21 dicembre, solstizio d’inverno. Il significato e le curiosità della notte più lunga dell’anno
Buona parte delle nostre festività moderne originano da un antico quanto ricco calendario di feste annuali e stagionali e di riti di propiziazione e rinnovamento.
L’uomo antico si sentiva parte della natura che lo circondava, ma conscio della propria debolezza. Per questo, attraverso il rito, invocava la benevolenza della natura stessa o la ringraziava nelle celebrazioni del raccolto e dell’abbondanza.
Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo della giornata, la stella che condizionava tutta la vita dell’uomo: il Sole. Vederlo perdere forza d’inverno, riducendo sempre più il suo corso nel cielo, era un’esperienza tragica che minacciava la sua stessa vita. Perciò doveva essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare che il Sole non si innalzasse più e aiutarlo nel momento di minor forza.
Il termine solstizio deriva dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo”. Nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre, possiamo infatti osservare come il Sole sembri fermarsi in cielo. In quel periodo il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il Sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, a causa della ridotta inclinazione dei suoi raggi e della ridotta permanenza nel cielo. Il mondo in questi giorni pare precipitare nell’oscurità. Ma l’uomo scoprì anche che dopo questo momento di estrema “notte” l’astro ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. Il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”.
Nelle tradizioni germanica e celtica precristiana, Yule era la festa del solstizio d’inverno. L’osservazione fin da tempi preistorici di questi fenomeni ciclici e d’importanza vitale si è tradotta in importanti costruzioni dalla valenza astronomica e religiosa giunte fino a noi, da Newgrange in Irlanda e Stonehenge in Inghilterra, alla Villa Adriana di Tivoli.
Oltre ai monumenti interi pensati come orologi solari, dal Rinascimento in poi, furono costruiti diversi orologi solari soprattutto all’interno delle chiese. Tramite un foro posto sul tetto dell’edificio la luce è proiettata sul pavimento del tempio dove è tracciata la linea meridiana a volte più lunga di 20 metri. Su di essa con i segni zodiacali s’indicano le varie posizioni solari durante l’anno: un vero calendario astronomico. Gli esempio sono molti, da quello di Costantinopoli in S. Sofia a quello in S. Maria del Fiore a Firenze; ancora oggi la meridiana più grande è situata alla Basilica di San Petronio a Bologna.
E’ evidente l’importanza pratica, ma anche culturale che la conoscenza dei cicli solari ha rivestito nei millenni. Come tutti i momenti di passaggio, questo è un giorno carico di valenze simboliche e magiche, dominato da rituali provenienti da un passato lontanissimo.
Durante queste feste venivano accesi dei fuochi che, con il loro calore e la loro luce, avevano la funzione di ridare forza al sole indebolito e di scaldare e rassicurare gli uomini nella notte più lunga, un’usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia. Spesso questi rituali avevano a che fare con la fertilità. Da qui l’usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell’abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste. D’altro canto il Solstizio d’Inverno essendo il passaggio dalle Tenebre alla Luce comprende profondi messaggi iniziatici ed esoterici legati al risveglio interiore. I culti solari festeggiati in questo giorno dalle antiche popolazioni vanno da quello del il dio Mitra indo-persiano, che fu il più concorrenziale al cristianesimo nell’era paleocristiana, a quello del greco Dioniso in onore del quale nei giorni del solstizio d’inverno, si svolgeva una festa rituale chiamata Lenee, “la festa delle donne selvagge”. Veniva celebrato il dio che “rinasceva” bambino dopo essere stato fatto a pezzi dai Titani.
In luoghi più distanti il dio Sole inca Inti veniva celebrato nella festa di Inti Raymi, che si teneva il 24 giugno perché nell’emisfero sud le stagioni risultano invertite rispetto a quello settentrionale e il solstizio d’inverno cade appunto in giugno.
L’elemento della luce e le sue fonti, la lucerna, il fuoco, le stelle, la Luna e, primo fra tutti, il Sole si caricano di ulteriori significati oltre la loro realtà fisica e diventano metafora o simbolo. La luce si contrappone all’oscurità, il giorno alla notte per questo motivo la luce diventa simbolo di verità, di conoscenza, di consapevolezza che si contrappone all’oscurità dell’ignoranza e della menzogna.
Pertanto, qualunque sia il vostro credo, il Solstizio d’Inverno è un giorno di festa.