Non accenna a diminuire il caos della somministrazione dei vaccini, in tutta Italia, in Campania e qui a Cava.
L’attenzione a questo problema ci porta a contestualizzare quello generale con casi specifici, concreti, perché se non si parla di esperienze personali, si stenta a capire cosa non funziona e perché.
Le esperienze personali di ciascuno di noi, infatti, sono illuminanti per comprendere le difficoltà che tutti abbiamo qui a Cava, a partire dalla massima autorità cittadina, il Sindaco Servalli per giungere all’ultimo cittadino che chiede risposte che non riesce ad avere.
Vi sono tre casi, che ho seguito personalmente, dei quali voglio parlare.
Primo caso
Personalmente ho dovuto risolvere, con grande difficoltà, un problema sul quale nessuno finora è stato in grado di darmi una spiegazione perché, tra farraginose norme burocratiche, difficoltà informatiche della piattaforma regionale, che ha cambiato spesso impostazione, sembra che nessuno ci si raccapezzi, neanche i tecnici e i sanitari.
E se ai medici di base che hanno la volontà di assistere i loro pazienti, si aggiungono quelli che non hanno voglia di farlo, che sono evanescenti e che spesso non rispondono nemmeno al telefono, il quadro delle difficoltà della popolazione è allarmante.
In una famiglia di tre persone, il capofamiglia, sotto la ottantina, il 3 febbraio si registra sulla piattaforma regionale, sito https://adesionevaccinazioni.soresa.it/.
Avuta la conferma, resta in attesa di essere convocato.
Dopo circa un mese e mezzo riceve un messaggio e-mail dalla Regione che lo convoca all’Ospedale Umberto I di Nocera Inferiore per l’ultimo venerdì di marzo.
Tutto è proceduto regolarmente tra la massima pulizia e sicurezza, e dopo tre settimane gli viene somministrata anche la dose di richiamo.
Ma un inghippo si è verificato per la moglie e la figlia, entrambe con patologie che le fanno classificare “soggetti fragili”.
La registrazione sulla piattaforma campana viene fatta a metà marzo per entrambe, ma capita una cosa molto strana; la figlia, trent’anni in meno, viene convocata per la prima dose pochi giorni dopo, la moglie trent’anni in più, con patologie molto più gravi, non è mai stata ufficialmente convocata.
Nessuno è stato ancora in grado di spiegare il mistero, né il Ministero della Salute, né la Regione, né l’Asl, né il Medico di base, né l’Assessore della Sanità del Comune di Cava, né i centri vaccinali.
Secondo caso
Questo episodio è ancora più sconcertante.
Riguarda una coppia di anziani coniugi, il marito è afflitto da una serie di patologie in base alle quali avrebbe potuto essere pregiudizievole la somministrazione del vaccino AstraZeneca che gli era stato assegnato; il medico vaccinatore, presa visione delle patologie certificate dal Medico di base, non ha avuto difficoltà a inviarlo al centro vaccinale di San Francesco, dove ha ricevuto le due dosi del vaccino Pfizer.
La moglie, anche lei anziana, ma con qualche patologia in meno, pure soggetto fragile, viene convocata al centro vaccinale di Santa Lucia per ricevere la prima dose di AstraZeneca; evidenziando le sue patologie chiede la somministrazione del vaccino Pfizer.
Le venne rifiutato, e i medici vaccinatori di Santa Lucia l’avrebbero minacciata di depennarla dall’elenco dei vaccinandi per essersi rifiutata di vaccinarsi.
Cosa che sembra assolutamente contro legge, in quanto il diritto alla salute è garantito dalla Costituzione, e nessuno può sopprimerlo “ad libitum”; e il paziente, in tale ottica, ha facoltà di decidere se assumere un determinato medicamento o uno alternativo, ma nessuno può imporgli “questo o niente”.
Probabilmente il suo Medico di base avrebbe potuto aiutarla; ma, per tornare al discorso dei Medici di base affidabili o meno, non ha voluto intervenire, nonostante ne avesse non solo la facoltà, ma pure l’obbligo; avrebbe dovuto accedere alla piattaforma regionale, che è in costante collegamento con quella dell’Asl regionale e consigliarla per il meglio.
La poveretta sta ancora facendo la spola tra il Centro di Santa Lucia e quello di San Francesco per cercare di risolvere il problema.
E a tal proposito sembra che quanto asserito dai medici vaccinali di Santa Lucia, venga smentito da un avviso dagli stessi affisso, che correda questo articolo.
Infatti su tale avviso si legge testualmente “La vaccinazione è un atto volontario e non obbligatorio, pertanto chi non volesse effettuarla con il vaccino AstraZeneca eviti di accedere ai locali al fine di non ritardare le procedure di vaccinazione”: e fin qui niente di strano.
Ma l’avviso prosegue “Chi non effettuerà il vaccino verrà chiamato successivamente in base a quanto verrà stabilito dai decreti ministeriali”.
E conclude “Chi ha patologie per le quali non è consigliato il vaccino AstraZeneca dovrà rivolgersi al proprio medico di medicina generale il quale rilascerà un attestato di non idoneità a tale vaccino, certificando le patologie di cui si è affetti, e potrà recarsi in altro centro vaccinale per prendere un appuntamento”.
Da tutto ciò, se il testo dell’avviso è corretto, si deduce che:
-Il diritto alla salute è irrinunciabile, a meno che non lo decida il paziente.
– Vaccinarsi è un atto volontario e non obbligatorio, e il paziente ha diritto di rinunciarvi.
– Il paziente può rifiutarsi di assumere un vaccino non adatto, ma questo non significa la definitiva rinunzia a vaccinarsi.
– Tant’è che chi rifiuta un tipo di vaccino, in base alle indicazioni ministeriali verrà chiamato successivamente.
– A chi ha patologie per le quali un determinato vaccino è sconsigliato, il medico di base rilascerà un certificato di non idoneità a “quel” vaccino.
Ma la vicenda non si è ancora conclusa, la signora non l’ha spuntata ed è stata riconvocata per il 5 maggio prossimo per avere… AstraZeneca.
Terzo caso
Probabilmente il calvario di questa famiglia è stato pubblicato anche su qualche pagina FB, ma voglio menzionarlo per evidenziare a quali difficoltà persone anziane e malate vanno purtroppo incontro.
Un signore abbastanza anziano, classificato come fragile, viene convocato con il consueto messaggio e.mail per vaccinarsi a Santa Lucia con AstraZeneca.
La figlia lo accompagna portandosi dietro un elenco delle patologie e, dopo ore di fila, all’accesso lo fa vedere al medico il quale lo ritiene insufficiente e l’invita a farle attestare dal medico curante il quale, non senza qualche riluttanza, rilascia la certificazione, con la quale il paziente si ripresenta al centro vaccinale di Santa Lucia, dal quale viene rimandato a quello di San Francesco per il vaccino Pfizer.
Ma il sanitario di San Francesco lo rispedisce a Santa Lucia perché il responsabile non ha messo “un timbro” sulla certificazione del medico curante!
Il paziente torna a Santa Lucia, nuova fila, purtroppo non c’è più il responsabile precedente, e quello in servizio lo invita a tornare il giorno dopo.
Il giorno successivo nuova fila a Santa Lucia, c’è il sanitario del giorno precedente il quale incomincia a tergiversare.
E’ stato necessario protestare energicamente, ricorrere alle minacce, solo con le quali il Sanitario sembra essersi ammorbidito e, finalmente, ha messo quel benedetto timbro e firma.
Quando il pomeriggio il paziente torna a San Francesco, dopo una nuova fila, viene rimandato a casa perché le dosi di vaccino Pfizer… sono finite!
Ed è stato riconvocato per il 6 maggio prossimo.
E opportuno chiarire che il tutto viene gestito dall’Asl, la quale ha in rete tutte le patologie di un paziente e le medicine che prende: qualcuno dell’Asl dovrebbe spiegare a cosa serve tutta la burocrazia aggiuntiva, tutto questo far peregrinare la gente tra centri vaccinali e medici di base, invece di cercare di limitare al minimo le difficoltà che un povero paziente, per di più anziano e malato, deve affrontare.
A questo punto i pazienti che debbono vaccinarsi debbono solo decidere, almeno qui a Cava, se morire di burocrazia, di riluttanza dei sanitari, di vaccini che si esauriscono, o di Covid-19: c’è solo l’imbarazzo della scelta!
E su tutto questo caos, il sindaco Servalli e i suoi continuano a tacere.