“Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere, hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari”.
E’ il 2 giugno 1946, in Italia le donne hanno potuto votare ed essere votate per la prima volta, e a scrivere è la giornalista radiofonica Anna Garofalo, che per otto anni è stata protagonista di una straordinaria trasmissione radiofonica a partire dal settembre 1944, intitolata Parole di una donna in cui tratta da un punto di vista femminile i nuovi temi dell’emancipazione.
Quel 2 giugno del ‘46 i cittadini italiani di entrambi i sessi, maggiori di 21 anni, vennero chiamati alle urne per eleggere i componenti dell’Assemblea Costituente e per votare il referendum istituzionale che avrebbe stabilito se l’Italia sarebbe stata una nazione monarchica o repubblicana. Sono oltre dodici milioni le donne che votarono per la prima volta. Quel “voto segreto” significava potersi finalmente sottrarre al controllo e alla subordinazione, anche dagli uomini della famiglia. Non fu “una gentile concessione” perché il voto le donne se lo sono conquistate durante la guerra, reggendo il fronte interno, tenendo insieme la famiglia, lavorando al posto degli uomini come operaie, impiegate e professioniste. Le donne furono parte attiva della guerra partigiana e si diedero da fare per aiutare, dopo l’armistizio del ‘43, i militari sbandati, i profughi fornendo rifugio, cibo e abiti civili.
La presenza delle elettrici fu altissima: Nord: 91,3% uomini e 90,3% donne; Centro: 89,7% uomini e 88% donne ;Sud 84,8% uomini e 86,2% donne; Sicilia: 84.8% uomini e 86,2% donne; Sardegna: 84,4% uomini e 87,3% donne.
Quel 2 giugno 1946 fu una giornata importante per tutta l’Italia. Tra le macerie e le miserie lasciate dalla dittatura e dalla guerra, ovunque si discuteva di politica e la voglia di ricominciare era tanta. Per le donne quella fu una giornata davvero eccezionale. Per la prima volta potevano non solo ascoltare, ma anche prendere parte attivamente alla vita politica.
Furono elette 21 donne su 226 alla Costituente, godendo per la prima volta in Italia dell’elettorato attivo e passivo:
BEI CIUFOLI ADELE gruppo parlamentare comunista; BIANCHI BIANCA gruppo parlamentare socialista; BIANCHINI LAURA gruppo parlamentare democratico cristiano; CONCI ELISABETTA gruppo parlamentare democratico cristiano; DELLI CASTELLI FILOMENA gruppo parlamentare democratico cristiano; DE UNTERRICHTER JERVOLINO MARIA gruppo parlamentare democratico cristiano; FEDERICI AGAMEN MARIA gruppo parlamentare democratico cristiano; GALLICO SPANO NADIA gruppo parlamentare comunista; GOTELLI ANGELA gruppo parlamentare democratico cristiano; GUIDI CINGOLANI ANGELA MARIA gruppo parlamentare democratico cristiano; IOTTI LEONILDE gruppo parlamentare comunista; MATTEI TERESA gruppo parlamentare comunista; MERLIN ANGELA gruppo parlamentare socialista; MINELLA MOLINARI ANGIOLA gruppo parlamentare comunista; MONTAGNANA TOGLIATTI RITA gruppo parlamentare comunista; NICOTERA FIORINI MARIA gruppo parlamentare democratico cristiano; NOCE LONGO TERESA gruppo parlamentare comunista; PENNA BUSCAMI OTTAVIA gruppo parlamentare dell’Uomo Qualunque; POLLASTRINI ELETTRA gruppo parlamentare comunista; ROSSI MARIA MADDALENA gruppo parlamentare democratico cristiano; TITO MANLIO VITTORIA gruppo parlamentare democratico cristiano.
Provenienti da tutta la penisola, erano in maggioranza sposate – 14 su 21 – e avevano figli, a testimonianza che l’impegno politico non è un fatto solo per femministe senza famiglia. Avevano tutte studiato, fra loro c’erano ben 14 laureate. La loro formazione politica si era svolta principalmente accanto al marito e al padre. Conquistarono il diritto alla cittadinanza partecipando attivamente alla Resistenza. Quasi tutte laureate, molte di loro insegnanti, qualche giornalista-pubblicista, una sindacalista e una casalinga; tutte piuttosto giovani e alcune giovanissime. Molte avevano preso parte alla Resistenza, pagando spesso personalmente e a caro prezzo le loro scelte, come Adele Bei (condannata nel 1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività antifascista), Teresa Noce (detta Estella, che dopo aver scontato un anno e mezzo di carcere perché antifascista. venne deportata in un campo di concentramento nazista in Germania dove rimase fino alla fine della guerra) e Rita Montagnana (che aveva passato la maggior parte della sua vita in esilio).
Sessant’anni fa, dunque, le donne, grazie al contributo e al coraggio di queste 21 Madri della Repubblica e di tutte quelle che precedentemente avevano portato avanti questa battaglia, entrarono ufficialmente dalla porta principale nella vita pubblica del nostro paese, attraverso il riconoscimento nella nostra Costituzione di principi come la pari dignità sociale e l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini (art. 3), la parità tra uomini e donne in ambito lavorativo (art.4 e art.37), l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all’interno del matrimonio (art.29) e la parità di accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di uguaglianza. Un cammino tortuoso e difficile, che può essere più facilmente compreso pensando che per ben venti volte, prima del 1946, la richiesta del voto alle donne era stata presentata e per ben venti volte era stata respinta.
Disse la poetessa Sibilla Aleramo: “Si dovevano toccare gli abissi dell’orrore e della tragedia perché gli uomini si convincessero a chiedere l’aiuto delle donne nella società e nella politica”.