scritto da Nino Maiorino - 06 Ottobre 2020 09:59

Gli Armeni del “Nagorno-Karabakh”

Quando si parla del Popolo Armeno, vengono subito in mente due ricordi; il primo è la denuncia che Papa Francesco fece qualche anno fa sul genocidio che questo popolo ha subito ad opera dei Turchi; il secondo è legato a Charles Aznavour, la grande star della canzone deceduta nel 2018; era armeno, è stato ambasciatore dell’Onu per l’Armenia e si esibì nel 2001 al cospetto di Papa Giovanni Paolo II che si commosse fino alle lacrime.

In quella che Papa Francesco ha definito “La terza guerra mondiale a pezzi” si inserisce, da qualche giorno, il nuovo tassello del Caucaso, segnatamente all’enclave di “Nagorno-Karabakh”, una zona di circa 4200.km quadrati, esattamente al centro del Caucaso, stretta tra la parte sinistra-ovest del territorio, l’Armenia, e la parte destra-est, l’Azerbaijan, due stati di quella zona che da anni si combattono per la supremazia; al sud confina con l’Iran.

I due paesi, Armenia e Azerbaijan, hanno una grande importanza strategica in quanto il Caucaso è attraversato da un lungo gasdotto di grande per l’Europa, il cosiddetto “corridoio meridionale del gas”, lungo circa 3500 km, il cui costo è di circa 45.miliardi di dollari, che trasporta in Europa il gas proveniente dai paesi del sud dell’Asia occidentale, per ridurre la dipendenza dall’Unione Sovietica; l’UE ha individuato alcuni stati partner come Azerbaijan, Turchia, Georgia, Turkmenistan e Iraq che potrebbero essere una importante fonte alternativa di fornitura del gas.

Nella vicenda del gas, però, il “Nagorno-Karabakh”, nome di difficile pronuncia e difficile da ricordare, non c’entra per niente, ma questo stato costituisce nella zona un grande problema in quanto, sebbene sia sul suolo dell’ Azerbaijan, è abitato prevalentemente da Armeni, circa 141.mila.

La vicenda ricorda molto da vicino quella di Israele e dei Palestinesi, anche in quella zona esistono dal 1945 analoghi problemi in quanto Israele, conquistato il suo stato nella Palestina con l’appoggio delle potenze occidentali vittoriose della Seconda guerra mondiale, è stato sempre accusato di aver sottratto alla Palestina una fetta del suo suolo; ma la differenza sta nel fatto che Israele si è costituita come una grande potenza anche militare, e, sebbene pesantemente bersagliata da tutti i paesi circostanti, ha saputo tener loro testa proprio grazie al suo forte esercito, a uno dei migliori servizi segreti del mondo, e alla determinazione della popolazione.

Per avere le dimensioni concrete del problema non è inutile confrontare le dimensioni e le popolazioni dei tre stati: il Nagorno-Karabakh, capitale Stepanakert, ha una superficie di 4.400 kmq e una popolazione di 141.400 abitanti;  l’Armenia, capitale Erevan, ha una superficie di 29.800 kmq e 2 .974.693 abitanti; l’Azerbaijan, capitale Baku, ha una superficie di 86.600 kmq e 9.625.000 abitanti.

La locandina a corredo di questo articolo illustra meglio di ogni parola la zona.

Significativo il confronto con lo stato Israeliano, che ha una superficie di 22.000 kmq e una popolazione di 8.345.000 abitanti.

Ma il raffronto con lo stato di Israele non deve trarre in inganno perché, sebbene tutto porti a pensare che esso sia schierato al fianco degli Armeni, le esigenze strategiche, commerciali e politiche lo hanno fatto schierare con l’Azerbaijan, nonostante lo stesso sia islamico, e quindi orientato alla distruzione di Israele. In questo momento, Israele ha più interesse ad essere presente nell’Azerbaijan perché ad esso vende armi e tecnologie militari in cambio di petrolio, ma soprattutto perché la sua presenza in quella zona è un punto strategico per il controllo dell’Iran, pure è votato alla distruzione dello Stato con la Stella di Davide; e l’Iran a sua volta sembra di fatto alleato di Israele.

Il Nagorno-Karabakh, il cui territorio è montagnoso e verdeggiante, venne costituito come repubblica nel 1881, ed è quasi totalmente abitata da Armeni, popolazione invisa agli Azeri, i quali fanno tutto il possibile per annientarli: l’Azerbaijan intenderebbe annettersi il Nagorno-Karabakh; dal canto loro gli abitanti del Nagorno vorrebbero che il loro stato venisse annesso all’Armenia.

La diatriba è vecchia di un secolo, parte dall’anno 1917 quando, con la rivoluzione russa, il Karabakh venne inglobato nella Federazione Transcaucasica, ma il territorio venne rivendicato sia dall’Armenia (gli Armeni allora erano il 98% della popolazione) sia dall’ Azerbaijan.

Con la conquista bolscevica del 1920 Stalin assegnò il territorio all’Arzebaijan, e nel 1923 venne creato l’ “Oblast (dominio) Autonomo del Nagorno-Karabakh”.

A cavallo tra gli anni ottanta e novanta, l’Unione Sovietica si dissolse, e la questione del “Nagorno-Karabakh” tornò alla ribalta; la popolazione armena ne lamentò l’azerificazione da parte dell’Azerbaijan e, con il supporto ideologico e logistico dell’Armenia, intraprese la mobilitazione per staccarsi dall’Azerbaijan per poi unirsi all’Armenia.

Ma nel settembre 1991, avvalendosi della legislazione sovietica ancora in vigore, la Russia dichiarò la nascita della nuova repubblica allorquando l’Azerbaijan decise di uscire dall’Unione Sovietica. Le elezioni e il referendum non portarono ad alcun risultato concreto, nel gennaio 1992 l’Azerbaijan avviò una guerra contro l’Armenia e il Nagorno che si concluse con una tregua nel 1993. Da allora sono in corso negoziati di pace guidati dal “Gruppo di Minsk”; ciononostante le guerre non sono mai cessate, attivate dall’una e dall’altra parte, ciascuna di esse rinfaccia all’altra tentativi di invasioni e attacchi armati proditori.

Il “Gruppo di Minsk” (che oggi è composto da Francia, Russia e Stati Uniti d’America, con la partecipazione dei rappresentanti di Bielorussia, Italia, Germania,  Portogallo, Paesi Bassi,  Svezia, Finlandia e Turchia oltre ad Armenia e Azerbaigian (presieduto dal Francese Stéphane Visconti, dal russo Igor Popov e dallo statunitense Richard Hoagland) venne istituito nel 1992 dalla “Conferenza della Sicurezza e Cooperazione in Europa – CSCE” ed era finalizzato a giungere a una soluzione pacifica dell’annosa diatriba sul “Nagorno-Karabakh”, e già nel marzo 1992 tenne il primo “meating” con richiesta alle Nazioni Unite di organizzare una conferenza internazionale per la soluzione del problema.

La Conferenza avrebbe dovuto tenersi a Minsk, la capitale della Bielorussia, ma non si è mai riunita. Frattanto nel dicembre 1994 si tenne a Budapest un incontro dei Capi di Stato e di Governo del CSCE, per mettere a punto un programma di lavoro per la soluzione dell’annoso conflitto, ottenere la stipula di un accordo di cessazione di ogni azione bellica, ormai continui, e promuovere il dispiegamento di una forza multinazionale di pace sotto l’egida dell’ONU.

Il “Gruppo di Minsk” è impegnato tuttora in una difficile opera di mediazione fra le parti in causa con frequenti visite dei co-presidenti effettuano a ErevanBaku e Stepanakert, le capitali dei tre stati, ma non è mai riuscito ad ottenere la firma di un definitivo accordo di pace da parte dei tre Stati interessati.

Ciononostante la comunità internazionale riconosce che la struttura è l’unica in grado di assicurare un progressivo, pure se lento, miglioramento dei negoziati finalizzati in prima istanza ad ottenere un definitivo cessate il fuoco, e in prosieguo a un accordo per la definitiva pacificazione dell’area, eventualità che le violenze che da qualche giorno hanno colpito nuovamente il “Nagorno-Karabakh” sembrano allontanare sempre di più.

Una anomalia, tra le tante, è che del “Gruppo di Minsk” non fa parte il presidente del “Nagorno-Karabakh”,  Bako Sahakyan: sembra che i giochi si vogliano fare senza che questo stato partecipi, il che non lascia prevedere nulla di positivo.

Intanto le violenze continuano e le vittime, specialmente civili, aumentano di numero, e nemmeno i Premier dei Paesi forti che spalleggiano i due Stati, il Russo Wladimir Putin per l’Armenia, e il Turco Recep Tayyip Erdogan per l’Azerbaijan, sembrano in grado di trovare una via di uscita. E’ bene ricordare che proprio la Turchia è stato un feroce nemico del popolo Armeno, e ancora lo è, tant’è che fu molto risentita dalla dichiarazione di Papa Francesco sul genocidio.

Non è facile prevedere quali sviluppi questa vicenda possa avere, ma un fatto è certo, e cioè che il tutto andrà ancora per le lunghe, col rischio che gli abitanti armeni del “Nagorno” continuino a subire le violenze dell’intransigente vicino Azerbaijan, contro il quale sembra che l’Armenia sia difficoltà, anche perché le subentrate potenze che spalleggiano l’uno e l’altro sembra che abbiano l’intenzione di tirarla per le lunghe.

Frattanto sullo scenario è stata denunciata da Emmanuel Macron la comparsa di gruppi mercenari Jadisti, provenienti dalla Siria, per dare man forte all’Azerbaijan, e in questo sembra esserci lo zampino dello stesso Erdogan: non pare vero ai musulmani massacrare gli infedeli, e ha poca importanza che siano Armeni, Israeliani o di altri stati.

Dall’altro lato Putin, che spalleggia l’Armenia, oltre a invocare il cessate il fuoco, aumenta la presenza militare russa per contrastare Erdogan.

Quindi la popolazione armena continua a soffrire e morire, come se la maledizione che da secoli la perseguita non si fosse ancora esaurita, analogamente a quella contro gli Ebrei.

Gli stessi esperti e analisti internazionali non sanno cosa dire e cosa prevedere; prendono solo atto che, mentre sullo scenario sembra che gli avversari degli Armeni abbiano solo l’interesse alla scomparsa dell’Armenia e del “Nagorno”, gli Armeni lottano per la sopravvivenza e spinti dal marcato un patriottismo, all’inizio di questo ennesimo conflitto, nel “Nagorno” sono affluiti numerosi patrioti armeni da tutti i villaggi delle montagne circostanti per dare man forte alle sparute forze militari.

Per concludere, è anche il caso di evidenziare che questo ennesimo e sanguinoso conflitto non è tanto presente sui giornali e sulle reti televisive, fatta eccezione per La7 il cui direttore, Enrico Mentana, ne parla in continuazione, come continuamente ne parla anche Papa Francesco, che da sempre evidenzia gli eccidi di origine religioso.

C’è solo da augurarsi che a Papa Francesco e a Mentana si uniscano in tanti.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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