scritto da Nino Maiorino - 16 Settembre 2023 06:54

Il “Parco Verde” di Caivano e don Maurizio Patriciello

Don Maurizio Patriciello, una delle poche speranze per Caivano

Spesso pubblichiamo storie di violenze, torture, assassinii, andando a consultare siti web specializzati che ci informano su tali crimini commessi in ogni parte del mondo, storie che i lettori sembrano apprezzare.

Ma probabilmente perdiamo di vista le storiacce  a pochi passi da noi, come, ad esempio, quelle che accadono quotidianamente a Caivano, al nord della città metropolitana di Napoli, confinante con la provincia di Caserta, una città di circa 38.mila abitanti  che, sebbene di antiche origini perché risaliente al VI secolo a.C., che  reperti storici e archeologici di notevole importanza dimostrano, oggi sembra nota solo a se stessa, ed è divenuta uno dei simboli di un degrado urbano e morale rappresentato dal tristemente noto Parco Verde, che sembra sia una delle più grandi piazze di spaccio di droga d’Europa, e noto per le atrocità che si verificano quotidianamente ai danni di tutti gli abitanti dello stesso e specialmente di bimbi che sembrano diventati le vittime preferite dei mostri, in particolar modo se femminucce.

Oggi sono sotto i riflettori le due cuginette, di 11 e 12 anni, vittime di stupri di gruppo da parte di minorenni, figli di boss della criminalità organizzata, protrattisi nel tempo, filmati e diffusi in rete tramite il dark-web, del quale abbiamo parlato nel settembre 2020 (https://www.ulisseonline.it/controluce/le-storiacce-abusi-e-torture-a-morte-di-bambini/),  gruppo di siti internet nascosti e accessibili solo tramite browser specializzati sui quali vengono pubblicate anche atrocità indicibili, la spazzatura della rete che purtroppo costituisce circa il 95% della stessa.

Ora sembra che a quegli stupri abbia partecipato anche un maggiorenne, secondo quanto pubblicato il 15.9 da “Il Mattino” di Napoli.

 

Ma i riflettori e i binocoli su Caivano e sul Parco Verde vennero puntati qualche anno fa, quando Fortuna Loffredo, chiamata Chicca, una bimbetta di soli 6 anni, rifiutò di essere ulteriormente abusata, e gli ultimi secondi della sua breve esistenza li passò a difendersi dal corpo ingombrante del suo aguzzino, il quale si vendicò scaraventandola giù dal terrazzo che copre l’ultimo piano di uno di quei fabbricati.

Era l’inizio di giugno 2014, l’aguzzino era Raimondo Caputo, soprannominato Titò, un habitué di queste nefandezze, tant’è che nel luglio 2017 venne condannato all’ergastolo per i reati di omicidio e violenza sessuale.

Un anno prima della morte di Fortuna, il 27 giugno 2013, un altro bambino, Antonio, era precipitato dal settimo piano di quello stesso palazzo.

Per la terribile vicenda la madre del bimbo, Marianna Fabozzi, finì nel mirino dalla Procura di Napoli con l’ipotesi di reato per omicidio colposo: il figlioletto, secondo la versione ufficiale, si sarebbe messo a giocare vicino una serranda semi-alzata finendo per cadere nel vuoto.

Una strana convergenza, molto più che una tragica fatalità, accomuna la drammatica sorte dei due piccoli, Fortuna e Antonio.

Bisognava scavare più a fondo, bisognava guardare oltre quel muro di omertà che avvolge, come le cinta di un fortino, i palazzoni del Parco Verde.

Era legittimo e forte il sospetto che in quel labirinto di cemento avvenissero “cose strane”: così vennero piazzate microspie e interrogati tutti i residenti.

Nessuno parlò, non sapevano nulla.

Ma una amichettadi Chicca ricostruì tutto ciò che aveva visto e che era accaduto.

Ad ascoltarla ci furono gli inquirenti e una psicologa.

Pm: “È mai capitato, in una di queste volte che siete rimasti soli, in cui succedevano queste cose, come dici tu, quando ti violentava, di avere parlato della vicenda di Chicca?”

Amichetta: “Sì, quando a me mi violentava. Diceva: ‘Sì, sono stato io, l’ho violentata e l’ho uccisa’”.

Pm: “A chi?”

Amichetta: “A Chicca”.

La bambina raccontò e descrisse, con dovizia di particolari, le ultime ore di vita di Fortuna Loffredo: il tentativo di violenza, la reazione della piccola e il volo dall’ottavo piano del palazzo.

Per il gip le sue dichiarazioni, e gli elementi che furono riferiti, erano “assolutamente illuminanti ed inoppugnabili”.

Il 7 luglio del 2017, Raimondo Caputo venne condannato all’ergastolo dalla quinta sezione della Corte d’Assise per l’omicidiodi Fortuna Loffredo.

Caputo venne accusato anche di aver abusato sessualmente della stessa Chicca e di due delle tre figlie minori della ex compagna, Mariana Fabozzi la quale, imputata per non aver impedito gli abusi, ebbe una condanna a 10 anni di reclusione.

La storia di Chicca è stata anche riportata in un lungometraggio dal regista Nicolangelo Gelormini, aspramente criticato dalla famiglia Loffredo, che ha intrapreso un’azione legale.

Abbiamo ritenuto di soffermarci sui dettagli, veramente disgustosi, di queste storie per dimostrare quanto è profondo il degrado, principalmente morale, in quel parco, complici, per assuefazione e ignoranza, anche i genitori i quali non si sono mai ribellati ai mostri, che non li hanno mai denunciati anzi, al momento opportuno, li hanno coperti.

Orrore che si accompagna ad orrore: come può una mamma che sa cos’è accaduto a sua figlia, sa chi è stato l’orco, non ribellarsi, non denunziare, lasciar correre?

E torniamo al titolo di questa riflessione, a don Maurizio Patriciello che, in tanto degrado, viene considerato una delle poche speranze di riscatto da quell’orrore, che per il suo comportamento viene considerato dai delinquenti e spacciatori di droga un pericolo per i loro affari, tant’è che è da anni sotto scorta.

Perché, nonostante tutto il degrado esistente, c’è chi vuole riscattarsi da tutto ciò e avviare una ripresa di vita normale, un quartiere dove ci siano negozi, servizi sociali e pubblici, palestre.

Ma chi è don Maurizio Patriciello?

Una domanda questa che in molti si saranno fatta visto che la figura di questo parroco, da anni in campo contro la camorra, nelle ultime settimane è diventata centrale dopo l’ennesimo caso di violenza a Caivano e il relativo intervento del governo con un omonimo decreto legge per contrastare la criminalità che prospera nella zona.

Don Maurizio Patriciello infatti è parroco nel quartiere del Parco Verde di Caivano, ed è per il quartiere una delle poche speranze di riscatto, affinché di esso non si parli più solo per i fatti di cronaca nera.

Noi abbiamo conosciuto questo prete di frontiera esatamente dieci anni fa, in occasione di uno scontro che egli ebbe nel 2013 con il Prefetto di Napoli di allora, che gli urlò contro risentito perché il prete si ea permesso di interpellarlo dimenticando il titolo “Eccellenza” allorquando don Maurizio gli andò a denunciare i roghi tossici della pure famosa, in negativo, “Terra dei fuochi”.

Quell’episodio ci colpì profondamente evidenziano l’arroganza del potere che badava, e bada, alla forma piuttosto che alla sostanza.

Ed è per questa ragione che abbiamo apprezzato l’attuale Premier Giorgia Meloni la quale, anche nel caso dei recenti episodi del Parco Verde, non ha negato la sua presenta, unitamente ad alcuni Ministri, in quel luogo, ricevuta da uno sparuto gruppo di abitanti guidati proprio da don Maurizio Patriciello il quale, come è suo solito, ha apprezzato l’interessamento della Premier, ha detto di essere soddisfatto, ma ha anche avvertito che, se quella visita si rivelasse solo un fatto formale, non esiterà a denunciarlo.

In effetti don Patriciello è un prete di strada, nel senso più nobile del termine, perché da quando è divenuto sacerdote ed è stato inviato a Caivano, si è sempre occupato dei problemi degli umili, degli ultimi, dei deboli, di quelli senza voce che se si permettono di rivolgersi ad una autorità senza usare i termini appropriati vengono insolentiti.

Don Patriciello è nato a Frattaminore (a quattro chilometri da Caivano) nel 1955, e la sua vita è molto particolare.

Fino a 30 anni infatti ha lavorato come paramedicovicino alla sua abitazione.

Poi un giorno offrì un passaggio a un frate francescano, uno di quelli che girano scalzi, facendo autostop e onorando il voto di povertà.

Quell’incontro fu determinante per il futuro parroco che si iscrivesse alla facoltà di Teologia, prendendo poi i voti, e l’Arcivescovo di Napoli lo inviò al quartiere Parco Verde di Caivano, dove don Patriciello ha iniziato la sua lotta, scagliandosi soprattutto contro il malaffare nella cosiddetta Terra dei fuochi: per il cattivo odore che aleggia nel quartiere a volte non è riuscito a celebrare la messa, vedendo poi morire di tumore il fratello Franco.

Quando si dice che le vie del Signore sono infinite!

Oggi Don Patriciello mostra di essere l’unica speranza per il riscatto di quelle zone, e si colloca allo stesso livello dei pochi altri preti di strada che, con umiltà, si sono messi al servizio del prossimo cercando di farlo silenziosamente e con perseveranza, e molti di essi rischiano, come don Patriciello, la vita: Don Luigi Ciotti, Padre Alex Zanotelli, Don Andrea Gallo, per citare solo i più noti.

Don Patriciello rimane, oggi l’unica speranza di cambiamento del Parco Verde nel quale, nonostante il rafforzamento del numero degli agenti della PS, dei CC e della GDF, i camorristi stanno tentando di riprendere il controllo, come è dimostrato dai raid a colpi di mitra di qualche giorno fa da parte di una banda di delinquenti.

Il che sta a dimostrare che probabilmente, in questa fase, oltre al potenziamento numerico degli agenti, sarebbe opportuno impiegare anche reparti militari per il presidio costante delle strade, come ha suggerito il Governatore De Luca.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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