“Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu coma hai fatto ad attraversarla e ad uscirne vivo. Anzi non sarai neanche sicuro se sia finita davvero. Ma su un punto non avrai dubbio; ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”.
Così ha scritto Haruki Murakami, scrittore e saggista giapponese, il quale sembra distaccato dal fatalismo orientale che sembra aver preso il sopravvento in occasione dell’ultima grave emergenza che ha colpito l’intero mondo, la pandemia da Colvid.19.
In questo periodo di menzogne e bufale a raffica, bisogna essere molto attenti alle notizie che si divulgano in rete, che Andrea Purgatori ha ampiamente approfondito nella serata di mercoledì 1° aprile sul suo interessante programma in onda su La7.
E i giornalisti seri e impegnati a non divulgare fandonie che fanno crescere paure e panico, sono particolarmente attenti allorquando giungono nuove informazioni; e per il rispetto di questa fondamentale regola deontologica passiamo molto tempo a verificare le fonti prima di scrivere un pezzo.
Quello che divulghiamo con questo articolo si basa su fonti certe, le quali hanno verificato sul posto i fatti che raccontiamo, più di tre mesi di inspiegabili silenzi, colpevoli disinformazioni, incredibili leggerezze, inconcepibili ritardi e occultamenti, grazie ai quali la situazione è giunta al punto che è adesso, e dalla quale non sappiamo quando riusciremo a venir fuori, quante saranno le vittime, quanto ci sarà costato, e quanto ci costerà ancora per ripararne i danni e quali altri enormi sacrifici dovremo fare.
Purtroppo tutto ha avuto inizio in Cina alla fine di novembre 2019, è lì che si ebbero primi segnali del contagio, è lì che fu deciso di tenerli segreti allorquando, nella città di Wuhan, si manifestarono i primi casi.
Wuhan, 11.milioni di abitanti, è la capitale della Regione (in Cina le chiamano Provincie) di Hubei, 60 milioni di abitanti; sembra che i primi contagi siano avvenuti in altra città, ma questo non è certo e comunque non ha rilevanza, piuttosto hanno importanza le dimensioni della popolazione, 60 milioni di una Provincia cinese che corrispondono all’intera popolazione italiana.
Ciò sta a significare, prioritariamente, che intorno a quella Provincia vi è un altro miliardo e trecento milioni di persone, due volte e mezzo la popolazione dell’Unione Europea, il che è tutto dire.
Ma sta anche a significare che, per tali dimensioni, oltre che per differente concezione della vita, il problema non venne avvertito con la stessa intensità che da noi, ed è una delle ragioni che potrebbe spiegare perché l’inizio della pandemia fu preso sotto gamba.
Dai dati ufficiali risulta che solo il 31 dicembre 2019 la Cina ha dato l’allarme; il che sta a significare che, se ha ritenuto di farlo solo a fine dicembre, ha taciuto nei giorni precedenti, e lo ha fatto solo quando non poteva più mantenere la cosa nascosta; e poiché per l’espansione della pandemia occorre circa un mese, non è azzardato ipotizzare che i primi sintomi si siano avuti a novembre, pure se il primo caso denunciato ufficialmente è del 10 dicembre.
Filippo Santelli, inviato del gruppo editoriale L’Espresso, è stato a Wuhan alla fine di gennaio 2020, ma ha avuto l’impressione che, a distanza di un mese dall’allarme lanciato al mondo dalle autorità cinesi, nella città più colpita nessuno si preoccupasse più di tanto.
Infatti, nonostante i filmati che la Cina divulgava all’estero, in quella città tutti sembravano vivere tranquillamente, tant’è che pure davanti agli ospedali, in fila per essere visitati, c’era gente che ballava e cantava in gruppo senza mascherine; testimonianze di intervistati sono “che il caso non è così grave, molti sono già guariti”; davanti ai bar la gente era tranquillamente seduta a consumare, un imprenditore italiano trasferito da tempo in Cina con moglie e due figli, seduto al bar confessava di essere stupito che ci fossero in giro tanti messaggi allarmanti, e si preparava tranquillamente ad andare in vacanza.
Dal che si deduce che le immagini che la Cina trasmetteva al mondo intero di una città blindata e deserta, erano solo per farsi propaganda all’estero.
E quando, finalmente, la Cina capisce di aver combinato un grande pasticcio, e decide di chiudere lo scalo di Wuhan per impedire le partenze, nessuno blocca i passeggeri all’aeroporto, tant’è che il collega inviato speciale riesce tranquillamente a prendere l’aereo e a trasferirsi a Pechino, dove l’aeroporto è ancora in piena attività.
Il collega prosegue la sua inchiesta a Pechino e trova la stessa situazione, tutto sembra procedere normalmente, i cittadini percorrono tranquillamente, in auto e a piedi, le strade, senza limitare assembramenti, ovviamente molti indossano le mascherine, ma questo non deve trarre in inganno perché i cinesi da anni le portano in massa per tutelarsi dall’inquinamento atmosferico derivante dai gas di scarico: non dobbiamo dimenticare, infatti che la Cina è uno dei paesi più inquinati del mondo.
L’inchiesta va avanti ancora per giorni, e solo alla fine il collega ha la sensazione che qualcosa sia cambiata, ma oramai la frittata è fatta, le scarse misure di contrasto della Cina alla propagazione del virus hanno già ottenuto il loro nefasto effetto, prima l’Italia settentrionale, poi il sud della Germania e della Francia, poi la Spagna, sono state facilmente conquistate dal morbo che noi in Italia siamo riusciti a contenere grazie alle draconiane misure di contenimento gradualmente adottate, che hanno consentito di circoscriverlo alle zone maggiormente colpite, misure purtroppo non immediatamente adottate dagli altri paesi, per non parlare della dabbenaggine, non sapremmo quale altro termine usare, del premier inglese, che inizialmente ha auspicato un “effetto gregge”, una follia che solo a un folle si potrebbe perdonare, salvo poi a correre ai ripari quando anche lui è stato colpito.
Per non parlare dell’altro megalomane statunitense, che, grazie alla sua scarsa sensibilità, ha sottovalutato il pericolo con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti; oramai gli Usa sono il primo paese al mondo per numero di contagi e di morti, ed è stato costretto a “sistemare” i cittadini a rischio in auto-parcheggi all’aperto, delimitando gli spazi a ciascuno di essi assegnati negli stalli delle vetture, com’è avvenuto a Las Vegas.
I più recenti dati pubblicati dal nostro governo sulla situazione nel mondo, aggiornati al 2 aprile 2020, sono i seguenti:
Mondo: n. 827.419 casi, 40.777 morti, 205 paesi colpiti.
Cina: 82.368 casi, 3.321 morti.
Europa: 464.859 casi, 30.098 morti.
-Italia: 110.574 casi, 13.155 morti; -Spagna 94.417 casi, 8.198 morti; -Germania: 67.366 casi, 732 morti; -Francia 52.128 casi, 3.523 morti; -Svizzera 16.108 casi, 373 morti; -Regni Unito 25.150 casi, 179 morti.
Stati Uniti: 163.199 casi, 2.850 morti.
Canada: 7.695 casi, 89 morti.
Messico: 1.094 casi, 28 morti.
L’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità, ritiene che il pericolo che il contagio si estenda ulteriormente sia molto alto, non può considerarsi confinato ad alcuni paesi o zone geografiche ma minaccia l’intero mondo, e che al momento l’epicentro della pandemia sia l’Europa; inoltre, c’è l’alto rischio che, se il trend di crescita dovesse proseguire, entrerebbero in crisi i sistemi sanitari, già attualmente allo stremo.
C’è da considerare anche che al momento continenti in gran parte sottosviluppati, come l’Africa, rilevano un basso contagio, ma se questo dovesse aumentare, non sappiamo cosa potrà succedere; infine c’è da tener presente che, pure quando il virus sembra debellato in un paese, non è matematicamente certo che non possa ricomparire.
L’unica sicurezza potrà venire solo dalla creazione di un vaccino, che è la sola tutela individuale e collettiva contro il morbo; ma pure se diversi vaccini sono allo studio, i tempi sembrano ancora lunghi e, fino a quando un vaccino non ci sarà, nessuno può dormire sugli allori né abbassare la guardia.
Giunti a questo punto viene da chiedersi perché la Cina si sia comportata come abbiamo scritto.
E pure se, successivamente, ha fatto la “sceneggiata” delle manifestazioni di grande stima, affetto e amicizia nei confronti dell’Italia, probabilmente una tardiva presa di coscienza degli errori commessi, e ha tentato di farsi perdonare fornendoci spontaneamente presidi medici e assistenza specialistica, una specie di mea-culpa e di pena auto-impostasi, rimane comunque la sua grande responsabilità, nei riguardi del mondo intero e non scioglie l’enigma d del suo superficiale modo di agire.
La sentenza la daranno i posteri; noi in questo momento sappiamo solamente che la leggerezza cinese ha messo in crisi tutto il mondo, e che l’attuale giudizio di condanna, che la storia confermerà, e gli spontanei aiuti elargiti, non ci ripagano.
E sappiamo anche che ciascuno di noi, “uscito da quel vento, non sarà lo stesso che vi è entrato”.