Non è la prima volta che questo giornale parla di San Gennaro, il Santo più amato dai napoletani, ma non solo, perché conosciuto e amato in tutto il mondo occidentale.
Perfino negli Stati Uniti d’America, dove vi sono ricchi concentramenti di napoletani espatriati nei secoli scorsi, vi sono numerose associazioni religiose e folcloristiche, che mantengono vive la abitudini partenopee e, tra queste, il culto per San Gennaro.
In un approfondito articolo scritto a settembre 2019 da Carolina Milite venne trattata la storia di San Gennaro: lo si può rileggere cliccando sul link (https://www.ulisseonline.it/controluce/san-gennaro-no-procolo-la-storia-e-il-vero-nome-del-santo-piu-amato-dai-napoletani/ ) .
Ma San Gennaro non finisce mai di stupire, specialmente per il miracolo della liquefazione del sangue, che è custodito in due preziose ampolle, una delle quali in diverse occasioni viene estratta dal Cardinale di Napoli ed esibita alle preghiere dei fedeli partenopei i quali, più che chiedere, “pretendono” che il loro Santo faccia il miracolo e faccia sciogliere il sangue.
Nella maggior parte dei casi questo avviene, qualche volta no o almeno non subito, e la reazione dei fedeli non è sempre controllabile, alcuni, contrariati, si spingono anche a commenti molto pesanti, il meno blasfemo è quello di “faccia ‘ngialluta” (faccia ingiallita).
Ma il sangue di San Gennaro che si scioglie è un “miracolo” che da secoli affascina anche la scienza, la quale non è mai riuscita a spiegare questo fenomeno che avviene tre volte l’anno: il 19 settembre, festa di San Gennaro, e il sabato che precede la prima domenica di maggio.
Ma c’è un’altra data, quella del 16 dicembre, ovvero il giorno in cui, nel 1631, si racconta che, durante l’eruzione del Vesuvio, l’esposizione del sangue e del busto del santo fermarono la lava che stava dirigendosi proprio verso la città partenopea.
Il 19 settembre è un giorno molto importante per i napoletani, visto che proprio in questa data si festeggia il patrono, san Gennaro, il loro santo.
Ma da dove nasce il mito della liquefazione del sangue di san Gennaro?
Originario di Napoli, Gennaro visse nella seconda metà del 200 e fu, fra le altre cose, anche vescovo di Benevento.
A causa delle persecuzioni anticristiane portate avanti da Diocleziano venne martirizzato e decapitato il 19 settembre del 305.
La leggenda vuole che una donna, di nome Eusebia, durante il trasporto del feretro, raccolse il sangue del santo in due ampolline che consegnò poi al Vescovo.
Molti, come detto in precedenza, hanno provato a spiegare il motivo per cui il sangue, ancora oggi contenuto nelle ampolle conservate in una piccola teca rotonda nella cassaforte dietro l’altare della Cappella del Tesoro di San Gennaro, si scioglie.
Tra i tanti che hanno ricercato ragioni scientifiche dietro il fenomeno ci sono tre scienziati dell’Università di Pavia, Luigi Garlaschelli, Franco Ramaccini e Sergio Della Sala, che hanno riprodotto in laboratorio lo “scioglimento” del sangue basandosi sulla “tissotropia”, ovvero il fenomeno per cui alcune gelatine si liquefanno quando il recipiente che le contiene viene agitato, cosa che avviene appunto con le ampolle del sangue del santo.
Per il loro esperimento, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista “Nature”, gli studiosi hanno usato carbonato di calcio, sale, acqua e cloruro di ferro, tutti già presenti nel Medioevo (il primo, infatti, si trova nei gusci delle uova e l’ultimo in un minerale presente nei vulcani attivi tra i quali, appunto, il Vesuvio): il risultato è stato una sostanza scura e gelatinosa di un colore simile a quello del sangue custodito nella cappella del Duomo a Napoli.
Tuttavia, l’abate Vincenzo De Gregorio ha spiegato sulla rivista “Focus” che “Il comportamento del sangue di San Gennaro è imprevedibile. A volte si liquefa subito all’uscita dalla cassaforte o addirittura dentro. Davanti a papa Ratzinger ritengo di avere mosso a sufficienza le ampolle, ma il sangue non si è sciolto. Ed era il Papa”.
Inoltre, una spettrometria ha indicato che all’interno delle ampolle ci sia effettivamente del sangue, mentre il fisico francese Michel Mitov, nel libro Matière Sensible, ipotizza invece che esse contengano spermaceti, ossia un grasso ceroso estratto dalla testa dei capodogli, uniti a una soluzione d’argilla, entrambi materiali sensibili a manipolazioni e temperatura.
Anche il CICAP, una organizzazione educativa senza fini di lucro, fondata nel 1989 per promuovere un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, dei fenomeni paranormali, dei misteri e dell’insolito, con l’obiettivo di diffondere la mentalità scientifica e lo spirito critico, nel 1991 ha suggerito che l’ampolla potrebbe contenere non sangue ma una sostanza tissotropica; eppure non c’è mai stata verifica sulla reliquia, e il mistero, di fatto, permane.
Le sostanze tissotropiche sono gelatine in grado di diventare più fluide, passando persino dallo stato solido a quello liquido, quando sottoposte a sollecitazioni meccaniche come vibrazioni o microurti, e che poi solidificano nuovamente quando tornano allo stato di riposo.
Ma indipendentemente dalle ipotesi degli Scienziati e dalle indagini da essi eseguite, e che certamente pure in futuro proseguiranno, per i fedeli la religione e i fenomeni ad essa collegati sono un fatto di fede, e non di razionalità; e la fede è un dono di Dio, motivo per il quale o ce l’hai, e credi, o non ce l’hai, e quindi non credi.
E il mistero della liquefazione del sangue di San Gennaro è, per i fedeli, solo un fatto di fede.
Concludiamo con una curiosità legata al sangue di san Gennaro.
Una delle due ampolle custodite nel Duomo di Napoli è semivuota, perché Carlo III di Borbone ne sottrasse parte del contenuto per portarlo in Spagna.
Il miracolo, vero o presunto che sia, della liquefazione del sangue attira tanti fedeli che, nei secoli, hanno preso l’abitudine di portare doni al Santo, talmente tanti che, secondo le stime, il tesoro accumulato nel Duomo di Napoli varrebbe più di quello del re d’Inghilterra.