24 aprile 1184 A. C., nasce il mito del Cavallo di Troia. Ma, in raltà, era una nave
Oggi l’almanacco ricorda la data di una delle pagine più appassionanti della storia: l’’inganno del cavallo di Troia.
La storia narrata da Virgilio nell’Eneide per bocca di Enea alla regina Didone, racconta di quel 24 aprile del 1184 a.C in cui, secondo la tradizione, gli antichi greci entrarono a Troia (oggi Truva, in Turchia) servendosi dello stratagemma di un finto cavallo. Dopo oltre un decennio di strenuo assedio, fingendo la resa, lasciarono sulla spiaggia un imponente cavallo di legno in segno propiziatorio e in offerta agli dei, per poi ripartire. Ma al suo interno vi era nascosto l’impavido Ulisse accompagnato dalla sua compagine di valorosi guerrieri.
Certi che si trattasse di un dono inviato dagli dei, i Troiani portarono il cavallo all’interno della città, oltre le mura, nonostante le profezie inascoltate di Cassandra, la quale, già in precedenza, aveva profetizzato la caduta di Troia. Nella notte, dalla pancia del cavallo dove si erano nascosti, uscirono i soldati greci ed aprirono le porte e così l’armata poté entrare e distruggere la città.
Fin qui la narrazione epica. Gli storici moderni convengono nello smontare la leggenda del cavallo di Troia che, a detta loro, altro non sarebbe stato se non una nave da guerra di tipo fenicio. Il nome Hippos (cavallo) derivava dalla polena a testa di cavallo tipica dell’imbarcazione. Questa tesi è sostenuta dall’archeologo navale Francesco Liboni
L’equivoco millenario sarebbe nato da un errore nella traduzione dei testi successivi a Omero, ai quali si ispirò lo stesso Virgilio per comporre l’Eneide.
Siamo però certi che questa scoperta non smonterà il mito e nella memoria delle persone il “cavallo di Troia” sarà sempre la metafora di un grande inganno.
E, come Virgilio fece dire da Laocoonte ai Troiani che portavano il cavallo all’interno della città, Timeo Danaos et dona ferentes (Temo i Danai anche quando portano doni).