scritto da Mariano Avagliano - 30 Agosto 2020 11:09

Governare e Fare Politica

Il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte (foto tratta dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri)

Emerge in questi tempi, con una chiarezza pungente, una differenza sostanziale tra “governare” e “fare politica”. Durante la quarantena il governo aveva l’obbligo e la forza di scegliere e agire per tutelare, prima di ogni altra cosa, la salute.

Passata l’emergenza, entrati in una fase due che – complice l’Estate – assomiglia sempre più a una volontaria e illusoria ignoranza del rischio reale del contagio, riappare la difficoltà del Paese di prendere decisioni, agire, e prima ancora di scegliere gli interessi ritenuti più validi.

Durante la pandemia uno dei problemi sembrava fosse la mancanza di risorse da dedicare alla ripartenza. Adesso che le risorse, sembra, ci dovrebbero essere appare ancora più eclatante la mancanza di decisioni e messaggi per ripartire.

D’altronde, non lo scopriamo adesso: la capacità di decidere, di prendere decisioni che possano diventare poi azioni di valore per tutti, è una difficoltà storica del nostro paese e delle classi dirigenti del recente passato.

Ma decidere non implica solo la presa di decisioni e di azioni ma, prima di ogni altra cosa, decidere presuppone la capacità di scegliere quali interessi siano effettivamente da perseguire rispetto a quelli in gioco. Ecco, appunto, il “Fare Politica” che in senso molto ampio riguarda tutto quello che ha a che fare con la discussione, la consultazione, tra tutti i soggetti pubblicamente rilevanti con un’attenzione particolare alle istituzioni.

Se da un lato, soprattutto in campo internazionale, questa “non decisione” poteva esser una scelta razionale mirata al mantenimento di interessi negoziali con tutti gli attori, dall’altro, oggi soprattutto, è un peso che grava non sul presente quanto sul futuro.

Governare e fare politica sono strettamente connessi e pure rappresentano due cose distinte. Sono necessari entrambi per progredire da un punto di vista sociale, culturale, economico ma devono esistere anche separatamente cioè l’uno non può essere sostituito dall’altro.

Il mancato “acchiappo” tra governare e fare politica che esiste in questo momento, che appunto è problema vecchio, lo ritroviamo nelle dinamiche tra Governo, organo esecutivo per eccellenza votato alla “decisione”, e Parlamento, organo di massima espressione della volontà popolare e mirato alla “discussione” e deliberazione circa gli interessi che il governo deve perseguire per il bene comune.

Il vecchio saggio diceva che tutti i nodi vengono al pettine, prima o poi. Ed è effettivamente così. Le cose non risolte tornano a galla con una prepotenza direttamente proporzionale alla gravità del momento.

Dapprima la colpa era dell’Europa “cattiva” che non ascoltava le nostre, legittime, richieste di supporto; ora l’alibi del cattivo dall’esterno è svanita e tocca rimboccarsi le maniche, decidere e agire.

Il Tempo è galantuomo con chi impara dal Passato. Altrimenti è un crudele Tiranno.

 

Ha iniziato a scrivere poesie da adolescente, come per gioco con cui leggere, attraverso lenti differenti, il mondo che scorre. Ha studiato Scienze Politiche all’Università LUISS di Roma e dopo diverse esperienze professionali in Italie e all’estero (Stati Uniti, Marocco, Armenia), vive a Roma e lavora per ItaliaCamp, realtà impegnata nella promozione delle migliori esperienze di innovazione esistenti nel Paese, di cui è tra i fondatori. Appassionato di filosofia, autore di articoli e post, ha pubblicato le raccolte di poesie “Brivido Pensoso” (Edizioni Ripostes, 2003), “Esperienze di Vuoto” (AKEA Edizioni, 2017).

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