamento automatizzato o l’applicazione di una qualche forma di identità digitale.
Come detto, il lavoro di studio sarà completato entro ottobre 2023; a quel punto il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea deciderà se passare alla fase successiva, dedicata allo sviluppo di servizi integrati e alla conduzione di test ed eventualmente di sperimentazioni pratiche.
Questa ulteriore fase potrebbe richiedere circa tre anni.
In ogni caso, così rispondendo alle obiezioni di cittadini molto attenti alla protezione dei propri dati personali (e fugando i dubbi dei soliti “complottisti”), la Banca Centrale Europea non ha alcun interesse a raccogliere dati sui pagamenti dei singoli utenti, né a tracciare le abitudini di pagamento o rendere noti questi dati a enti e istituzioni pubbliche; del resto, questi dati sono oggi già noti ai soggetti privati, quali banche e società emittenti delle carte di credito e debito, cui ci stiamo affidando.
Ma sia questi ultimi, sia la Banca Centrale Europea, sono vincolati da precise norme a tutela della riservatezza dei dati personali degli utilizzatori degli strumenti di pagamento elettronici.
Una privacy elevata potrebbe essere assicurata in molti modi: ad esempio, l’identità degli utenti potrebbe essere custodita separatamente dai dati sui pagamenti, consentendo solo alle unità di informazione finanziaria di accedervi, nell’ambito di un quadro giuridico definito, per individuare il debitore e il beneficiario in caso di sospetta attività illecita.
Se ora la BCE deciderà di passare alla fase di sperimentazione, che avrà la durata di circa tre anni, ciò sta a significare che ne riparleremo nel 2026.