scritto da Nino Maiorino - 22 Gennaio 2018 14:39

Claretta Petacci, la colpa di amare

C’è gente che crede di essere autorizzata a scherzare sempre, dovunque e senza remore, e pretende di essere ascoltata, accettata e scusata sempre.

La infelicissima, per essere clementi, battuta di Gene Gnocchi in un seguito talk di qualche sera fa su La7, ha scatenato, giustamente, un coro indignato di proteste nel giro di poche ore; e tantissimi sono intervenuti per manifestare fondatissime critiche sul comportamento del comico e solidarietà per chi è stata tirato in ballo nel demenziale accostamento ad un maiale che gira tra i rifiuti di Roma (brava la Sindaca Raggi! Peggio non poteva fare): e la povera Clara Petacci, conosciuta come Claretta, alla quale, indipendentemente dalle idee politiche che ciascuno ha, va riservato un doveroso ricordo e qualche preghiera, essendo stata una donna che ha molto amato, anche se forse la persona sbagliata, e fino all’ultimo, pur potendo salvarsi allontanandosene, volle rimanere accanto al suo uomo.

Io non so cosa sia venuto in mente al demenziale intrattenitore il quale, tra l’altro, sembra non aver compreso la gravità della sua battuta, tant’è che dopo, invece di scusarsi, ha tentato di giustificare e quasi confermare ciò che ha detto; e questo ha ulteriormente inasprito il popolo non solo del web che gli ha indirizzato ogni sorta di improperi; è da augurarsi che l’emittente televisiva e il bravo conduttore del talk prendano provvedimenti cacciandolo.

Quanto accaduto ha indotto molti a rinfrescarsi la memoria su Claretta Petacci, il suo amante, il Duce Benito Mussolini, l’evoluzione del suo dittatoriale e funesto governo, la fine di entrambi.

Su Benito Mussolini chiunque conosca un poco la recente storia d’Italia, dovrebbe avere poco da imparare, visto i numerosissimi scritti di giornalisti, storici, saggisti di tutti gli orientamenti che sarebbe stato doveroso leggere e approfondire, e chi non l’avesse ancora fatto farebbe bene a provvedere, quanto meno per conoscere la storia di quel ventennio di dittatura, di violenza squadrista, di assassinii, di opposizioni represse brutalmente, fino agli epiloghi dell’armistizio, della Repubblica di Salò, delle cruente repressioni da parte dell’esercito tedesco e delle squadre delle SS contro quello che restava dell’Esercito e il popolo italiano, la distruzione di tante città fino allo sbarco degli Alleati anglo-americani che, sia pure con azioni militari a volte estremamente cruente e devastanti (si pensi alla distruzione dell’Abbazia di Monte Cassino), segnarono finalmente la definitiva fine di un quarto di secolo a dir poco funesto.

Certamente meno si sa della vera storia di Claretta Petacci, figlia di una agiata famiglia romana; colta e sognatrice, era stata folgorata dal carisma del Duce, al quale scriveva, anche prima di conoscerlo, lettere di ammirazione. Quando nell’aprile 1942 Mussolini, a bordo di una veloce Alfa Romeo, sorpassò l’auto della Famiglia Petacci e la fermò per conoscere di persona la donna che gli scriveva i messaggi, la invitò a Palazzo Venezia e da allora la ventenne Clara (Mussolini era già sulla cinquantina),  banche già sposata (si sarebbe poi separata dal marito), divenne la sua  fedele compagna, sopportando anche le frequenti  “scappatelle” che l’esuberante Benito faceva, e che lei, veramente innamorata, sempre perdonava.

La oramai nota relazione tra Clara e Benito comportò, per la famiglia Petacci, molti vantaggi che la collocarono in una posizione sociale molto più favorevole di quella già agiata precedente, il che contribuì a rinsaldare il rapporto tra i due amanti, nonostante i giustificati risentimenti della legittima consorte del Duce, Rachele Guidi, conosciuta come “donna Rachele”, che Mussolini conosceva fin dall’infanzia ed alla quale era sposato sin dal 1915; anche Donna Rachele era una bella donna, ma severa e autoritaria anche più del marito e probabilmente anche per questo Mussolini non si fece mai scrupolo di avere tante relazioni extra-coniugali tra le quali quella con la fedele Claretta (che, sempre innamorata, lo chiamava “l’amato Ben”), fu la più lunga e duratura per l’intera vita, fino alla morte di entrambi.

Ovviamente anche la Petacci venne travolta dagli eventi che seguirono l’inizio del secondo conflitto mondiale e la caduta del regime fascista e venne arrestata alla caduta del regime  il 25 luglio 1943, ma venne successivamente liberata l’8 settembre successivo quando venne annunciato l’armistizio; la famiglia Petacci abbandonò Roma e si trasferì nel nord Italia, controllato dalle truppe tedesche e dalle milizie naziste e fasciste, e dove poi venne creata la Repubblica Sociale Italiana; Claretta si trasferì in una villa a Gardone Riviera, vicino alla residenza di Mussolini e alla sede del governo di Salò.

Fu il periodo in cui tra Claretta e Mussolini si instaurò una fitta corrispondenza che, contrariamente al parere e alle direttive del Duce, Claretta conservò, e fu anche fonte di indagini storiche successive in quanto nelle stesse, ovviamente, si parlava degli avvenimenti che si accavallavano e dei tradimenti subiti, tra i quali quello di Galeazzo Ciano, marito di Edda figlia del Duce, che aveva tradito il suocero e il regime, e per il quale la stessa Clara, molto inasprita, chiedeva la pena di morte anche per la moglie Edda.

Dopo l’abbandono, nel mese di aprile 1945, della riviera del lago di Garda da parte di Mussolini, la famiglia Petacci si trasferì a Barcellona, ma Clara non si allontanò dal Duce e, il 27 aprile 1945, venne arrestata a Dongo unitamente ad esso, durante l’estremo tentativo di sottrarsi alla cattura. Qualcuno ha sostenuto che alla Petacci fosse stata offerta una via di scampo, che lei avrebbe decisamente rifiutato per rimanere accanto al “suo” amato Ben.

Il giorno successivo sul Lago di Como, in località Bonzanigo, Mussolini venne  fucilato dal Comando delle Forze partigiane; stessa fine fu riservata a Claretta sulla quale, però, non vi era stata alcuna condanna; la leggenda narra che venne anch’essa fucilata per essersi posta tra il Duce e gli esecutori, o per eliminare una scomoda testimone, ma fonti attendibili sostengono che la Petacci venne ammazzata almeno due ore più tardi con una sventagliata di mitra alle spalle su di un prato all’inizio della mulattiera via del Riale che porta a Bonzanigo.

E su quelle due ore si sono fatte varie illazioni, anche in merito ad una violenza carnale che la poveretta avrebbe subito da parte di qualche partigiano; la cosa, comunque, non è stata mai provata e sembra alquanto improbabile anche in considerazione della concitazione di quelle ore. Unitamente a Clara venne ammazzato a Dongo, insieme ad altri, anche il fratello Marcello, che non aveva voluto abbandonare l’Italia come il resto della famiglia.

Lo scempio dei cadaveri di Mussolini, di Clara e di altri, sospesi a testa in giù in un distributore di carburante di Piazzale Loreto a Milano e probabilmente vittime “post mortem” di violenze, è a tutti noto; meno noto il particolare che, nel sospendere il cadavere della Petacci, venne scoperto che non aveva le mutandine per cui qualcuno chiese una spilla per poter chiudere i lembi della gonna, che poi i vigili del fuoco con una corda fissarono; quel particolare ha accresciuto le illazioni sulla presunta violenza carnale, comunque mai provata.

Si concludeva così un grande amore e una vita tragica, nei confronti della quale la umana pietà può solo raccogliersi e, magari, pregare.

Ma, indipendentemente da come sono andate le cose, rimane la figura di questa donna che ha molto amato che e stata vicino al suo uomo nelle gioie e nelle avversità, che non l’ ha abbandonato nemmeno nelle ultime ore della vita pure sapendo di rischiare anche la sua: quasi una eroina romantica sacrificatasi per il suo amore e che, per questo, è degna del massimo rispetto .

Una volta si era soliti dire: scherza con i fanti e lascia stare i Santi; a gente come Gnocchi verrebbe da dire: scherza con i fanti e lascia stare almeno i morti.

E vergognati.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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