Riprendiamo il discorso sulla tragedia di Chernobyl della quale è già stata pubblicata, in data 5 scorso la prima parte, tornando ora alla cronaca della tragedia.
Il 26 aprile 1986 alle ore 01:23:45 locali la centrale stava effettuando un esperimento definito come test di sicurezza: si voleva verificare se, in assenza di alimentazione esterna, la turbina accoppiata all’alternatore potesse continuare a produrre energia elettrica sfruttando l’inerzia del gruppo turbo-alternatore anche quando il circuito di raffreddamento non produceva più vapore, per alimentare le pompe di circolazione. Per consentire l’esperimento furono disabilitati alcuni circuiti di emergenza.
Il test mirava a colmare il lasso di tempo di 60 secondi che intercorreva tra l’interruzione di produzione di energia elettrica del reattore e l’intervento del gruppo diesel di emergenza. Questo avrebbe aumentato la sicurezza dell’impianto, che avrebbe provveduto da solo a far girare l’acqua nel circuito di raffreddamento fino ad avvenuto avvio dei motori diesel.
Riguardo alle cause dell’incidente esistono due tesi: la prima, nel rapporto pubblicato dalle autorità nell’agosto 1986, attribuiva la responsabilità interamente agli operatori dell’impianto; la seconda, pubblicata nel 1991, evidenziava anche le gravi debolezze intrinseche di progettazione del reattore; un elemento importante, tra gli altri, risultò essere un errore nella progettazione delle barre di controllo.
Le conclusioni delle inchieste appaiono contrastanti ma, a prescindere dalle valutazioni di responsabilità riguardo singole persone o azioni umane, i dati accertati sono che, nel suo complesso, l’evento fu il risultato di un’impressionante somma di fattori di rischio, una catena di errori e mancanze, riguardanti sia le caratteristiche intrinseche fondamentali del tipo di macchina, sia errori di progetto in alcuni particolari meccanici, sia il sistema di gestione economico e amministrativo (la centrale elettrica era priva di personale qualificato e aggiornato sulle caratteristiche dell’impianto), e infine per la scelta del personale direttivo di effettuare un rischioso “esperimento” che portò all’incidente, poiché effettuato con errori di coordinamento e manovre particolarmente incaute e sfortunate.
Un dato importante è che gli operatori della centrale ignoravano i problemi tecnici del reattore. I progettisti sapevano che il reattore in certe condizioni era pericoloso ma lo avevano nascosto intenzionalmente ai tecnici, perché le caratteristiche del reattore non dovevano essere rese note al pubblico o a operatori civili, essendo trattate dalle autorità come questioni militari; inoltre il personale dell’impianto era composto per la maggior parte da operatori non qualificati per quel tipo di reattore: il direttore, aveva esperienza di impianti a carbone; anche il capo ingegnere dell’intera centrale proveniva da impianti convenzionali, il capo ingegnere dei reattori 3 e 4 aveva solo una limitata esperienza con reattori nucleari, per lo più su piccoli esemplari progettati per i sottomarini nucleari sovietici.
Talune anomalie dell’impianto avevano già creato un problema nel 1983 nella centrale nucleare di Ignalina, in Lituania, con un reattore dello stesso tipo.
Inoltre il direttore dell’esperimento commise gravissime violazioni delle procedure e questo, insieme alla scarsa comunicazione tra gli addetti alla sicurezza e gli operatori che dovevano condurre l’esperimento, contribuì all’incidente.
Qualche operatore contestò al direttore il disinserimento di tutti i sistemi automatici di sicurezza, ma fu minacciato di licenziamento, quindi gli operatori disattivarono i sistemi di sicurezza del reattore, cosa proibita anche dai manuali operativi dell’impianto.
A complicare la ricostruzione alle ore 1:23:47 fu registrato, nell’area di Cernobyl, un debole evento sismico di magnitudo 2,5.
“Qualche tempo fa su La7 è stata trasmessa una serie di ricostruzioni del disastro, prodotta in Russia, che riepiloga molto bene, e con grande drammaticità, tutto il periodo successivo alla esplosione, i sacrifici che tantissimi volontari fecero per tentare di arginare le conseguenze derivanti dalla esplosione, un nutrito gruppo di minatori, abituati alle temperature elevate del sottosuolo, si prestò volontariamente di intervenire, tanti non esitarono a introdursi nel reattore, pure coscienti che sarebbero stati contaminati, forse irreversibilmente: infatti tantissimi sarebbero morti in poco tempo”.
(2 – continua)