scritto da Nino Maiorino - 02 Luglio 2024 06:59

Cetara, la colatura di alici prodotta come in passato

 

Nel corso della recente riunione dei vertici del G7, tenutasi in Puglia, a Borgo Egnazia, nel comune di Fasano in Puglia, dal 13 al 15 giugno 2024, i convenuti sono stati deliziati dal menù curati da Francesco Bottura, lo chef dell’Osteria Francescana, che ha utilizzato per alcuni piatti la colatura di alici, la eccellenza campana nota in tutto il paese e anche all’estero.

Questa salsa, che erroneamente si ritiene originaria di Cetara, risale invece ai Romani, che producevano una salsa molto simile alla colatura odierna, chiamata “garum”.

La ricetta venne poi recuperata nel Medioevo da parte dei gruppi monastici presenti in Costiera, i quali ad agosto erano soliti conservare sotto sale le alici in botti di legno con le doghe scollate e poste in mezzo a due travi, dette “mbuosti”; sotto l’azione del sale, le alici perdevano liquidi che fuoriuscivano tra le fessure delle botti.

Il procedimento si diffuse successivamente tra la popolazione della costa, che la perfezionò con l’utilizzo di cappucci di lana per filtrare la salamoia.

Le fonti scritte risalgono al 1807 ad opera di P. Niccola “Columella” Onorati, un francescano lucano, che scrisse una memoria “Della Pescagione e del modo di salare le alici ecc…”.

In essa il francescano descrive nei particolari come facevano la colatura di alici di Cetara al suo tempo, uno scritto dal quale vengono tratti insegnamenti ancor oggi.

L’occasione del recente G7 ha fatto conoscere questo condimento a tutto il mondo.

Casualmente sul blog “cibotoday.it” qualche giorno fa è stato menzionato la produzione della colatura fatta da un produttore locale, Giulio Giordano, titolare dell’azienda “Nettuno”, che produce ancora la colatura con il sistema artigianale utilizzato dai suoi avi (Giulio rappresenta la terza generazione).

Giordano ha spiegato come fa la pregiata colatura delle alici cetaresi.

Ingegnere mancato, da ragazzo aveva capito che la sua passione era di seguire la tradizione familiare.

“Mio padre faceva la colatura e prima di lui mio nonno. Non volevo deludere le loro aspettative e fin da ragazzino ho iniziato a lavorare con loro”, ha raccontato

 

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Tre generazioni della famiglia Giordano

L’azienda Nettuno nasce nel 1950, poco distante dalla piazzetta e dal porto di Cetara, all’interno di un laboratorio costruito nella roccia.

“In quei tempi la consegna delle alici si faceva in bicicletta. Mio nonno Raffaele andava al porto e prendeva il pesce. Solo più tardi ha comprato un’apetta”.

Oggi Nettuno, nonostante l’ammodernamento degli spazi (la grotta è stata piastrellata per ragioni di igiene), continua a fare la colatura di alici manualmente, una rarità in zona visto che molte aziende hanno in parte meccanizzato la produzione.

“Papà diceva sempre che fare la colatura di alici è come meditare, perché bisogna farlo in silenzio. Un pesce alla volta, senza alcuna distrazione”, continua Giulio Giordano.

Un processo capillare e lento, regolato da un disciplinare rigidissimo.

Giulio Giordano spiega come la colatura sia un prodotto che si è sempre fatto a Cetara, una ricetta antichissima che deriva dal famoso garum dei latini: condimento liquido a base di interiora di pesce usato per insaporire molti piatti.

La colatura a Cetara si fa dal XIII Secolo; la tradizione fa risalire questa produzione a un antico monastero nel centro di Cetara.

I pescatori di quei tempi erano soliti regalare una cassetta di alici ai religiosi che iniziarono così a fare la colatura.

La svolta per la riscoperta della colatura avviene nel 1997, quando Cetara diventa Patrimonio UNESCO in quanto parte della splendida Costiera Amalfitana.

Nel 2020, dopo una lunga trafila burocratica, la colatura viene registrata DOP.

Regole rigide prevedono la localizzazione della produzione nei comuni della provincia di Salerno e un affinamento di minimo 10 mesi.

“Noi in azienda raggiungiamo i 3 anni minimi di invecchiamento, per questo la nostra colatura è un concentrato di sapore”, spiega Giordano mentre mostra come si svolge il procedimento tradizionale.

“La colatura non è altro che la maturazione delle alici sotto sale, che macerando rilasciano un liquido saporitissimo”, racconta Giulio Giordano.

Fondamentale è il terzigno, ovvero la botte dove vengono lasciate le alici, chiamata così perché è la terza parte di botti di castagno.

Le fasi di produzione sono numerose e specifiche, tutte strettamente ancorate alla tradizione.

Si parte dalla scapezzatura, ovvero la decapitazione dell’alice con un colpo unico fatto a mano, portandosi via anche le interiora del pesce.

Poi si passa all’incruscatura, lasciandole marinare per 24 ore con il sale: alla fine si prendono le alici e si dispongono a corona all’interno del terzigno, alternandole con strati di sale.

Le alici devono essere disposte schiena a pancia, in modo che la pressatura risulti omogenea.

Da qui si pone poi un pesante masso sopra il coperchio della botte e le alici vengono lasciate riposare per 3 anni.

Giunte alla maturazione desiderata, con un attrezzo appuntito detto “vriale” viene praticato un foro sul fondo del terzigno, da cui inizia a spillare il liquido.

Un processo per cui Giulio Giordano ancora si emoziona nel parlarne, ricordando quando suo padre gli permise di praticare il primo foro.

“Le nostre botti sono vecchissime, hanno anche 60, 70 anni”, racconta con orgoglio.

Il risultato è un liquido molto intenso, dal colore scuro ambrato, da abbinare con la bruschetta o con lo spaghetto.

La ricetta? “Prima unite olio, aglio e colatura in un recipiente senza cuocere. Poi ci buttate dentro la pasta dopo averla bollita senza sale. Si può aggiungere un po’ di prezzemolo a piacimento” suggerisce Giulio Giordano.

E se lo consiglia lui, bisogna crederci.

 

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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