Nella storia delle elezioni americane, non si è mai vista una campagna elettorale come quella che si sta svolgendo in queste settimane. Il candidato democratico in pectore Joe Biden, dal seminterrato di casa, partecipa alle trasmissioni televisive tramite collegamento Skype.
L’attuale presidente viene costantemente citato e criticato dai media, che lo accusano di aver sottovalutato l’emergenza del Covid-19 e di voler tornare a fare comizi in piena pandemia. Ma gli elettori americani guardano già alle elezioni di novembre, che dovranno nominare il 46º presidente.
Su questo fronte, i sondaggi sembrano indicare Biden come favorito, mentre per The Donald non starebbero arrivando buone notizie. Due stati del sud (tradizionalmente repubblicani) cioè Georgia e Arizona, potrebbero finire nelle mani dei democratici, così come la North Carolina e la famosissima Florida. Pessime notizie arrivano anche dal Mid West, dove il presidente perderebbe Pennsylvania, Michigan e Wisconsin mentre prevarrebbe in Ohio. Mancano ancora sei mesi alle elezioni, quindi può succedere di tutto, anche perché il ricordo del clamoroso sbaglio da parte dei sondaggisti americani nel 2016 è ancora vivo e non dovremmo prendere come oro colato questi dati.
Pochi giorni fa, Justin Amash, un ex deputato repubblicano passato ai libertari, ha annunciato che non correrà per la presidenza. È stato un sospiro di sollievo per Biden perché l’elettorato libertario è molto scontento di Trump e se escludiamo la possibilità di non recarsi alle urne, questi elettori potrebbero essere attratti dal candidato democratico. Infine Amash è un deputato del Michigan (Stato dove Trump ha vinto di soli 10.000 voti) e la sua non candidatura rende disponibile a Biden un potenziale bacino elettorale di circa 250000 voti.
Questo però non significa che il partito libertario non schiererà un altro candidato in grado di rubare voti agli elettori delusi da Trump. Alle scorse elezioni il candidato dei libertari Gary Johnson, guadagnò nel solo stato della Florida più di 300000 voti. Saranno voti preziosi sia per Trump che per Biden. Entrambi faranno vari tentativi per ingraziarsi questi importanti consensi.
Interessante sarà anche il tipo di campagna che condurrà il Partito Verde, noto partito ambientalista, che nel 2016 con la candidata Jill Stein racimolò sul totale nazionale quasi 1 milione e mezzo di voti. Nonostante questo partito abbia un elettorato distribuito in stati già democratici, bisognerà capire se spalleggerà Biden e quanto potrà influire in termini di voti.
È impossibile quantificare la perdita di voti che Trump subirà. Ci sono però due tipologie di elettori scontenti; il primo è deluso della non realizzazione del muro al confine con il Messico, il secondo (che influirà molto di più) è l’americano che con la crisi del 2008 ha perso il lavoro e che ha visto la sua stabilità finanziaria improvvisamente disgregata. Questo secondo tipo d’elettore rimprovera a Trump il fatto di non aver agito per migliorare il mercato del lavoro, bensì di aver incrementato “l’economia immaginaria” e aver abbassato le tasse solo ai ricchi.
Trump cercherà di riconquistare questi elettori con promesse molto ottimistiche e innovative, ma non è detto che basterà. In alternativa potrà rimarcare i successi della sua presidenza e impaurire gli americani con lo spettro del socialismo e della corruzione tra i democratici. Infine sfrutterà l’ampio vantaggio nell’abilità orale per sommergere l’avversario di insulti e screditarlo.
Biden invece avrà l’arduo compito di evitare di commettere gli errori che fece la Clinton 4 anni fa. Dovrà riuscire a tenere insieme l’ala progressista del partito, coinvolgere gli elettori lontani dalla politica (giovani in primis) e pescare consensi tra gli indecisi. Il rischio è che qualche gaffe o dichiarazione affrettata possa far implodere questo complesso meccanismo, che tiene uniti elettori con idee anche molto differenti.
In un contesto così unico come quello che stiamo vivendo, potrebbe accadere qualsiasi cosa. Quella che si è aperta è forse la campagna più straordinaria degli ultimi anni e deciderà il destino non solo della politica americana ma anche del resto del mondo. E chi lo sa che il 3 Novembre non possa nuovamente verificarsi il celebre testa a testa delle elezioni del 2000? Lo scopriremo solo vivendo.