80 anni fa il D-day. Storia di Martha Gellhorn, l’unica donna a sbarcare nell’operazione con 160 mila uomini
Salì su una nave ospedale con il pretesto di intervistare le infermiere e poi si nascose in un bagno dove rimase per tutta la traversata. Sbarcò sulla spiaggia fingendosi un barelliere: nella confusione nessuno si accorse che era una donna
C’erano 160.000 uomini sulle spiagge della Normandia, all’alba del 6 giugno 1944, in quello che sarà denominato dalle truppe alleate “il giorno più lungo” e solo una donna, Martha Gellhorn.
Alle 6:30 di un’alba plumbea 4mila navi da guerra, 1.500 mezzi da sbarco, 150mila soldati danno inizio a quello che sarebbe passato alla storia come il D day, il giorno del punto di svolta del secondo conflitto mondiale e che avrebbe cambiato il futuro dell’Europa e degli equilibri mondiali.
All’interno del comando alleato occidentale c’era l’intenzione di documentare la battaglia. Dovevano esserci i fotografi, la pellicola e le cineprese più avanzate. Bisognava documentare il conflitto per le persone a casa che così avrebbero saputo per cosa stavano facendo tanti sacrifici. Allo scopo furono scelte anche diverse star di Holliwood come il regista John Ford che ha partecipato allo sbarco degli alleati in Normandia, l’operazione Overlord, incaricato direttamente dallo Stato Maggiore americano di documentare, con le riprese cinematografiche, l’invasione europea che il primo ministro britannico Winston Churchill definì “l’operazione più difficile e complicata mai avvenuta”.
Martha Gellhorn, che oggi è considerata oggi una delle più grandi corrispondenti di guerra del XX secolo e che nei suoi sessant’anni di carriera è stata testimone dei più importanti conflitti internazionali, fu l’unica corrispondente donna ad essere presente allo sbarco in Normandia.
Nata l’8 novembre 1908 a St. Louis in Missouri, era figlia della suffragetta Edna Fischel e di George, ginecologo di origine tedesca. Nel 1930, a 22 anni, con soli 75 dollari in tasca si trasferì a Parigi dove lavorò per due anni alla United Press. Tornata negli Stati Uniti fu investigatrice per un’agenzia federale e divenne grande amica della first lady, Eleanor Roosevelt, moglie del Presidente americano Franklyn Delano Roosevelt.
Alla vigilia dello sbarco in Normandia la Gellhorn era accreditata per la rivista per cui scriveva (il Collier’s Weekly) che però le preferì l’allora marito Ernest Hemingway poichè come scrittore era molto più noto di lei. Benchè Martha fosse una professionista molto quotata e con grande esperienza, non poteva competere con la notorietà del marito. Così dovette escogitare un altro modo per imbarcarsi e raggiungere le coste francesi.
Salì su una nave ospedale con il pretesto di intervistare le infermiere e poi si nascose in un bagno dove rimase per tutta la traversata. Sbarcò sulla spiaggia fingendosi un barelliere: nella confusione nessuno si accorse che era una donna. Era l’8 giugno. I combattimenti erano stati feroci, ed il massacro era finalmente finito. Martha si prodigò ad aiutare nel trasporto dei feriti e, contemporaneamente, scrisse il suo reportage. Riconosciuta, venne arrestata dalla polizia militare. Le ritirarono il tesserino di giornalista e la portarono in un campo di addestramento per infermiere fuori Londra. Martha riuscì a scappare convincendo un pilota inglese a portarla in volo in Italia.
Il Collier diede grande risalto agli articoli scritti dal marito. Diverso fu il trattamento riservato a lei. Pubblicò il suo reportage solo il 5 agosto, a pagina 16, senza alcuna fotografia, né un riferimento al rocambolesco espediente escogitato dalla donna per trovarsi in prima linea.
L’essenza della vita di di Martha Gellhorn è racchiuso in una frase che la giovane inviata di guerra scrisse a Eleanor Roosevelt, : “È un vero e proprio lavoro, essere donna, non è così? Non puoi semplicemente fare il tuo lavoro in pace perché allora sei un’egoista. Devi sempre essere due cose contemporaneamente”.