scritto da Nino Maiorino - 16 Ottobre 2023 07:29

Israele e la Palestina: il cane pazzo si è svegliato

Attacco israeliano alla Palestina e obiettivi sensibili da proteggere

C’è un vecchio proverbio che recita “non destare il can che dorme”, certamente noto non solo in Italia.

Noi aggiungeremmo “…specialmente se pazzo” ricordandoci dell’aforisma del Generale Moshe Dyan in occasione della “Guerra dei sei giorni” del 1967.

L’abbiamo scritto nel precedente articolo del 14 scorso (https://www.ulisseonline.it/controluce/guardati-dal-cane-pazzo/)

annunziando che la reazione di Israele all’attacco di Hamas (acronimo di Movimento Islamico di Resistenza) di sabato 7 ottobre sarebbe stata feroce, come di fatto è.

Ora c’è chi sostiene che la stessa sia stata eccessiva, probabilmente sono gli stessi che hanno gioito per gli oltre 5mila missili lanciati dalla striscia di Gaza contro Israele, e che non hanno menzionato, forse per distrazione, le violenze degli armati di Hamas nei confronti degli israeliani assaliti nei Kibbutz israeliani del sud, che non hanno risparmiato i bambini, alcuni decapitati, si è parlato di una nuova strage degli innocenti di biblica memoria.

L’odio si esprime in tanti modi, anche con la distrazione.

Premettiamo che nel precedente articolo abbiamo scritto che gli abitanti di Israele sono 3,5 milioni, ne approfittiamo per precisare che effettivamente sono 9,5 milioni (da Wikipedia).

Ma vogliamo tornare a quanto ha scritto, in data 11 ottobre scorso, Lucio Caracciolo, in un articolo illuminante (vedi Repubblica dell’11.10. scorso: https://www.repubblica.it/commenti/2023/10/11/news/israele_emergenza_permanente-417475389/ ), per poi proseguire con i pericoli che l’attuale conflitto tra Hamas e lo Stato di Israele per il nostro paese.

Lucio Caracciolo asserisce che l’azione di Hamas che ha scatenato l’attuale guerra (non si saprebbe come altro chiamarla) è stata causata anche da una crisi di identità dello Stato ebraico, derivante dalla sua politica recente e non, che porta i suoi nemici a identificarlo non più pericoloso come una volta.

I guerriglieri di Hamas hanno ritenuto che, per la sua debolezza, Israele sia diventato molto vulnerabile e l’hanno attaccato.

Israele ora si trova davanti a un bivio: se l’esercito entrerà a Gaza per combattervi una battaglia vicolo per vicolo, casa per casa, rovina per rovina, sarà un massacro di civili e di ostaggi, già stremati, e in caso di sconfitta Israele ne uscirebbe sconvolta; in caso di vittoria Israele dovrebbe restare a governare due milioni di Palestinesi, o lascarli andare, cosa che sta già avvenendo: ma dove?

Intanto il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha ordinato un “assedio completo” su Gaza: via l’elettricità e stop all’ingresso di cibo e benzina nel territorio palestinese.

Ma dopo questo evento nulla sarà più come prima, e lo Stato di Israele deve decidere cosa vuol fare delle terre degli arabi che controlla, e quale dovrà essere il futuro della Palestina, anche tenendo presente che non tutti i palestinesi sono terroristi come quelli di Hamas, e che la stessa unità politica palestinese è condizionata da tale organizzazione che si muove in maniera autonoma.

C’è il sospetto che l’Autorità politica palestinese sia tenuta artificialmente in vita dallo Stato di Israele il quale, risolto il problema di Hamas (Israele con attacco aereo ha raso al suolo una torre di 14 piani che ospitava gli uffici di Hamas e avrebbe colpito più di 1.000 obiettivi a Gaza), potrebbe avviare serie trattative finalizzate alla convivenza pacifica dei due stati.

La conseguenza di questo ragionamento è che lo Stato di Israele è obbligato, indipendentemente dalle considerazioni di natura umanitaria, a intervenire con tutta la violenza possibile, tendente alla distruzione di Hamas, a tutti i costi, anche per evitare che una vittoria di quest’ultimo sul campo possa ribaltare la situazione interna determinando il riconoscimento di Hamas come unica rappresentanza palestinese in sostituzione di quella politica.

In effetti l’esercito israeliano è già intervenuto in maniera molto violenta nelle ultime ore, e per i palestinesi sarà sempre più dura, il peggio deve ancora arrivare.

Non sono da sottovalutare altre considerazioni.

Una è che le spalle dello Stato ebraico sono coperte dal sostegno degli USA, che immediatamente ha inviato due portaerei, una delle quali sembra la più grande al mondo.

L’estensore di questo articolo, che è nell’alta Calabria al confine con la Basilicata, appena dopo l’attacco di Hamas a Israele, ha sentito per oltre due giorni i rombi di aerei che non si vedevano, mezzi supersonici che volavano ad altezza tale da essere invisibili, ma il cui rombo era ben percepito: a chi appartenessero, perché si spostassero continuamente, quale ruolo avessero nell’attuale situazione di conflitti nel medio oriente (non dimentichiamo la guerra in Ucraina) non è dato sapere.

L’altra considerazione è che l’esercito ebraico è non solo bene armato e organizzato, ma sembra custodisca decine di testate nucleari che hanno il loro peso.

Vero è che alle spalle di Hamas c’è l’Iran, che pure è una potenza nucleare, ma nel mondo arabo non c’è unità di intenti nei confronti dello Stato di Israele perché diversi Stati arabi vorrebbero vivere in pace, e tanti sono gli accordi sottoscritti o in via di sottoscrizione; in sostanza tra gli Stati arabi non sono pochi quelli “amici” di Israele.

E questo è un peso importante perché tutto l’occidente, a partire dagli USA e dall’UE, sono solidali con lo Stato di Israele, una solidarietà quasi monolitica.

È chiaro che ognuno si gioca le carte che ha, e, considerando che Hamas non è un vero esercito ma piuttosto un gruppo terroristico, non è improbabile che possa ricorrere ad atti terroristici nei paesi che appoggiano Israele, cosa che è già avvenuta nei giorni scorsi in Francia, anche se da parte di fanatici male armati: ma l’appetito viene mangiando.

Tutti i paesi europei sono alle prese con piani di sicurezza degli obiettivi sensibili

E anche in Italia, che corre lo steso rischio, il Governo sta predisponendo piani di emergenza per la sicurezza di tanti obiettivi sensibili nelle varie nostre città.

Il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, riunitosi domenica 15.10.2023 al Viminale, ne ha evidenziato oltre 28 mila, tra i quali centinaia legati direttamente a Israele; questi includono principalmente sedi diplomatiche, luoghi di culto, e punti di interesse commerciale; l’attenzione è particolarmente alta per consolati, sinagoghe, scuole e musei associati allo Stato di Israele.

Le misure di sicurezza sono amplificate in quanto, nonostante l’accento posto sugli obiettivi legati a Israele, la riunione al Viminale ha sottolineato la necessità di rafforzare la vigilanza in modo comprensivo; il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha evidenziato l’importanza di prepararsi per “mesi difficili”; la sicurezza è stata potenziata in luoghi diplomatici, luoghi di culto, e in tutti gli spazi che potrebbero attrarre grandi folle, come stazioni e aeroporti.

Una circolare inviata a prefetti e questori ha enfatizzato la necessità di rafforzare la vigilanza e la sicurezza, in particolare per obiettivi legati a interessi israeliani, ebraici e palestinesi.

Ovviamente le città più grandi sono quelle maggiormente esposte.

In Italia, esistono numerose sinagoghe a testimonianza di una presenza ebraica che risale all’epoca romana.

Roma è la città più a rischio in questo senso, perché ospita il secondo ghetto ebraico dopo quello di Venezia del 1516: quello romano è datato 1555.

Quindi Roma, con il suo ricco patrimonio ebraico, è tra le città con il livello di allerta più alto.

La Città Eterna ospita ben 17 sinagoghe e sono stati rafforzati i presidi di sicurezza nella zona della Sinagoga dell’Ambasciata e delle altre residenze diplomatiche; la vigilanza riguarda anche le sedi di rappresentanza dello Stato palestinese, all’Aventino, a Villa Gordiani e a San Giovanni.

Oltre alla Sinagoga principale, possiamo citare il Tempio Maggiore, aperta al culto, il Portico d’Ottavia, la Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, l’Oratorio Di Castro, il Tempio dei giovani.

Nella Capitale, non si assisteva a un simile livello di controllo dagli attentati di Bruxelles del 2014 e di Parigi del 2015.

Anche nel resto del Belpaese sono sotto stretta attenzione ambasciate e consolati.

A Milano massima allerta nel cuore del vecchio quartiere ebraico, dove si trovano collocati la Sinagoga del Beltrami, il Memoriale della Shoah, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC), il Giardino dei Giusti e la newyorkese Casa 770.

A Venezia, il ghetto ebraico è il primo d’Europa; a renderlo unico sono le 5 sinagoghe che vi sono concentrate, anche se oggi solo 2 sono aperte al pubblico.

Altre importanti sinagoghe si trovano nell’area degli antichi ghetti ebraici: in particolare a Padova c’è la Sinagoga di rito haskenazita, del 1682, oggi museo ebraico.

In Piemonte, a Casale Monferrato, Carmagnola e Cherasco; in Emilia-Romagna, le Sinagoghe e il museo ebraico di Ferrara, perfettamente integri; in Toscana, a Siena e Pitigliano; nelle Marche, ad Ancona, Pesaro, Urbino e Senigallia; in Friuli Venezia Giulia la Sinagoga di Trieste, aperta al culto; In Campania la Sinagoga di Napoli.

Sebbene non ci siano “evidenze concrete e immediate” di minacce, il Governo italiano rimane vigile.

L’attenzione è rivolta anche alla possibile infiltrazione di terroristi tra i flussi migratori e alla vigilanza di internet per intercettare segnali di pericolo.

Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato: “Stiamo facendo tutto ciò che si deve fare per garantire la sicurezza; non c’è un rischio imminente ma nulla va sottovalutato”.

Per le emergenze sono stati divulgati i seguenti numeri:

  • Ambasciata d’Italia a Tel Aviv: tel. 00972 (0) 54 8803940 e 00972 35301901
  • Consolato Generale a Gerusalemme: tel 00972 (0) 505 327166 e 00972(0) 547 688399
  • Unità di Crisi, sempre raggiungibile al tel. 0039 0636225.
Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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