Gli orti della Costiera: a “Terra vacua” il giardino di Mario Esposito

Ci dà l’imput per il “viaggio” che intraprendiamo attraverso i giardini-orti della Costa d’Amalfi il libro di Giovannastella Lanocita dal titolo “Dove gli orti si chiamano giardini”, pubblicato dalla Comunità Montana Penisola Amalfitana nel lontano 1988.
L’autrice attraverso il suo “viaggio” letterario utilizza, tra l’altro, le memorie, le interviste fatte sul campo ad alcuni viaggiatori della divina costa, utilizzando ricordi e testimonianze di intellettuali. Artisti, pittori, musicisti, come Oufimtsev, Zeffirelli, Sabirov, Sulkin, Bondarciuk, Gaetani, Spatcholtz, Rea, Vlad L, Sandulli, Gillhausen, Kempff, Thiele, Pfister, Dupre’, Marioni, Rubertelli, Mautone (Sandro), di Pace, Vitiello, d’Avossa, Costantino, Vlad A., Cascone, Vlad R., Mayer, Afeltra, Bandt, Liguori, ci fa respirare le atmosfere piu’ vere della Costa d’Amalfi. Ognuno di essi, dà una sua personale “interpretazione” della Divina Costa: sensazioni, impressioni che sfatano i luoghi comuni dall’immagine da cartolina che con gli anni gli e’ stato cucito addosso.
Cogliamo alcune di queste suggestioni: “L’incontro con la costiera è una sensazione che ad ogni ritorno si rinnova. E’ il posto dove le grandi emozioni si manifestano, al pari del coup de foudre. Un’ emozione, nel senso vero, come le maddalenettes in Proust, i sensi si aprono alla natura, al suo percorso nelle stagioni. In primavera nel nostro giardino: le lucciole, l’odore della terra, il silenzio, lo sciabordio delle onde del mare…(J. Pfister, A. Dupré).
”Hai notato la gente del paese che si ferma, in qualsiasi ora del giorno, a guardare il paesaggio o semplicemente fermandosi. Chi affacciato alla finestra, altri appoggiati ai muretti di pietra. Qui mi sento libero, libero di non dover giustificare i miei tempi di lavoro, di lenta digestione… (A. d’Avossa).
”Quando ero ragazzo, mio padre mi portava a fare i bagni a Vietri sul Mare per una ventina di giorni, avevo quattro o cinque anni. Si andava un po’ oltre Vietri fino a Cetara. Ero letteralmente stordito, accecato dal sole e stordito dal canto delle cicale, anzi addirittura per me la costiera significava il canto delle cicale, in una maniera tremenda, wagneriana. Significava pesca, significava flottiglie, marinai, tanto per non smentire le origini amalfitane e, soprattutto, significava vasi, riggiole, terracotte, cupole di chiese fatte a riggiole sempre turchesche, arabe. (D. Rea).
Queste atmosfere sono diventate più rare anche perché l’habitat naturale della costa ha subito delle modificazioni. Attualmente, purtroppo, i giardini della costa non vivono una stagione felice: un’ eccessiva parcellizzazione dei fondi, la mancanza di un adeguato riscontro economico che compensi il lavoro dei contadini determinano spesso, l’abbandono e il degrado dei terrazzamenti, esponendo l’intero territorio costiero al rischio alluvioni e frane.
Merita, in questo contesto, particolare rilievo l’opera di Mario Esposito, pensionato con una lunga esperienza di operaio nell’industria salernitana e con l’hobby dell’agricoltura.
Il suo piccolo “eden” si trova a Minori in località “Terra vacua” di fronte a Ravello, che si illumina d’estate con il primo sole del mattino.
Mario zappa la terra (sembra quasi un ricamo), una volta fatta rigorosamente a mano oggi con l’aiuto di una piccola motozappa.
La passione per l’orto Esposito ce l’ha nel suo dna, e seguendo il ritmo delle stagioni l’ortolano ridisegna come un pittore il “fazzoletto” di terra.
A inizio settembre pianta cavoli, finocchi, scarole, a novembre invece semina le fave che raccoglierà nel mese di maggio per la gioia della moglie, Anna, che ne farà ingredienti preziosi per la sua cucina “povera” contadina.
In estate l’orto-giardino di Esposito, è un’esplosione di colori con i suoi ortaggi e le sue verdure: pomodori, insalata, melanzane, pomodorini, cipolle, peperoncini arricchiti dalle verdure e con i profumi del basilico e del sedano.
Mario Esposito si prende cura del suo fazzoletto di terra con amore ma non è egoista, tant’è che spesso i turisti nell’ammirare il suo rigoglioso orto si fermano a parlare, incuriositi, e capiscono il lavoro paziente dell’ortolano: anche questo è un modo per apprezzare la bellezza di una terra magica e ammaliatrice.