scritto da Nino Maiorino - 01 Gennaio 2024 07:13

Covid: mantenere le distanze non basta

Qualche giorno fa, esattamente il 24 scorso, abbiamo pubblicato un articolo che riguarda la nuova variante Covid, denominata JN1, (vedi link: https://www.ulisseonline.it/controluce/nuova-variante-covid-jn1/ ) mettendo i lettori in guardia ed esortandoli a non abbassare le difese contro l’ancora pericoloso morbo, che continuamente si trasforma creando varianti che riescono a superare le difese immunitarie dell’organismo, sia quelle naturali, derivanti dall’aver contratto il morbo ed essersi così immunizzati, sia quelle artificiali, derivanti dalle dosi di vaccini assunte, nonostante le quali molti sono stati ugualmente infettati: in questo caso è pure capitato che soggetti vaccinati sono stati pure contagiati, quindi anche coloro che dovrebbero essere doppiamente immunizzati, sembrano non poter essere certi che non saranno contagiati in futuro.

Questo virus sembra non fermarsi di fronte a niente, tant’è che i contagi, proprio nel periodo festivo, stanno aumentando.

Al fine di evitare che i contagi aumentino sconsideratamente, ci viene in soccorso la scienza e la ricerca.

Un gruppo di ricercatori inglesi ha recentemente pubblicato, sulla prestigiosa rivista Nature, uno studio, aggiornato al 30 dicembre 2023, in base al quale sembra che se si vuole evitare il rischio del contagio, non sia sufficiente mantenere solo le distanze dalle persone contagiate dal Covid-19 e dalle sue varianti.

Il nuovo studio ha rilevato che la durata dell’incontro con una persona malata di COVID-19 è importante tanto quanto la distanza mantenuta dal malato: quindi doppia cautela, distanza dall’infettato, durata dell’incontro.

Molti, infatti, si chiedono quante probabilità ci sono di contrarre il Covid dopo essere stati a contatto con un positivo: una domanda che molti si sono posti durante la pandemia e alla quale il gruppo di ricercatori britannici ha finalmente trovato una risposta.

I ricercatori del Dipartimento di Medicina Nuffield dell’Università di Oxford hanno analizzato i dati di sette milioni di persone in Inghilterra e nel Galles che, durante l’emergenza sanitaria, sono state a contatto con un positivo.

L’applicazione NHS COVID-19, che è stata chiusa nell’aprile 2023, consentiva alle persone che l’avevano scaricata di comunicare ad altri che erano risultati positivi al Covid.

Allo stesso tempo, l’App inviava agli utenti un avviso se si trovavano nelle vicinanze di qualcuno infetto (sulla base di una segnalazione non obbligatoria all’App), per auto-isolarsi o sottoporsi a un test.

Un sistema analogo all’App Immuni, adottata in Italia all’inizio della Pandemia, la quale purtroppo non ha dato i risultati sperati anche perché bastava chiudere lo smartphone per non essere tracciati.

Il compito più impegnativo del gruppo, guidato dal responsabile, l’Italiano Luca Ferretti originario di Pavia, ricercatore principale dello studio dell’Università di Oxford pubblicato sulla rivista Nature, è stato quello di capire se l’App avesse funzionato correttamente, e se aveva avvisato le persone quando c’era un rischio ragionevole.

La risposta è sì.

L’App inviava ai server dei ricercatori informazioni anonime sulle persone che venivano avvisate del rischio, su quelle che si sottoponevano al test, su chi otteneva un risultato positivo, e informazioni sul contatto specifico: la durata, la vicinanza.

“Abbiamo anche esaminato ciò che l’App calcolava come rischio per l’individuo, in termini di distanza e durata, e le due cose sono risultate strettamente correlate”, spiega Luca Ferretti.

I ricercatori hanno approfittato delle informazioni raccolte per studiare, quindi, la relazione tra la distanza e la durata dell’incontro con una persona infetta, al fine di vedere come questo influisca sul rischio di contagio.

È emerso che la durata è importante quanto la distanza, se non di più.

“Tutti si concentravano sulla distanza. C’era la regola della distanza di 1 o 2 metri nei negozi e nelle stazioni. Ma la distanza non avrebbe mai dovuto essere la priorità”, afferma Ferretti.

“Una volta che si è a breve distanza da qualcuno, è la durata che conta. Se si è esposti per dieci secondi, bisogna essere molto sfortunati perché le particelle della bocca della persona infetta arrivino alla bocca o al naso dell’altro. Ma se si rimane lì un’ora, ovviamente si tenterà la fortuna sessanta volte di più “.

I ricercatori hanno scoperto che le esposizioni più lunghe a distanze maggiori hanno un rischio simile a quello delle esposizioni più brevi a distanze più ravvicinate.

Non esiste una regola d’oro su quanto tempo si possa trascorrere con una persona infetta prima di contrarre il COVID-19, poiché questo può cambiare a seconda di ciò che la persona infetta sta facendo; ad esempio, se la persona in questione tossisce o starnutisce molto, ha più possibilità di trasmettere l’infezione.

In linea generale, più tempo si trascorre con un’altra persona malata, più è probabile il contagio, anche mantenendo sempre una distanza di due metri.

“In realtà, molte delle persone che si ammalavano venivano probabilmente contagiate da membri della loro stessa famiglia perché stavano insieme più di 8 ore al giorno. Naturalmente la distanza è ancora importante”, afferma Ferretti, “ma una volta stabilito questo aspetto, dobbiamo parlare della durata”.

Secondo Ferretti, “La durata del contatto con una persona infetta è qualcosa che onestamente non è stato considerato molto nella risposta alle pandemie e che avrebbe dovuto essere preso in considerazione”.

Nell’era dei Big Data, afferma il ricercatore, dovremmo essere in grado di utilizzare la tecnologia più recente per sviluppare uno strumento epidemiologico che ci aiuti a combattere la diffusione di un nuovo agente patogeno.

Ma il ricercatore teme che non si faccia abbastanza per incanalare le conoscenze acquisite durante la pandemia per prepararsi a fare fronte alla prossima.

“Non voglio condannare chi cerca di dimenticare gli anni del Covid”, afferma. “Mi preoccupa di più il fatto che i responsabili politici decidano di dimenticare la pandemia a livello istituzionale, perché rischiamo che tutte le conoscenze e le competenze acquisite svaniscano”.

Quindi la lezione che possiamo trarre da questo studio è che non solo la distanza dall’infetto, ma anche la durata dell’incontro sarà importante per combattere la prossima pandemia o epidemia.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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