Se il mare potesse parlare ci direbbe di starcene ancora un po’ chiusi in casa.
“Grazie” al lockdown, in costa d’Amalfi le acque sono diventate cristalline e si moltiplicano gli avvistamenti di delfini.
Tuttavia, a breve il mare ritornerà affollato ed inquinato come prima.
Sul mare si gioca una grossa fetta della partita turistica della costa. Eppure nessuno lo difende sul serio.
Si può fare qualcosa di concreto per proteggere il nostro mare e le nostre coste?
Certo: chiedere che la costa amalfitana divenga area marina protetta.
In Italia esistono 27 aree marine protette, nate a seguito della legge n. 394 del 1991, non solo isole solitarie, ma anche luoghi largamente antropizzati, come Portofino o sempre in Liguria (migliore esempio non ci potrebbe essere) il mare dinanzi alle “Cinque terre” inserito completamente in una zona “C” (grado di tutela meno restrittivo) con punti maggiormente tutelati inseriti in zone “A” e “B”.
Basterebbe imparare a copiare gli esempi positivi.
In Campania ci sono già 6 aree marine protette (AMP). A parte i parchi sommersi archeologici di Gaiola e Baia, sono tutelati gli specchi d’acqua intorno alle isole di Ischia, Vivara e Procida (Regno di Nettuno), dinanzi a Santa Maria di Castellabate, la costa degli Infreschi e quella di Punta Campanella, la più vicina alla costiera amalfitana.
Stabilita per decreto nel 1997, l’AMP di Punta Campanella, interessa sei comuni (tra i quali Positano) protegge 31 chilometri di costa intorno all’estremità del promontorio, instaurando tre livelli di protezione differenti, da zona “A” (tra l’isola dei Galli e gli scogli di Isca e Vitara dinanzi alla spiaggia di Crapolla) a “C” (l’intera costa).
Un luogo rimasto incontaminato e incantato grazie ai divieti imposti alle attività dell’uomo.
Sul modello di Punta Campanella ma soprattutto delle “Cinque terre” il mare della costiera amalfitana deve essere tutelato come area protetta, instituendo una zona “C”, senza escludere la possibilità di tutelare alcuni luoghi particolarmente sensibili (il fiordo di Furore, la spiaggia di Erchie, il capo di Conca dei Marini) con misure più severe.
Questo significherebbe impedire gli sversamenti fognari, limitare la circolazione indiscriminata delle imbarcazioni a motore e il loro approdo sulle spiagge, nonché le tipologie di pesca.
L’istituzione dell’area marina protetta sarebbe un reale attestato di pregio per il nostro mare.
L’eccellenza si misura in qualità non contando i numeri; le migliaia di turisti scaricati sulle banchine da aliscafi e barchini, in termini di salvaguardia del paesaggio, sono una piaga.
Se la nostra classe politica non si piegasse agli interessi economici (si pensi pure al caos della mobilità) utilizzando il concetto di salvaguardia come mera propaganda elettorale, si attiverebbe immediatamente in tal senso.
A parole sono buoni tutti a voler difendere il territorio.
Ma come diceva il poeta Samuel Johnson, “di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno”.
Battersi per l’area marina protetta della costiera amalfitana sarebbe la migliore risposta per uscire dalla crisi che stiamo vivendo, per scongiurare il rischio di consegnare ai nostri eredi solo le rovine di un paradiso che fu.
Christian De Iuliis
christiandeiuliis.it – @chrideiuliis