Non sono in discussione l’equilibrio della bilancia della Giustizia, né la solennità della toga del magistrato chiamato ad amministrarla.
Se c’è un dubbio sul suo operato tradotto in sentenza esso riguarda il mondo delle relazioni umane e sociali fonti di sospetti sull’esercizio di un potere costituzionalmente indipendente da altri.
Il caso di Luca Palamara relativo alle nomine dei capi degli uffici giudiziari concordati con uomini della politica e le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi hanno portato alla luce un sistema di rapporti che collidono con i principi di autonomia decisionale della politica e di garanzia della legalità affidata alla giurisdizione della magistratura.
Si tratta di racconti di anomalie o distorsioni che vanno al di là dei cori più o meno interessati o convinti dei giustizialisti e dei garantisti.
Senza entrare nel merito della frode imputata a Silvio Berlusconi passata in giudicato, non è normale che un componente della Corte di Cassazione, Amedeo Franco, che ha emesso la sentenza successivamente si sfoghi con il condannato rivelando la determinazione aprioristica del verdetto; così come non è normale che lo stesso Presidente della Corte, Antonio Esposito, un’ora dopo la lettura senta il bisogno di esternarne le motivazioni ad un giornalista di sua conoscenza. Ed è altrettanto incoerente la sua querela, non andata a buon esito, contro il quotidiano “Il Mattino” ed il giornalista Antonio Manzo per avere titolato l’intervista riferendo il senso di parole pronunziate su una sentenza motivata sull’assunto che l’imputato Silvio Berlusconi “non poteva non sapere” del reato di frode che sarebbe stato consumato da Mediaset ai danni dello Stato.
Lontani dai cori pro o contro, colpiscono le sgrammaticature di chi avendo per ufficio il dovere della riservatezza non si sia astenuto dall’alimentare veleni nell’agone politico. Se non è schizofrenica voglia di far politica o di determinarne i corsi, a seconda delle stagioni, poco ci manca.
Ed a tal proposito non può non essere ricordata la preoccupazione dei padri costituenti di concepire un organo di autogoverno, il CSM, a garanzia dell’indipendenza della magistratura dal potere politico. Paradossalmente le cronache odierne ci restituiscono un consociativismo in cui è la politica a soccombere. Con buona pace delle ideologie costruite sull’aprioristico primato dell’uno o dell’altro potere esercitato o camuffato secondo categorie culturali di pensiero e/o di azione.