Perché le mummie hanno sempre affascinato gli uomini?
Una prestigiosa rivista scientifica ha recentemente pubblicato un documentato articolo sulle mummie le quali, dopo aver suscitato per secoli una morbosa curiosità specialmente da parte degli europei, divennero poi oggetto di studio.
Le mummie egiziane hanno sempre avuto un fascino particolare; pensiamo, ad esempio, al Faraone Tutankhamon, che quando era ancora fasciato mostrava una sporgenza all’altezza della bocca, una volta sfasciato emerse che aveva i denti sporgenti.
Certamente poter osservare l’espressione di qualcuno morto più di tremila anni fa e che in qualche modo aveva lasciato una traccia nella storia, genera un piacere morboso.
Tutto era iniziato con i medici greci Dioscoride e Galeno, che nei loro trattati raccomandavano un prodotto quasi miracoloso: una grande varietà di disturbi, ascessi, eruzioni cutanee, fratture, epilessia e vertigini, potevano essere curati con il “mum”, termine persiano riferito al bitume.
Un dizionario del 1657 definiva il “mum” una sostanza simile alla resina venduta dagli speziali che, secondo qualcuno, si estrarrebbe dalle tombe antiche.
Fu così che ciò che gli antichi egizi chiamavano “sah” finì per ricevere il nome di uno strano medicinale persiano.
E giacché la medicina di un tempo attribuiva poteri curativi alle mummie, ciò alimentò un fiorente commercio affidato a speculatori e affaristi, e questo comportò lo scempio di tante mummie in periodi durante i quali esse non erano protette, che durarono secoli.
Purtroppo, con la crescita della domanda, gli affioramenti naturali di questa sostanza si erano esauriti e i mercanti orientali della stessa andarono alla ricerca di un’altra fonte di materia prima.
E la trovarono nei corpi che per tremila anni erano stati imbalsamati sulle rive del Nilo: una volta essiccati, le resine, gli oli e le sostanze aromatiche con cui erano stati ricoperti i cadaveri durante la mummificazione avevano una consistenza e un colore identici a quello del “mum” originale, e una fragranza ancor più piacevole.
Non essendo sempre facile procurarsi corpi imbalsamati, i mercanti meno scrupolosi decisero di produrli in proprio, provocando un declino della qualità della merce che raggiungeva le botteghe officinali europee. Si cominciò allora a distinguere tra mummie primarie, secondarie e false, vale a dire mummie autentiche, oppure procurate ad arte con mummificazioni accelerate.
In questi casi, come denunciò Guy de La Fontaine nel 1564, al termine di un viaggio ad Alessandria per procurarsi il farmaco, in molti casi le mummie non erano altro che semplici cadaveri trattati per sembrare antichi.
Il frate domenicano spagnolo Luis Urreta, infatti, nel 1610 scrisse un libro di storia sui regni dell’Etiopia nel quale descrisse dettagliatamente il processo accelerato, che richiedeva di purgare svariate volte un prigioniero moro, e tagliargli la testa, appendere il cadavere per i piedi e lasciarlo dissanguare procurandogli numerose ferite le quali, una volta defluito il sangue, si riempivano di una miscela speziata. A quel punto si depositava il corpo a terra, lo si avvolgeva nel fieno e lo si seppelliva per due settimane. Successivamente lo si dissotterrava e lo si lasciava al sole per una giornata.
Secondo il frate, la carne acquisiva in questo modo proprietà medicinali anche più intense di quella delle mummie antiche.
Ma non tutti concordavano sugli effetti benefici di questi rimedi.
Già nel 1582 il francese Ambroise Paré scrisse, nel suo “Discours de la momie” che l’effetto di questo farmaco malevolo non solo non faceva migliorare i pazienti, ma provocava un grande dolore allo stomaco, cattivi odori in bocca e forte vomito, e questi disturbi a loro volta generavano alterazioni nel sangue, facendolo fuoriuscire dai vasi che lo contengono.
La conseguenza di tali dichiarazioni, anziché scoraggiare la curiosità, la fece crescere.
Ma c’erano anche gli effetti scaramantici, legati al diffondersi della moda di portare le mummie in Europa come souvenir, come avevano già fatto, nei secoli precedenti, anche greci e romani, allorquando si diffuse la convinzione che le esse portassero sfortuna, motivo per il quale taluni paesi ne impedirono la importazione.
Il fenomeno scaramantico fu pure alimentato dalla Battaglia di Lepanto per il dominio del Mar Mediterraneo, tra la flotta della Lega santa e la flotta turca, che fu distrutta, nonostante la credenza che la flotta turca avesse imbarcato su una delle sue navi una mummia come portafortuna, che evidentemente ebbe influenza contraria.
I primi studi seri sulle mummie iniziarono nel 1698 allorquando Benoit de Mailletil, Console del Cairo, dispose di sbendarne una.
La prima analisi di una mummia ebbe luogo tra la fine del 1600 e l’inizio del secolo successivo, quando il console francese al Cairo Benoît de Maillet diede disposizioni in tal senso, ma il primo studio serio fu condotto da un farmacista tedesco di nome Christian Hertzog, il quale nel 1718 esaminò l’intero processo d’imbalsamazione e pubblicò un saggio a riguardo.
Seguirono altre indagini, ma solo nel 1825 il medico Augustus Bozzi Granville presentò le conclusioni del suo studio su un cadavere imbalsamato.
Negli anni successivi la esibizione delle mummie ebbe falsi scopi scientifici, fu più un fenomeno da barraccone per attirare folle di persone incuriosite che pensavano di vedere vere mummie e il loro sbendaggio, e pagavano il biglietto per essere ammessi allo spettacolo.
All’inizio del XX secolo Grafton Elliot Smith, che lavorava come anatomista presso la scuola di medicina del Cairo, studiò e fotografò varie salme regali e nel 1912 pubblicò un libro che ancora oggi costituisce un punto di riferimento, il “Catalogue of the Royal Mummies in the Museum of Cairo”.
I suoi studi osteometrici (misurazione delle dimensioni di segmenti scheletrici) gli consentirono di capire che i nomi scritti sulle bende di molti corpi erano sbagliati. Evidentemente i sacerdoti della XXI dinastia, che avevano nascosto i cadaveri dei faraoni per salvarli da un probabile saccheggio, non avevano prestato sufficiente attenzione.
Lo studio delle mummie era a una svolta, e anche se nel 1903 Mark Twain propose scherzosamente di usarle come combustibile per le caldaie delle locomotive egiziane, qualche anno più tardi Margaret Murray organizzò a Manchester un gruppo multidisciplinare per lo studio scientifico di due salme autenticamente antiche.
La strada era finalmente aperta perché le mummie fossero considerate importanti fonti d’informazione storica.
E’ indubbio che la mummificazione sia stato uno dei capisaldi della conservazione dei cadaveri e che grazie ad esse nei secoli successivi siano emerse tante informazioni sui Faraoni e l’antico Egitto, come è indubbio che ancora oggi esse, unitamente alle piramidi e a tanti altri reperti egiziani, abbiano conservato il fascino che ha sempre attirato folle di turisti, flusso oggi ridimensionato a causa dell’attuale duro regime militare e repressivo, del quale anche qualche nostro connazionale è rimasto vittima.