Tuona: non fate la guerra al maschio
Vittorio Feltri, nonostante l’età e gli acciacchi, è stato sempre un giornalista che esprime, senza peli sulla lingua, le sue opinioni, spesso controcorrente.
E’ una voce fuori dal coro, le sue opinioni possono essere condivise o meno, ma è sempre piacevole leggerle, anche perché esprimono, molto liberamente, una voce orientata a destra ma fuori dagli schemi.
Circa un mese fa, in occasione della celebrazione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sono scese in piazza 500.mila donne, madri e figlie italiane.
Hanno invocato e rivendicato le proprie libertà, l’assenza di protezione, ma anche le tanto discusse culture maschiliste e patriarcali che affliggono il nostro Paese.
Ma, secondo Vittorio Feltri, intervenuto come ospite nella trasmissione di Rete 4 Stasera Italia weekend, l’esistenza di questi modelli non corrisponde alla realtà quotidiana.
Al conduttore della trasmissione Augusto Minzolini, il direttore editoriale de Il Giornale ha ribadito, di fronte alla deputata femminista di Sinistra Italiana, Celeste Costantino: “Nel 90% delle case comandano le donne. Quindi non riesco bene a capire perché si parli di patriarcato”.
E ha rincarato la dose: “Se mai parlerei di matriarcato, perché sono le donne che comandano, anche nell’allevamento dei propri figli”.
Feltri non crede che si possa fare di tutta l’erba un fascio: “Cosa c’entriamo noi poveri uomini che veniamo definiti patriarcali, sono tutte balle”.
Poi Feltri allarga l’orizzonte e accusa.
“Femminicidi, ma di chi è la colpa?”.
Il filone di proteste e mobilitazioni è stato sospinto anche e soprattutto dall’ultimo femminicidio di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, da qualche settimana riportato in Italia da Halle, dove era detenuto dopo essere stato catturato in Germania.
Turetta è ora in carcere a Verona, in attesa del processo.
Alle manifestazioni hanno partecipato tra gli altri, anche la segretaria del Pd Elly Schlein e il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte.
Ma, a opinione di Feltri, “in questa vicenda di Giulia parlare di destra e di sinistra è sbagliato”.
Anzi, ammette il direttore, “non credo che la politica c’entri con i delitti mostruosi come questo”.
Nell’ondata emotiva che ha seguito quest’ultima violenza, si è dibattuto a lungo sul ruolo che dovrebbe ricoprire la scuola nella formazione affettiva dei giovani.
Compito che per Feltri però dovrebbe spettare alle famiglie: “Io sono convinto che la scuola riesca a malapena a insegnarci la storia e la geografia, mentre l’educazione dovrebbe essere impartita dalle famiglie”.
Tuttavia, è la denuncia di Feltri, la tendenza è sempre più quella di un abbandono di questo ruolo da parte dei genitori.
“Ma le famiglie non fanno questo tipo di operazione, perché quando ci si riunisce a tavolo uno guarda la televisione, i ragazzi stanno con il telefonino e la madre spadella: il problema, quindi, è che non ci si parla più”.
Insomma, per Feltri tutto sta nella dinamica familiare, nella costruzione di un dialogo che possa insegnare i valori sentimentali, come il fatto che una donna va rispettata e che qualsiasi tipo di abuso violento è un crimine. Alla scuola non si può attribuire una mansione più grande di lei, onde evitare solo ulteriore confusione.
E a distanza di qualche giorno ha rincarato la dose.
“La parità dei sessi non sta nelle parole”. Questo il titolo dell’ultimo editoriale di Feltri su Il Giornale. L’argomento è chiaro: le differenze in Italia tra uomo e donna, in generale e sul lavoro.
Il giornalista ha risposto, come suo solito, alle domande dei suoi lettori e in questo caso a chi gli ha fatto presente come in un recente articolo pubblicato su un famoso quotidiano sembra sia stata trovata la soluzione per non creare disparità, almeno a parole, tra i due sessi.
Feltri, con il suo solito fare, ha quindi spiegato la sua posizione.
“Viviamo nell’epoca del trionfo della superficialità […]. Si mira a risolvere il problema dell’inquinamento dipingendo con la vernice bizzarre e per di più pericolose piste ciclabili ai margini delle strade, come ha fatto il sindaco Beppe Sala a Milano, o a raggiungere una effettiva parità di genere modificando i cognomi e declinando al femminile qualsiasi sostantivo riferito alle signore, o a combattere la disoccupazione pagando chi non lavora”.
Il giornalista ha poi sottolineato: “[…] Alla guerra alle desinenze ho dedicato una parte del mio ultimo libro, “I fascisti della parola”, e francamente non mi rassegno a questa stupidità dilagante, quella di tutti coloro che ritengono che modificando le vocali si possa migliorare la società”.
Da qui l’analisi della situazione in Italia con particolare riferimento a come le donne, in realtà, si trovino spesso in situazioni, lavorativamente parlando, di superiorità.
“Faccio notare qualcosa che non è irrilevante: il presidente del Consiglio è donna, il leader dell’opposizione è donna, nei tribunali ci sono più donne che uomini e così negli ospedali e nelle scuole. Abbiamo avuto negli ultimissimi anni sempre più signore al potere, da Marta Cartabia ad Elisabetta Casellati, da Elisabetta Belloni, alla guida dei servizi segreti, a Margherita Cassano, presidente della Corte di Cassazione, nominata nel marzo del 2023. Eppure ci tocca subire le prediche dei giornalisti che ci propongono il doppio cognome e le cariche al femminile per combattere contro un patriarcato che non esiste“.
Da qui la definitiva spiegazione del suo pensiero: “Possiamo fare di più e meglio nel cammino verso una piena equiparazione tra maschi e femmine […] ma è innegabile che in Italia, a prescindere da come le si chiami, a portare i pantaloni sono loro, le donne. Dentro le famiglie e anche fuori”.
Per Vittorio Feltri chi porta effettivamente i pantaloni, in famiglia e fuori, sono proprio le donne.
E in parte, a nostro avviso, ha ragione.