La vicenda del povero Satnam Singh

Non si placa il raccapriccio per la triste e spaventosa vicenda del povero bracciante agricolo Satnam Singh che lavorava in nero nei campi dell’agro pontino.

Quando un ingranaggio gli ha troncato un braccio, il suo “datore di lavoro”, Antonello Lovato, un lestofante che non merita di essere chiamato “uomo”, ha pensato di recuperare il braccio, caricare l’arto e l’uomo ferito e scaricarlo dinanzi alla baracca che per il poveretto e la sua famiglia costituiva l’alloggio, e scappare via dopo essersi impossessato dei telefonini della moglie per evitarle di chiedere soccorso.

E’ facilmente comprensibile che questo essere ignobile è stato afferrato dal panico, altrimenti lo avrebbe potuto portare al più vicino ospedale dove probabilmente la povera vittima avrebbe potuto ottenere qualche aiuto e avrebbe potuto recuperare la vita e forse anche l’arto; invece è morto dopo 36 ore di sofferenze.

Una atrocità della quale ancora oggi, a distanza di una settimana, si parla, una vicenda deplorata dalle massime autorità del nostro paese, della quale ha parlato anche Papa Francesco e la gerarchia ecclesiastica, sulla quale anche il nostro giornale, come tutti quelli cartacei e on-line, è più volte tornato.

Ricostruiamo l’accaduto basandoci su quanto dichiarato da alcune persone che hanno assistito impotenti all’evento, perché non sono riusciti a comprendere quali fossero le intenzioni del “soccorritore” Lovato.

«Si sentivano le urla della moglie che continuava a chiedere aiuto, poi abbiamo visto un ragazzo che lo teneva in braccio e lo ha portato dietro casa. Noi pensavamo lo stesse aiutando, ma poi è scappato via».

Noemi Grifo e Ilario Pepe ospitavano Satnam Singh e sua moglie in un rustico dietro la loro casa.

Sono stati loro a chiamare i soccorsi dopo aver visto l’operaio agricolo abbandonato in strada, col braccio amputato, dal suo datore di lavoro Antonello Lovato.

«Io gli sono corso subito dietro ha raccontato ancora il giovane. L’ho visto che entrava nel furgone e gli ho chiesto cosa fosse successo e perché non lo aveva portato in ospedale. Mi ha risposto “da me non sta in regola”. Poteva essere aiutato».

Antonello Lovato ora è indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso e dovrà spiegare molte cose al Pm.

«La moglie di Satnam ci ha raccontato che sono stati caricati sul furgone e gli sono stati tolti anche i telefoni, hanno continuato Noemi e Ilario; lei ha visto tutto ed è distrutta».

Difficoltà a comprendere la gravità dell’accaduto sembra invece trasparire dalle parole di Renzo Lovato, padre dell’indagato e titolare dell’azienda agricola per cui lavorava Singh, che ieri è stata sequestrata dai carabinieri.

«Avevo avvisato il lavoratore di non avvicinarsi al mezzo, ma lui ha fatto di testa sua. Una leggerezza, purtroppo» ha spiegato l’imprenditore al Tg1: vuole ribaltare la responsabilità sulla povera vittima.

«C’è dispiacere – ha aggiunto – perché è morto un ragazzo sul lavoro e non dovrebbe mai succedere. È costato caro a tutti», precisa Renzo Lovato: purtroppo chi ha pagato di più è stato il povero bracciante irregolare.

Dichiarazioni stonate, che hanno provocato la dura reazione di tutti, tra i quali Susanna Camusso, senatrice Pd ed ex segretaria Cgil, Maurizio Landini, segretario Cgil: «Siamo di fronte a un atto di vero e proprio schiavismo, di una gravità senza precedenti. Aziende come queste vanno chiuse».

Pure la Segretaria del Pd, Elly Schlein, è scesa in campo dichiarando: «Satnam non ha avuto un incidente sul lavoro, è stato ucciso dallo sfruttamento e dalla disumanità. Serve un presidio permanente per bonificare l’Agro Pontino dal caporalato, dallo sfruttamento, dalle paghe da fame, dall’intrusione delle mafie e anche dalle connivenze politiche che a volte vediamo».

La Schlein ha chiamato in causa anche Giorgia Meloni: «Ci siamo rivolti più volte alla premier per lavorare insieme su questa priorità, la sicurezza sul lavoro, ma non abbiamo avuto risposta».

La premier Meloni ha detto la sua aprendo il Consiglio dei Ministri: «Sono atti disumani che non appartengono al popolo italiano, mi auguro che questa barbarie venga duramente punita».

Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha annunciato un incontro con sindacati e associazioni datoriali «per fare ancora una volta un passo avanti verso l’obiettivo di cancellare ogni forma di sfruttamento».

Dal canto suo la ministra del Lavoro, Marina Calderone, commentando un’operazione contro il caporalato agricolo tra Napoli e Caserta (7 arresti), ha garantito massimo impegno «contro individui senza scrupoli che pensano di comprare la vita delle persone con pochi spiccioli».

Il vescovo di Latina, Mariano Crociata, ha parlato di «ennesimo fatto doloroso di morte sul lavoro che ci colpisce, non meno di tutte le altre volte, e anzi ancora di più, proprio perché è l’ennesimo episodio a ripetersi, nonostante tutte le deplorazioni, le dichiarazioni che ogni volta vengono fatte».

Il vescovo ha sottolineato che «uno straniero, un immigrato, non ha minore dignità di noi; il suo bisogno deve essere trattato con la premura che vorremmo per noi stessi e per i nostri cari».

Ma a fronte di tanto grande schieramento denso di indignazioni e solleciti di intervento, rimane una realtà che chiamare allucinante è un eufemismo.

Lo evidenzia Famiglia Cristiana che riporta la dichiarazione di Hardeep Kaur, segretaria generale Flai Cgil di Frosinone e Latina, che aveva reso noto l’episodio per primo.

Quanti sono i Singh d’Italia?

Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto sono ben 834 le vicende di sfruttamento complessivamente individuate nel nostro Paese.

Ci vorrebbero maggiori ispezioni, maggiori controlli e certamente un salario minimo da far rispettare da cui partire per evitare paghe da fame.

Le leggi sulla sicurezza e contro il lavoro in nero ci sono, anche quelle contro il caporalato, il problema è che non si riesce a farle rispettare. Troppi imprenditori – soprattutto nel campo agricolo – le aggirano con grande facilità.

«L’Italia non è un Paese buono», ha commentato la moglie di Singh disperata. Una accusa terribile, nella sua semplicità. Non siamo più un Paese buono. Non siamo più un Paese di fratelli, ma di sfruttatori.

Basta leggere i dati diffusi dalla Guardia di Finanza la quale ha scoperto oltre 60.mila lavoratori irregolari, in 17 mesi +32,00%.

Quale speranza abbiamo che disgrazie del genere non accadano più in futuro?

 

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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