scritto da Filippo Falvella - 27 Giugno 2024 10:28

I figli di Krónos nell’era del dubbio

L'uomo, temendo questa inarrestabile certezza, ha deciso di misurarlo e controllarlo, venendo così tanto sopraffatto dalla paura del suo scorrere da ripararsi dietro un orologio: lo stesso strumento che poi altro non farà che ricordargli del suo scorrere

“Nulla che passi non esisterebbe un tempo passato, senza nulla che divenga non esisterebbe un tempo futuro, senza nulla che esiste, non esisterebbe un presente.”

Disaminando il tempo Agostino, nelle sue Confessiones, elabora la precedente interconnessione temporale, ramificando il tempo in potremmo dire tre alberi figli d’una stessa radice, che si sostentano l’un l’altro in momenti diversi. La particolarità di questi tre alberi sta nel loro manto, sono tutti e tre spogli. Il primo ha rinunciato tempo fa alla sua chioma, il secondo attende invece di formarla. Il terzo, il più lontano ed insieme il più vicino, vive in una insostenibile attesa: potrebbe fiorire o potrebbe indissolubilmente seccarsi. Il primo albero viene in un certo senso annaffiato di continuo, poiché mentre si annaffia il secondo ci si rende conto che ormai è stato annaffiato il primo, e che quella stessa acqua che si voleva conservare per il terzo è ormai andata al secondo. Ma come si può allora metter mano sul terzo albero?

Il futuro è certamente dei tre figli di Krónos il più sfuggente. Le sue radici sono sempre visibili, ma non riusciamo mai davvero ad abbracciarne il tronco. Eppure nella sua sfuggente realtà il futuro è quell’unica dimensione temporale che possiamo dire veramente nostra. Il passato è per sua natura irraggiungibile e il presente, in gabbia tra passato e futuro, diventa insieme l’uno e l’altro contemporaneamente, in un costante flusso. E così quel tempo a noi così lontano diventa invece il più vicino, accarezzandoci costantemente con una mano eterea ed impercettibile.

Un’altra importante peculiarità del tempo è la sua capacità di dilatarsi, allargarsi ed accorciarsi a comando, seguendo inconsapevolmente ordini dettati da un signore che in realtà è sotto il suo governo. L’uomo, temendo questa inarrestabile certezza, ha deciso di misurarlo e controllarlo, venendo così tanto sopraffatto dalla paura del suo scorrere da ripararsi dietro un orologio: lo stesso strumento che poi altro non farà che ricordargli del suo scorrere.

E grazie a questo straordinario cronometro abbiamo finalmente potuto orientare quel che è stato e quel che è verso ciò che sarà, scandendo battito per battito d’un cuore pavido e costruendo mattone per mattone un comodo rifugio per quando il futuro arriverà: perché per quanto spaventoso lui deve arrivare, abbiamo inconsciamente bisogno di lui per poter dare un senso ai suoi più anziani fratelli.

E allora formiamo il nostro essere nel richiamo del nostro avvenire, impiegando il tempo che viviamo per preparare l’incerto tempo che vivremo, dimenticando nonostante costantemente nel presente che questo fratello così screditato è davvero l’unico che possiamo dire amico. Orientiamo nel buio la nostra torcia su quel punto indefinito, facendo ombra su tutto ciò che invece realmente ci circonda, ma una torcia accesa non dileguerà il buio e non farà per forza chiarezza sul punto indicato: sposterà semplicemente la nostra attenzione sul suo fascio.

Il futuro ci spaventa, ed è giusto così: chi l’ha mai conosciuto? Il passato ci spaventa, ed anche qui è difficile darci torto: ne abbiamo conosciute di tributi al brutto. E il presente? Il presente non ci spaventa: il presente è la paura.

Il presente è quel tremolante ponte che sta tra due momenti, uno che ci ha spaventato ed uno che temiamo ci spaventi ancora. E allora cosa fare? Sembra impossibile ricalcare le orme che abbiamo immaginato con una certa sicurezza, sembra proprio che nel mentre dobbiamo avere paura. Fermarsi al passato non permetterebbe un presente coerente, vivere il solo presente renderebbe ancor più incerto il futuro, l’unico dei tre che davvero non possiamo vivere.

E allora, di fronte alla paura, non ci resta che il coraggio. Il coraggio di sollevare passo dopo passo il piede dal passato, poggiandolo bene al suolo del presente e preparandolo a varcare l’aria del futuro.

Un coraggio che tutti possiamo avere, seppur spaventati seppur incerti seppur senza speranze, perché coraggio non è non avere paura, ma muoversi nonostante questa.

 

Ho 24 anni e studio filosofia all'Università degli studi di Salerno. Cerco, nello scrivere, di trasmettere quella passione per la filosofia ed il ragionamento, offrendo quand'è possibile, e nel limite dei miei mezzi, un punto di vista che vada oltre quel modo asettico e alle volte superficiale con cui siamo sempre più orientati ad affrontare le notizie

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