Napoli, Cristo bruciato alla Sanità: la leggenda di Santa Maria delle Vergini
La chiesa di Santa Maria delle Vergini, splendido esempio di architettura barocca, si trova a Napoli nella “bassa Sanità”. Nella sagrestia, tra le numerose opere d’arte che custodisce vi sono un inginocchiatoio e una rappresentazione del Cristo. Oggetti piuttosto comuni per un luogo sacro, se non fosse per i segni di bruciatura che riportano entrambi.
Si tratta del “Cristo bruciato“, chiamato in questo modo poiché impressi sul quadro ci sono due segni di bruciature a forma di mano. Subito sotto il Cristo bruciato è posizionato un inginocchiatoio che presenta, anch’esso, segni di bruciatura procurate dalle ginocchia che vi si appoggiavano per pregare. Varie sono le storie e le congetture che circolano attorno a questi due oggetti e ai segni che vi sono impressi. Tutte sembrano concordare sul fatto che dietro questi segni si cela una storia d’amore e di misericordia.
La leggenda narra di un cavaliere, un giovane un toscano, forse di Firenze, molto ricco. Il ragazzo nel 1712 era giunto a Napoli per mercanteggiare. Arrivato in città, conobbe una procace popolana; si invaghì fortemente di questa donna, ma la disparità di ceto sociale non permetteva il matrimonio. La ragazza, delusa, presa dalla fame e dalla miseria, passò alla vita di strada, prostituendosi. Sfruttata e maltrattata alla fine perì. Il giovane, venne a conoscenza della triste sorte del suo amore, e se ne rammaricò così tanto che decise di lasciare le ricchezze e diventare sacerdote. Fu inviato a svolgere il suo ministero nella chiesa di Santa Maria delle Vergini. Il novello prete pregava continuamente per l’anima della giovane, chiedendo perdono per i peccati commessi dalla ragazza. Le sue preghiere erano piene di tristezza, voleva ad ogni costo redimere l’anima della sua innamorata.
Un giorno accadde una cosa sconcertante. Mentre era inginocchiato a pregare, gli apparve la giovane che gli esclamò: “Basta! Smettila di pregare per me, la mia anima è dannata”. E scomparve. Il sacerdote fu sconcertato, ma continuò a pregare, con maggiore intensità, poiché la visione era la conferma che quella anima andava salvata. Allora lo spirito della ragazza ricomparve e gli disse: “Tu non hai capito cosa vuol dire essere dannati. Smettila di pregare per me, ora ti lascio un segno, così capirai il significato delle mie parole”. Il fantasma si inginocchiò sull’ inginocchiatoio e poggiò le mani sul quadro. Un intenso fumo si sprigionò allertando i confratelli che entrando, trovarono il sacerdote privo di sensi. I segni di questo evento sono ancora oggi visibili.
Si dice che i re di Napoli vi conducessero ogni anno i propri figli perché alla vista del quadro imparassero a temere il giudizio di Dio. Pare che nel 1726 le impronte di fuoco impressionarono l’avvocato Alfonso Maria de’ Liguori che scosso profondamente decise di abbracciare la vita ecclesiastica, diventando poi santo.
10 giugno 2020 – By Nino Maiorino – A Roma, al Lungotevere Prati, angolo con Via Paolo Mercuri, c’è la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, nella quale c’è il Museo cristiano dell’oltretomba.
All’interno sono custoditi alcuni oggetti che ci collegano all’aldilà, in particolare all’Inferno e al Purgatorio.
Infatti vi è un libro di preghiere di un frate sul quale c’è l’impronta di bruciature di una mano, che sembra lasciata nell’anno 1838 dal defunto Giuseppe Schitz che chiedeva messe di suffragio per liberare la sua anima dalle pene del Purgatorio.
C’è inoltre una tavoletta di legno sulla quale sono impressa a fuoco l’impronta di una mano e di un segno di croce.
Impressionante ma interessante.
Anche in altre Chiese d’Italia sono conservate analoghe testimonianze del collegamento con l’aldilà.
Non conoscevo l’esistenza della Chiesa napoletana di Santa Maria delle Vegini.