Si è spenta ieri sera, nella notte di San Lorenzo, la notte dei desideri, a Roma la scrittrice cinquantunenne di origine sarda, Michela Murgia, proprio lei che della realizzazione dei desideri come strumento di celebrazione della vita è stata esempio, specie negli ultimi mesi, da quando, in particolare, la stessa scrittrice aveva dato la notizia della grave malattia che l’aveva colpita, in una intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera nella quale aveva rivelato il suo tumore al quarto stadio, incurabile ormai.
A partire da quella memorabile intervista, Michela Murgia ha mostrato al mondo una diversa e nuova concezione della malattia, rivoluzionaria direi,intesa non come il nemico da sconfiggere ma come parte dell’essere umano. “Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Me l’ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio. Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie; ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno”
Quell’intervista ha segnato anche il punto di svolta nella sua vita probabilmente. Da quel momento, fortissimamente, Michela Murgia, donna tenace e volitiva, ha voluto vivere in pienezza raccontandolo attraverso i suoi canali social e qualche rara intervista. Dalla gita sul VeniceSimplon-Orient-Express, al viaggio a Parigi in occasione della fashion week, ospite della amica Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, alla festa per il suo matrimonio, festa di tutta la sua famiglia queer, è stata esempio di accettazione della malattia e voglia di vivere fino all’ultimo respiro.
I social sono stati per la Murgia anche mezzo per denunciare le distorsioni del nostro tempo e per lottare per i diritti e i valori nei quali credeva e ai quali si ispira una gran quantità di ammiratori. Dal suo account instagram, Michela Murgia ha spesso tuonato in questi mesi contro le scelte del governo Meloni, col quale era apertamente in contrasto. Sono sincera. Inizialmente la Michela Murgia personaggio, non scrittrice, non mi piaceva, la trovavo aggressiva, ai limiti della prepotenza. Poi sono andata oltre l’apparenza e ho apprezzato la sostanza, i contenuti, (coi quali non sempre sono stata d’accordo ma non è questo il punto) ma soprattutto la sua sincerità e la sua passione. Michela Murgia non era aggressiva, era appassionata. La veemenza nell’espressione delle sue idee non era prepotenza ma rabbia di chi crede nelle proprie battaglie e lotta per le ingiustizie con tutto se stesso.
Sono i temi dei suoi romanzi e dei suoi saggi nonché del seguito podcast Morgana, i valori per i quali si è spesa fino all’ultimo. Già in Accabadora, romanzo del 2009, vincitore, tra gli altri, del Premio Campiello, che la lanciò nel panorama letterario italiano, c’erano i temi della eutanasia, della libertà di scelta, dei legami che si scelgono al di sopra dei legami di sangue. È la famiglia queer quella di cui parla in Accabadora e di cui lei stessa si è circondata e del cui affetto si è nutrita ed ha nutrito specie nelle ultime settimane. Famiglia celebrata nel suo God Save The Queer. La posizione critica sul matrimonio, sulla posizione subalterna della donna, la vicinanza alla comunità lgbtq+ tuttavia procedevano in tandem con un sentimento religioso molto profondo. Ciò ovviamente non le ha risparmiato le critiche del mondo cattolico più ortodosso, specie a seguito di quel Ave Mary, saggio del 2011 in cui capitolo per capitolo si descrive “l’invenzione” della donna nella società cattolica con predefiniti caratteri di mitezza, subordinazione, docilità, grazia (anche esteriore). L’ultimo libro, Tre ciotole, è il suo lascito. Una serie di racconti concatenati che iniziano proprio con la scoperta del personaggio di avere un tumore e procedono raccontando storie di crisi (lutti, malattie, separazioni).
Nella sua breve ma intensa vita, come da lei stessa definita, Michela Murgia lascia una impronta nel panorama letterario e culturale italiano da gigante e non solo. Lo capisco quando, proprio mentre questo articolo sta vedendo la luce, una sconosciuta seduta per caso accanto a me sul lungomare di Salerno, aprendo il suo cellulare, si porta le mani al viso, sconvolta, ed esclama come in trance: “No, è morta”. Francesca, il nome della sconosciuta, non conosceva Michela, come non la conoscevo io, come non la conosceva buona parte dei suoi followers e dei suoi lettori ma lei, con la forza delle sue idee, è entrata nelle nostre vite e nei nostri pensieri e ha contribuito al cambiamento in positivo, quello che ci auguriamo per la nostra società. Ecco perché come una stella cadente, si è spenta ma vivrà in eterno. Ciao Michi.