“Alea iacta esto”, che il dado sia tratto! Il 10 gennaio del 49 a. C. Cesare varcò il Rubicone
Cesare, proconsole e dominatore delle Gallie, patrizio e pontefice massimo, diede così inizio alla vittoriosa marcia che in soli 60 giorni lo avrebbe reso padrone di Roma e dell’intera Penisola.
Il 10 gennaio del 49 a.C. Caio Giulio Cesare varcò il fiume Rubicone (oggi nella provincia di Forlì-Cesena, in Emilia-Romagna) per dirigersi contro il rivale Gneo Pompeo a Roma. La tradizione vuole che, compiendo questo gesto, Cesare pronunciò la famosa frase “Alea iacta est”, ovvero “Il dado è tratto”, frase ancora oggi utilizzata nel linguaggio comune per definire un gesto dal quale non si può tornare indietro.
Secondo quanto scritto dallo scrittore greco Plutarco nelle Vite Parallele, Cesare avrebbe pronunziato la frase in greco, allora lingua colta e facilmente comprensibile agli uomini a lui più vicini e avrebbe detto “Ἀνερρίφθω κύβος”, Anerrìphtos cubos in lingua greca, che significa “sia lanciato il dado”, con un significato leggermente diverso da “il dado è tratto”. Un’esortazione, un camando piuttosto che una constatazione di fatto. La versione “Alea iacta Est”, così come la conosciamo, deriva dalle Vite dei Cesari del biografo Svetonio. In ragione di ciò l’enunciazione esatta sarebbe “Alea Iacta ESTO”. Potrebbe trattarsi molto banalmente di un errore di trascrizione, come ebbe a pronunciarsi Erasmo da Rotterdam in epoca rinascimentale. Svetonio avrebbe omesso una “o” dalla frase, e invece di scrivere “Iacta Alea Esto” avrebbe scritto “Iacta Alea Est”, di fatto uguale alla più nota formula “Alea Iacta Est”. La frase “Iacta Alea Esto” significa infatti “Il dado venga lanciato”, con un imperativo futuro.
Cesare, proconsole e dominatore delle Gallie, patrizio e pontefice massimo, diede così inizio alla vittoriosa marcia che in soli 60 giorni lo avrebbe reso padrone di Roma e dell’intera Penisola. Pompeo, non aspettandosi questa mossa, decise di di abbandonare l’Urbe e fuggì in Grecia, dove venne sconfitto da Cesare.
Cesare fu per i 5 anni successivi al Rubicone capo indiscusso di Roma, sino al suo brutale assassinio. Le sue gesta tuttavia non poterono essere cancellate, poiché la sua decisione di varcare il Rubicone spianò la strada per la nascita dell’Impero Romano.