Bernardo Bertolucci, se ne è andato l’ultimo imperatore del cinema italiano
Se n’è andato in punta di piedi, così come quasi in punta di piedi era entrato nel mondo del cinema, uno dei più grandi registi italiani, Bernardo Bertolucci, deceduto il lunedì 26 novembre scorso nella sua abitazione romana, all’età di 77 anni.
In verità, etichettare un grande personaggio della cinematografia come italiano sminuisce il valore di un artista in quanto, sullo scenario mondiale, un grande regista, come un grande pittore o un grande scrittore, non possono essere incasellati nei confini di un paese, perché l’arte, sotto qualsiasi forma esercitata, è universale e l’artista è cittadino del mondo.
Bertolucci comunque è stato “L’ultimo imperatore” della cinematografia nazionale, come l’ha definito Stefania Sandrelli, una delle attrici che gli è stata vicina essendo stata diretta dal maestro scomparso, e si va a incasellare accanto agli altri grandi imperatori della cinematografia nazionale.
Dicevamo che Bertolucci si era avvicinato all’arte cinematografica in punta di piedi, quasi per caso, in quanto fino all’età di 21 anni non aveva mai pensato di dedicarsi alla cinematografia, probabilmente perché si sentiva più attratto da altre arti, pure avendo, in giovanissima età, realizzato alcuni cortometraggi in 16 mm., come “La teleferica” e “La morte del maiale” negli anni 1956 e 1957.
Bernardo Bertolucci era nato a Parma il 16 marzo 1941; suo padre Attilio era poeta e il fratello Giuseppe regista, quindi nella sua casa si respirava l’arte e Bernardo, inizialmente, si interessò di poesia e partecipò a qualche premio letterario dopo essersi iscritto al corso di Laurea in Lettere presso l’università La Sapienza di Roma, che però ben presto abbandonò per dedicarsi al cinema allorquando conobbe Pier Paolo Pasolini, che lo indirizzò e lo iniziò, e del quale divenne assistente. E il primo film di Bertolucci, “La commare secca”, è su soggetto e sceneggiatura di Pasolini, col quale collaborò al film “Accattone”.
Ma Bertolucci si distaccò presto dal mondo pasoliniano per seguire una strada diversa e una idea personale di cinematografia, basata sull’esame di personaggi che, al contrario di quelli pasoliniani, affrontano bruschi cambiamenti della loro vita e del mondo che li circonda e che incidono improvvisamente sulla loro identità, ma contro i quali hanno un atteggiamento di ribellione, che non sempre si riscontrano nelle opere di Pier Paolo Pasolini.
Bertolucci non raggiuse subito la notorietà; infatti, le sue prime opere, “La commare secca” del 1962, “Prima della rivoluzione” del 1964, “Il canale” documentario del 1966, “La via del petrolio” serie TV ad episodi del 1967, “Partner” del 1968, “Amore e rabbia – Agonia” del 1969, “Il conformista” e “Strategia del ragno” del 1970, “La salute è malata” documentario del 1971, non gli diedero la notorietà di quelle successive. Anche in seguito alcune sue opere, come, ad esempio, “La tragedia di un uomo ridicolo” del 1981, “L’addio a Enrico Berlinguer” documentario del 1984,“Cartoline dalla Cina” cortometraggio TV del 1985, “12 registi per 12 città – Bologna” documentario del 1989, rimasero in secondo piano.
Per uno di quegli strani casi della vita, Bertolucci balzò alla ribalta della cinematografia mondiale con il film-scandalo, “Ultimo tango a Parigi” del 1972, con Marlon Brando e la giovane Maria Schneider, deceduta qualche anno dopo, il quale, insieme alla notorietà, procurò al regista seri problemi giudiziari.
La pellicola venne sequestrata, il regista incriminato e condannato per offesa al comune senso del pudore e venne privato dei diritti civili, compreso il diritto al voto, per un quinquennio; solo nel 1987 le pellicola fu dissequestrata e recentemente, dopo il restauro, è tornata alla ribalta (ne ha parlato anche questo giornale circa un mese fa).
Alla fin fine, guardata con gli occhi di oggi certamente più smaliziati, il film, oltre al pessimismo per la vita e allo sbandamento per un mondo che sembra andare alla deriva, intensamente espresso dal protagonista Marlon Brando, non dice più di tanto, anche perché scene come quella famosa che all’epoca fece scandalo, quella di sesso estremo, oggi sono tranquillamente accettate e non fanno più notizia.
Molto più importanti, invece, sono i successivi film di Bertolucci, quelli più noti e che lo resero celebre, come “Novecento” del 1976, “L’ultimo imperatore” del 1987, “Il tè nel deserto” del 1990, “Piccolo Buddha” del 1993, “L’assedio” del 1998, e quelli meno noti “La luna” del 1979, “Io ballo da sola” del 1996, “Histoire d’eaux” del 2002, “I sognatori” del 2003; “Io e te” del 2012 e, ultimo ”Venice 70 – Scarpette rosse” del 2013.
Per problemi di salute, che lo avevano costretto alla sedia a rotelle e l’avrebbero portato alla morte, Bertolucci dal 2013 si era ritirano dalle scene, vivendo nell’ombra.
Ma non sono nell’ombra i numerosissimi premi conseguiti o per i quali ebbe “nomination”: nel 1988 all’ “l’Ultimo imperatore” fu assegnato il premio Oscar per la regia e per la sceneggiatura; per lo stesso film pure nel 1988 fu premiato col Golden globe per la regia e per la sceneggiatura; e pure nel 1988, sempre allo stesso film, vennero assegnati tre David di Donatello come miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura; ottenne “nomination” all’Oscar nel 1972 per “Il conformista”, nel 1974 per “Ultimo tango a Parigi”.
Non si contano i numerosi premi minori che Bertolucci ha avuto, né i numerosi riconoscimenti e onorificenze che gli sono stati assegnati: nel giugno 1988 la qualifica di “Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana”, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri; nel febbraio 2001 la “Medaglia d’oro ai benemeriti della Cultura e dell’Arte” «Per aver saputo coniugare poesie e grande cinema come nella storia del cinema italiano, per aver saputo far dialogare culture e mondi diversi rimanendo fortemente radicato alla cultura del proprio paese, per aver saputo rappresentare con passione e con coraggio la storia politica, sociale e culturale degli ultimi cento anni.»; e la “Laurea Magistrale Honoris Causa in Storia e Critica delle Arti e dello Spettacolo”, con la motivazione «Bernardo Bertolucci è uno dei maggiori e riconosciuti cineasti del mondo; il suo cinema costituisce un punto di riferimento per intere generazioni di registi, ha emozionato milioni di spettatori, suscitando anche ampi dibattiti culturali che sono andati ben al di là dell’ambito cinematografico, ed è oggetto di rilevanti studi storici e teorici pubblicati in tutte le maggiori lingue del mondo», con la quale vogliamo chiudere queste brevi note commemorative della sua morte.