La nostra epoca, non ci possiamo – forse – fare niente, è dominata, letteralmente, dal tempo Presente. Qualche sprazzo, tra un selfie e un altro, di Futuro ma, soprattutto, quasi niente o pochissimi frammenti di Passato.

Siamo talmente abituati a vivere nella dimensione del Presente, sia fisico che digitale e, ahimè, artificiale, che del Passato, inteso come insieme denso di conoscenze e tradizioni che si fanno Storia con la S grande, non sappiamo concretamente che ce ne dobbiamo fare.

Qualche giorno fa cadeva l’8 Settembre, una delle ricorrenze più rilevanti della Nostra Storia di Paese democratico. L’8 Settembre del 1943, infatti, venne reso pubblico l’Armistizio che iniziò a chiudere, dopo la guerra fratricida della Resistenza, uno dei capitoli più neri della nostra storia. Da qui, per fortuna, se ne aprirono altri animati dalla speranza, comune e condivisa, di buttarsi dietro il Peggio e rimboccarsi le maniche per ricostruire, a livello morale e materiale, un Italia che era al lumicino.

Dalla seconda guerra mondiale, infatti, il Paese ne esce stremato e, in un certo qual modo, si rimette in carreggiata grazie a quell’ingegno tipicamente italico che viene fuori nei momenti di massima ed estrema difficoltà: grazie alla lungimiranza dei governanti e della “classe dirigente” dell’epoca l’Italia, Paese concretamente sconfitto, riesce a sedere al tavolo dei negoziati dei Paesi vincitori e si inserisce nella costruzione di un sistema di interdipendenze internazionali (tra cui il processo di integrazione europea che prende slancio nel 1957 con i Trattati di Roma) grazie al quale riesce a svilupparsi e a crescere.

Non occorre essere celebrativi di questo o di quel personaggio né tantomeno, cosa pericolosa, essere nostalgici. Basta però focalizzare l’attenzione sul fatto che l’8 Settembre, quest’anno, sia trascorso quasi in sordina nonostante il suo significato sia profondamente molto attuale.

L’8 settembre racconta di un’epoca tra le più cupe in cui, prima di tutto, l’indifferenza e la “sonnolenza” rispetto a quello che stava succedendo hanno avuto la meglio spianando la strada al governo, tribale, del “più forte” e a un uso sistematico della “violenza” sia verbale che, soprattutto, fisica.

Già basta questo, forse, per capire quanto e perché sia ancora oggi attuale la ricorrenza dell’8 Settembre.

La Storia, non me ne voglia il Grande G.B. Vico, non è semplicemente fatta di “corsi e ricorsi” perché prima di tutto sono gli individui che, con le loro azioni e le relative conseguenze inintenzionali, ne disegnano in un certo qual modo lo scorrimento.

Può essere, tuttavia, come accade con gli acquazzoni e gli Inverni che prima o poi ritornano, che alcuni sentimenti, fatti di Paura e Tenebra, riemergano dagli Abissi e, ingeriti e respirati, inizino a influenzare gli avvenimenti o meglio la comprensione che se ne ha di essi.

Per questo, e forse per nient’altro, leggiamo, studiamo e, pure se non ce ne rendiamo conto, ci appassioniamo alla Storia.

Per restare vigili e non cadere addormentati e Indifferenti grazie agli insegnamenti, sacrosanti, dei fallimenti del Passato.

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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