Esposizione obbligatoria o vietata?
Una cosa è certa, la legislazione del nostro paese è complicata e si presta a tante interpretazioni, per cui è valido tutto e il contrario di tutto.
Un esempio è dato dalla diatriba riguardante il crocifisso, che fa parte della tradizione non solo nostra, e che continua a far discutere sulla sua affissione: è obbligatoria, è facoltativa, è consentita, è proibita, è opportuna? e via di questo passo.
Noi siamo dell’avviso che, da paese ospitante, abbiamo il diritto di esporre i nostri simboli e di seguire le nostre tradizioni in quanto, andando in altri paesi, mai oseremmo opporci alle loro: prendiamo atto, però, che non tutti la pensano nello stesso modo.
La dibattuta questione è stata oggetto di diatribe, controversie, più volte si è fatto ricorso ai tribunali, e recentemente c’è stata una pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza del 18 marzo 2024, n. 2567) che ha dichiarato illegittima l’ordinanza con la quale un sindaco disponeva l’immediata affissione del crocifisso in tutti gli uffici pubblici presenti nel territorio comunale
La sentenza è stata originata dal fatto che 14 anni fa nel piccolo comune sardo di Mandas l’allora sindaco Umberto Oppus (ancora oggi in carica) emanò un’ordinanza obbligando tutte le scuole a esporre il crocifisso in aula, pena una sanzione di 500 euro.
Il Consiglio di Stato, in base alla giurisprudenza consolidata in questi anni, ha dato ragione all’UAAR (Unione degli atei e agnostici razionalisti) ribadendo che non possono esserci imposizioni, né tantomeno sanzioni, da parte dell’amministrazione comunale in quanto violano il principio di legalità e di tipicità dei provvedimenti amministrativi.
È a tutti noto che il Consiglio di Stato è il massimo organo in materia di contenzioso amministrativo, il che sta a significare che la UAAR aveva avviato un procedimento dinanzi al TAR.
La decisione salomonica del Consiglio di Stato non autorizza e non proibisce la esposizione del nostro simbolo religioso: in base alle leggi in vigore, probabilmente anche perché scritte male, la esposizione non è mai obbligatoria e mai vietata.
E allora?
Ecco cosa dice la giurisprudenza a riguardo.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24414 del 9 settembre 2021 che rappresenta il vero punto di riferimento per la questione, ha sentenziato che non esiste né un obbligo né tantomeno un divieto.
Nessuno può obbligare una classe a esporre il crocifisso, neppure l’ordinanza del giudice, ma allo stesso tempo non esiste neppure una norma che lo vieta in assoluto.
Vediamo dunque cosa dicono le norme sul crocifisso nelle scuole, per quello che è un argomento che molto probabilmente necessiterebbe di un nuovo intervento, preferibilmente legislativo, al fine da riportare la normativa al passo con i tempi.
La normativa sul crocifisso nelle scuole ha origine dal Regio Decreto n. 965 del 30 aprile 1924 che comprendere il crocifisso tra gli arredi scolastici per le scuole medie ed elementari (ed è opinione comune che possa riguardare anche le scuole superiori).
Tuttavia, con il passaggio alla Repubblica, e a uno Stato laico, la regola è cambiata: obbligare le scuole a esporre il crocifisso nelle aule, in quanto espressione di una scelta confessionale, non può essere infatti compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato italiano.
Una esposizione obbligatoria comporterebbe un conflitto con il pluralismo religioso tutelato dalla Costituzione, in quanto uno spazio pubblico come la classe non può essere occupato da una singola fede religiosa, neppure nei casi in cui risulti maggioritaria.
A tal proposito, con la sentenza n. 24414 del 2021, la Cassazione ha spiegato che il Regio Decreto 965/1924 deve essere “interpretato in conformità con la Costituzione”.
È comunque possibile per le scuole esporre il crocifisso, ma esclusivamente dopo una valutazione attenta riguardo alla possibilità che tale decisione sia rappresentativa delle convinzioni di tutti; e se dovessero esserci posizioni difformi si potrebbe ricercare un “ragionevole accomodamento” tra le parti, ad esempio valutando la possibilità di esporre oltre al crocifisso anche i simboli di altre religioni, cosa che sembra una decisione ottimale.
Quindi nessuno può obbligare l’affissione del crocifisso in classe, né il dirigente scolastico né tantomeno il docente, specialmente quando non viene ricercato un “ragionevole accomodamento” con la posizione manifestata da insegnanti o studenti dissenzienti; di riflesso non possono esserci sanzioni per chi si rifiuta di assolvere a un obbligo illegalmente imposto.
Tuttavia, la Cassazione ha anche sottolineato che l’esposizione del crocifisso in classe, anche quando si prova a imporla, non costituisce di per sé un atto discriminatorio nei confronti delle persone di differenti fedi religiose (e per questo motivo non spetta il risarcimento).
Ricapitolando: la decisione deve essere condivisa da tutta la scuola, rimandando così agli appositi organi collegiali (consiglio di classe o di istituto) il compito di fissare le direttive a riguardo, facendo attenzione però a ricercare soluzioni accomodanti tra le differenti posizioni, tra cui la possibilità di accompagnare al crocifisso i simboli di altre confessioni (laddove richiesti dagli studenti o dai loro genitori).
Per analogia il principio può essere esteso anche al presepe, all’albero di natale, e a tutte le altre espressioni di fede.