Matteo Salvini ha “preso il piccio “vuole il “suo” ponte e Giorgia Meloni fa la faccia amara!
Quando il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, Matteo Salvini si è buttato a capofitto sulla faccenda, quasi che fosse stato un deliberato definitivo, senza tener conto che la delibera è stata assunta “salvo intese” e quindi potrebbe essere sostanzialmente modificata, anche perché servono rilevanti approfondimenti tecnici.
Siamo alle solite bagattelle, Salvini, Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, fa i capricci (piccio = capriccio n.d.r.) , batte i piedi, vuole i “suo” ponte, e Giorgia Meloni lo guarda in cagnesco, al momento non ha il coraggio di dire “aspetta”, ma comunque gli esprime con in viso corrucciato le sue perplessità, per non dire contrarietà.
Ma Matteo Salvini non ci sta, e batte i piedi; “il ponte si deve fare, senza se e senza ma” e entro il 2024 promette che sarà pronto il progetto esecutivo, e che entro un quinquennio sarà costruito.
Questo è quanto: dai ad un Ministro il “portafoglio” e magari ti ritrovi col tuo portafoglio che piange.
Qualche anno fa qualcuno scriveva: «Il 90% dei treni in Sicilia è a binario unico e la metà va a gasolio. Ora, una persona normale, in una regione che ha questa situazione, si occupa del ponte, o di far funzionare i treni? […] La Sicilia è una terra stupenda, ma lei sa che da Trapani a Ragusa sono dieci ore e mezzo di treno? E noi pensiamo al ponte? No, io sono contrario».
Era settembre del 2016 e così parlava “una persona normale”, quel Matteo Salvini che a Rai Radio1 commentava la proposta di Matteo Renzi, Presidente del Consiglio, che non volle far mancare –come tutti i suoi predecessori a eccezione di Romano Prodi– l’idea di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, proposta ancora una volta riposta nel cassetto anche a causa della caduta del suo governo tre mesi dopo. Ci sono voluti sette anni per dichiarare alla stessa emittente, dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri del decreto per la realizzazione del ponte, che i lavori cominceranno nell’estate del prossimo anno. Una giornata storica per il Ministro delle Infrastrutture, questa volta convinto che il ponte resti in piedi, passando quindi da normale ad anormale, almeno seguendo la logica salviniana.
Un’euforia per nulla condivisa dalla Presidente Meloni, evidentemente più interessata a non aggiungere il suo nome al lungo elenco di quanti sono ricordati maggiormente per non aver mantenuto gli impegni assunti.
L’opinionista Antonio Salzano ha scritto sul suo blog: “Davvero paradossale dover assistere al teatrino delle menzogne e delle contraddizioni più evidenti, con il Segretario della Lega, della parte politica dei Borghezio, Castelli, Zaia e perfino di quel Calderoli regista dell’Autonomia differenziata, meglio conosciuta come spacca-Italia, che parla della necessità di unire il Paese anche attraverso quella struttura di cemento e acciaio a proposito della quale Milena Gabanelli, in un articolo per il Corriere della Sera, ha indicato in circa 1,2 miliardi il costo per il ponte che non si è fatto e in 6/7 miliardi il costo per quello che si dovrebbe fare, secondo quanto dichiarato da Salvini, in una previsione che la stessa Gabanelli si chiede da dove sia uscita.
“Uno spreco di risorse pubbliche che i governi succedutisi nei decenni scorsi hanno alimentato fino al 2013, quando il Presidente del Consiglio Monti decide di rinunciare alla realizzazione del ponte liquidando la società incaricata da anni con la previsione di conseguenti penali e indennizzi da capogiro.
“A sorpresa, i governi Conte e Draghi resuscitano la società: il primo stanziava 50 milioni e l’altro dispose altri studi di fattibilità fino ai giorni nostri, con l’annuncio che il ponte sullo Stretto per l’esecutivo in carica costituisce una priorità e il decreto legge appena approvato che prevede, entro la fine di luglio del prossimo anno, l’approvazione del progetto esecutivo e il completamento della struttura in cinque anni.
“Secondo il sottosegretario Edoardo Rixi –scrive ancora Salzano- sono previsti, inoltre, anche 500 milioni del PNNR per la rete ferroviaria e i traghetti per il collegamento veloce tra le regioni Calabria e Sicilia, augurandoci che buona parte di queste risorse sia impiegata per l’ampliamento e la modernizzazione della rete ferroviaria siciliana esistente, nota per i tempi biblici per il collegamento tra le varie province”.
Non meraviglia l’inversione di opinione di Salvini perché non è la prima e certamente non sarà nemmeno l’ultima, ma che sia proprio convinto che il ponte sullo Stretto si realizzerà pochi lo credono, noi compresi.
Ma a nostro avviso nemmeno lui ci crede, e il fatto che insista tanto per il Ponte deriva da tutt’altro motivo, che col ponte non ha nulla a che fare.
Negli ultimi tempi Matteo Salvini, nonostante sia uno dei due Vicepresidenti di questo governo, sembra relegato in un cantuccio che non gli offre molta visibilità; nel fattaccio della strage di Cutro il palcoscenico è stato tenuto dal Ministro degli interni Piantedosi, poi è subentrato il Presidente Mattarella, che ha surclassato tutti, poi è stata tirata per il bavero la Meloni che, come di consueto, attacca a testa bassa tutti quelli che accusano lei e il suo governo di essere i responsabili di quella strage, non perché l’abbiano voluta, ma perché non hanno fatto il possibile per evitarla (se non è zuppa è pan bagnato dice il proverbio).
Comunque Salvini è rimasto quasi nell’ombra, con l’aggravante della sua responsabilità in quanto il suo Dicastero coordina la Guardia Costiera, e ha ritenuto il rilancio della costruzione del Ponte l’occasione per uscirne.
In base al deliberato del C.d.M., per la realizzazione del ponte si ripartirà dal progetto definitivo approvato il 29 luglio del 2011 dall’allora società concessionaria, il quale verrà adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali.
E il nuovo iter autorizzativo dovrà bollinare (sancire la sostenibilità della spesa: n.d.r.) il ponte strallato (cioè sostenuto da cavi: n.d.r.) più lungo al mondo, con una lunghezza pari a 3,2 km tra Villa San Giovanni e Messina.
Si parla infatti di un’opera green, volta a ridurre l’inquinamento di anidride carbonica: allo stesso tempo, l’opera consentirebbe un consistente risparmio di tempo e denaro a tutti coloro che devono attraversare lo stretto, così come ha sottolineato dal Vice-premier Salvini.
Il Ponte, grazie alle sue caratteristiche, potrà rivelarsi inoltre anche un’importante attrazione turistica: il progetto esecutivo verrà approvato entro il 31 luglio del 2024, mentre per le tempistiche di realizzazione si parla di circa cinque anni: tenendo conto della lentezza della realizzazione delle opere pubbliche in Italia, il quinquennio sembra una utopia.
Più volte sul via dell’approvazione, il progetto non è mai riuscito veramente a partire, nonostante la necessità di collegare la Calabria alla Sicilia risalga alle Guerre Puniche e abbia caratterizzato ogni governo ed ogni epoca italiana.
Il ponte sullo Stretto sembra un concentrato di record: le torri, composte da due gambe, che sosterranno i cavi, saranno alte 399 metri, mentre la larghezza dell’impalcato è di 60 metri. Il ponte sarà costituito da tre cassoni longitudinali indipendenti, due per le carreggiate stradali e uno per i due binari ferroviari, collegati da traversi.
In totale, sono previste due corsie di marcia e una di emergenza per direzione.
E’ difficile fare una valutazione precisa dei costi per la realizzazione del ponte che sono stimati fra i 6 e i 7 miliardi di euro.
La società concessionaria individuata è, per altri 30 anni, la “Stretto di Messina spa”, resuscitata dall’ultima legge di bilancio dopo la messa in liquidazione nel 2013, ma cambia l’assetto societario.
La “nuova e più moderna “governance” prevede una solida partecipazione del MEF – Ministero dell’Economia e Finanze, che partecipa per oltre il 51%, affiancato da RFI – Rete Ferrovie Italiane , Anas, Regioni Sicilia e Calabria, ma il MEF esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il MIT – Ministero Infrastrutture e Trasporti, cui sono attribuite funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa sulla società e sulle attività oggetto di concessione.
Per il WWF è un’opera “fallimentare, dai costi mai chiariti”, per Legambiente “un’inutile opera faraonica” e per i Verdi “il frutto della megalomania di Salvini”.
Inoltre, sul fronte politico, mentre la maggioranza esulta, le opposizioni, invece, si dividono nei giudizi.
Il Terzo Polo, con Raffaella Paita, è favorevole, ma chiede di “passare, ora, dalle parole ai fatti”; si dice fermamente dubbioso il Pd che irride: “È un ponte immaginario e salvo intese”.