Mancano 5 mesi alle elezioni presidenziali e la campagna elettorale sembra essere stata infiammata da una serie di eventi che potrebbero influenzare l’esito del voto.
Donald Trump non sta vivendo il miglior periodo per la sua campagna. Dopo la crisi sanitaria ed economica causata dal Covid-19, la morte di George Floyd sembra aver acuito la rabbia che nutre l’elettorato del partito democratico. Un paese diviso, lacerato nel profondo dell’anima, che stenta a trovare una ragione per riunificarsi, mentre le parole di Abraham Lincoln risuonano fortissime “Unitedwe stand, Divise wefall”.
Come stiamo vedendo in queste settimane, il tema razziale ha fatto irruzione nella campagna elettorale, generando molta polarizzazione tra gli elettori. Secondo i sondaggi le proteste che sono divampate in tutto il paese godono del supporto della maggioranza degli americani, che nonostante condannino le violenze e i saccheggi, sono fiduciosi che questo evento non sarà dimenticato e che porterà ad un reale cambiamento. L’attuale candidato (in pectore) del partito democratico Joe Biden, ha fatto sentire la sua vicinanza alla causa, partecipando alle manifestazioni e incontrando di persona i familiari di Floyd. Ha tenuto anche un discorso online in cui ha annunciato che se eletto, farà di tutto per estirpare l’odio che aleggia nel paese e promettendo una massiccia riforma della polizia (che è già in fase di elaborazione alla camera).
Questa proposta supererebbe le leggi locali in quanto federale, ma si prevede che nel breve termine non passerebbe al Senato dal momento che la maggioranza repubblicana non sembra intenzionata a discutere. Motivo per cui le elezioni Senatoriali che si tengono in concomitanza con quelle presidenziali diventeranno una priorità aggiuntiva per i democratici.
Biden inoltre è alle prese con la scelta del vicepresidente. Durante l’ultimo dibattito delle primarie, rivelò che il suo vice sarebbe stata una donna. Ma l’onda di proteste che ha investito il paese chiede anche che gli afroamericani vengano rappresentati dalle istituzioni e per questo motivo in pole position per la posizione di vice, si troverebbe la senatrice della California Kamala Harris, 55 anni afroamericana.
Altri papabili candidati sono l’ex sfidante alle primarie Elizabeth Warren, l’ex rappresentante alle Nazioni Unite Susan Rice, l’attuale rappresentante della Florida alla Camera Val Demings, il Governatore del Nuovo Messico Michelle Lynn Lujan Grisham e il sindaco di Atlanta Keisha Lance Bottoms. Quest’ultima nelle ultime ore è stata fortemente osservata dalla campagna di Biden per via di un altro caso riguardante una sospetta uccisione di un afroamericano proprio ad Atlanta.
Il presidente Trump invece, sembra non essersi interessato troppo alla vicenda. Continua ininterrottamente a twittare contro Biden e gli estremisti di sinistra che secondo lui rappresenterebbero una grave minaccia all’unità nazionale, mentre elogia la polizia sostenendo che delle volte essa deve ricorrere alla forza anche sparando con pistole elettriche e taser.
Ma l’inquilino della Casa Bianca ha anche altri problemi. Secondo un recente sondaggio della CNN, il rivale Biden sarebbe in vantaggio di 14 punti percentuali a livello nazionale. La campagna di Trump ha persino chiesto all’emittente televisiva di ritirare il sondaggio perché “errato” e “di parte” (richiesta che è stata prontamente respinta). In generale però, tutti gli istituti demoscopici statunitensi rilevano un enorme vantaggio da parte di Biden a livello nazionale. Nei singoli swing states (stati in bilico), Biden detiene un vantaggio più ridotto.
Tra gli stati decisivi di queste elezioni secondo i sondaggi troviamo: Florida, Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Ohio, North Carolina, Georgia, Arizona, e Iowa. Trump vincerebbe solo l’Iowa e assisteremmo ad un testa a testa in Ohio, mentre gli altri stati sarebbero vinti senza grossi problemi da Biden. Anche se la situazione può apparire pregiudicata, dobbiamo ricordare che mancano ancora diversi mesi alle elezioni, inoltre ad agosto avranno luogo le convection dei partiti, e a settembre ci saranno gli attesissimi dibattiti che spesso hanno un peso decisivo.
Molti analisti ed esperti ritengono che questa volta la coalizione democratica sarà in grado di portare al voto una maggioranza più ampia di sostenitori delusi di Bernie Sanders e che Biden potrebbe pescare consensi tra i repubblicani moderati che in genere abitano nei sobborghi e nelle zone residenziali. Questo però a detta di alcuni, potrebbe anche tramutarsi in un problema, perché l’elettorato di Biden è estremamente eterogeneo rispetto a quello della Clinton, quindi dovrà fare attenzione a non esporsi eccessivamente per non scontentare altri suoi elettori. Questa analisi infatti giustifica le ragioni per cui Biden non sta facendo dichiarazioni particolari ed estrose, a volte sfociando nel banale, ma questa forse rappresenta paradossalmente l’arma vincente della sua candidatura. Quando parla non scalda i cuori, molti elettori non hanno una ferrea volontà nel sostenerlo, eppure al momento questa tattica sta funzionando.
Altro aspetto che nell’ultima settimana ha scatenato rancore nel presidente, è la notizia che diversi esponenti repubblicani non voteranno per lui il 3 Novembre. Tra questi ci sono l’ex presidente George W. Bush, l’ex segretario di Stato Colin Powell, l’ex candidato alla presidenza MittRomney e Cindy Mccain, moglie del defunto senatore americano John Mccain.
Per certi versi, il fatto che l’establishment repubblicano non fornisca il supporto a Trump può apparirci ovvio visto il passato, ma anche altri repubblicani che nel 2016 votarono Trump stanno mettendo in dubbio la loro posizione per le elezioni di quest’anno. Tra questi troviamo la senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski, il senatore Jeb Bush e lo speaker della Camera Paul Ryan.
Gli esperti però mettono in guardia coloro che danno per certa una vittoria di Biden. Trump infatti potrebbe giocarsi un’ultima carta. Entro ottobre dovrebbero essere rilasciati i dati dell’economia americana e secondo le prime stime l’economia potrebbe riprendersi molto bene nonostante il Covid-19. Se questo dovesse verificarsi, potrebbe diventare un volano finale per Trump e potrebbe essere decisivo. Le speranze di “The Donald”(ieri 74 anni), probabilmente sono riposte in numeri e grafici che lui tanto detesta.
Ma la corsa è ancora lunghissima, e i colpi di scena potrebbero essere dietro l’angolo, quindi fare previsioni adesso non serve. Non ci rimane che stare a guardare.