scritto da Filippo Falvella - 23 Agosto 2024 08:12

Il vuoto dell’oro: Thomas Ceccon come rappresentazione delle pressioni giovanili

Passando l'indice sul bordo di quella prova, materiale simbolo di immateriale tenacia, quasi per testimoniarne la realtà, per capire che è davvero tra le vostre mani non ancora asciutte di quel bollente sudore che tanto cozzava con la fredda acqua nella quale vi siete per l'ennesima volta immersi, vi sovviene un pensiero: "E' abbastanza?

Immaginate di avere appena 23 anni, di aver inseguito per la vostra ancora breve vita un solo sogno, superando pressioni, fatiche estenuanti e sottoponendovi ad innumerevoli rinunce. Immaginate alla fine di averlo raggiunto quel sogno, di trovarvi tra le mani la aurea e risplendente prova che tutto ciò che avete investito, in una vita, non è stato vano. Passando l’indice sul bordo di quella prova, materiale simbolo di immateriale tenacia, quasi per testimoniarne la realtà, per capire che è davvero tra le vostre mani non ancora asciutte di quel bollente sudore che tanto cozzava con la fredda acqua nella quale vi siete per l’ennesima volta immersi, vi sovviene un pensiero: “E’ abbastanza?”.

“Gregorio Paltrinieri ha ragione a dire che la medaglia non ti riscalda e che dentro senti un grande freddo.” Queste sono le parole che Thomas Ceccon, oro olimpico nei 100m dorso alle ultime Olimpiadi parigine, ha speso in merito al suo straordinario risultato. A tali parole sono seguite aspre critiche, di una generazione un pò precedente, concernenti quella ormai trita sentenza che vede le nuove leve insoddisfatte seppur senza meriti e svogliate seppur senza stimoli. Ma le parole espresse dal giovanissimo atleta Thienese nascondono una tacita ribellione, seppur non attiva, a questo così duro sistema moderno che proprio sembra non voler dare spazio a quei giovani da cui per forza di cose prime o poi dipenderà. La generazione che non ha avuto avanzi è ancora una volta messa sotto torchio da coloro che non hanno lasciato nulla per cena, vittime d’una ingordigia che fa del presente l’unica dimensione temporale degna d’interesse, ma nonostante ciò non manca mai di fornire un qualche prezioso consiglio sul come meglio gestire quel nulla che ha offerto ai suoi poveri posteri.

Un ragazzo, subito dopo aver ottenuto il massimo riconoscimento nella disciplina che ha scelto come sua passione e professione, si sente vuoto, si sente non stimolato da quel qualcosa che ha inseguito come stimolo per una vita intera. Ma non è necessariamente una medaglia d’oro a non compensare un vuoto generazionale sempre più incolmabile, che si tratti di un esame, di una gara, di un saggio o che dir si voglia, riempirsi diventa sempre più difficile, perché è effettivamente non abbastanza. Non è abbastanza perché offrendo di meno viene chiesto di più, perché i ragazzi crescono in una società sull’orlo d’un artificiale precipizio che impone loro la perfezione, offrendo schiaffi anziché carezze e rendendoli responsabili, poveri capri espiatori, d’un male che prendeva piede prima ancora che loro venissero al mondo. Il mondo è profondamente cambiato, eppure si pretende da questi poveri ragazzi di muoversi nelle stesse linee che al giorno d’oggi sono incompatibili con la società che di fatto è stata creata non da loro, tacciati d’un impoverimento di una creatura non da loro partorita, che hanno la sola colpa di abitare. I giovani laureati sono presuntuosi e privi d’esperienza, i giovani non laureati sono sfaticati e senza un degno futuro, i giovani lavoratori sono inaffidabili ed hanno pretese incompatibili con ciò che possono offrire, insomma: se sei giovane sei in errore, indipendentemente dalle tue scelte di vita e indipendentemente dalle tue ambizioni. Muovendosi in un sistema dove nulla è abbastanza questi giovani finiranno per perdere la voglia di quel necessario moto, rischiando d’esser scacciati dalle pretese di chi poi non riversa alcun interesse nei loro confronti o comunque non muove un solo dito di quel braccio che sembra stritolarli senza sosta. Nella forzata dicotomia che vede tra le due parti opposte pueri e senes, là dove i pueri sono in evidente inferiorità numerica e decisamente possessori di mezzi inferiori, ai giovani altro non resta che attendere una sconfitta da poter poi sfogare sulle successive generazioni, facendo così ripartire, ancora, un triste uroboro in attesa che il suo stesso veleno lo termini. Ma è proprio in questo triste epilogo che la gioventù trova quella faticosissima sfida che forse davvero può valere la pena inseguire: essere diversi. Abbandonare la gioventù con la volontà di interrompere questa catena, diventando quegli adulti che tanto avrebbero sognato d’incontrare nella tappa più bella e difficile della nostra esistenza: il suo inizio.

 

Ho 24 anni e studio filosofia all'Università degli studi di Salerno. Cerco, nello scrivere, di trasmettere quella passione per la filosofia ed il ragionamento, offrendo quand'è possibile, e nel limite dei miei mezzi, un punto di vista che vada oltre quel modo asettico e alle volte superficiale con cui siamo sempre più orientati ad affrontare le notizie

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